Giovani e futuro

Il fenomeno dei NEET: tra incuria istituzionale e pandemia

Più del 30% dei giovani in Italia non studia e non lavora, questo quanto emerge dal nuovo paper di Laboratorio Futuro dell’Istituto Toniolo

Il fenomeno dei NEET: tra incuria istituzionale e pandemia
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La problematica dei NEET in Italia assume proporzioni rilevanti, con quasi 2 milioni di giovani (più del 30%) senza un occupazione, e ha connotazioni preoccupanti sia dal punto di vista macroeconomico sia dal punto di vista di economie territoriali. A dirlo il rapporto curato dalla rete #UnoNonBasta per Laboratorio Futuro dell’Istituto Toniolo.

Chi sono i NEET

Da troppo tempo in Italia si parla dei “NEET” (giovani che non studiano e non lavorano) senza una effettiva, concreta risposta. Si tratta di una condizione, che penalizza non solo le nuove generazioni ma anche le prospettive di sviluppo del nostro Paese, essendo l'Italia il paese in Europa con il valore più alto. Nella fascia 15-29 anni nel 2020 i NEET sono pari al 23,3% in Italia contro una media Eu-27 del 13,7%. Il valore rimane elevato fin oltre i 30 anni e la distanza con l’Europa è aumentata nel tempo. Nella fascia 25-34 anni la percentuale di NEET era pari al 23,1% nel 2008 (17,4% il valore Eu-27), nel 2020 risulta salita al 30,7% (18,4% eu-27). Un divario quindi più che raddoppiato rispetto alla media degli altri paesi dell’Unione.

Non solo siamo rimasti sui valori peggiori in Europa, ma nessun processo di convergenza si è osservato dopo la Grande recessione del 2008-13. Ci siamo anzi allontanati dalla media europea e ora i giovani italiani rischiano di subire in modo più accentuato l’impatto della pandemia.

Non un problema, ma un'occasione di rilancio

Le ricadute negative possono essere di vario tipo: minori entrate fiscali, costi maggiori per prestazioni sociali, malessere sociale. Ci sono poi anche costi individuali, sia materiali che psicologici, di difficile quantificazione. Ma la questione “NEET” in Italia non deve e non può più essere considerata solo come un problema da risolvere. Rappresenta, invece, la maggiore opportunità che l’Italia ha per il suo rilancio mettendo pienamente in gioco le energie e le intelligenze delle nuove generazioni.

In valore assoluto, i giovani che non studiano e non lavorano sotto i 35 anni, ma disponibili a lavorare, sono oltre 2 milioni, l’equivalente degli abitanti di una regione grande come la Calabria. Ma per farlo è necessario un cambio di paradigma per comprendere e, quindi, affrontare un fenomeno che per troppo tempo è stato ignorato o sottovalutato, ma da cui dipende maggiormente l’avvenire della nostra società.

Le proposte per i NEET della rete #UnoNonBasta

Sono due le principali azioni individuate per invertire il triste trend italiano:

  1. Un rilancio qualitativo di Garanzia Giovani 2.0. Occorre ripensare l’apprendistato, il servizio civile e i tirocini retribuiti in modo da creare figure professionali con competenze solide e richieste dal mercato. È necessario rafforzare a livello territoriale le strutture di avvicinamento al lavoro portando l’investimento al livello degli altri paesi europei. Per raggiungere gli obiettivi è indispensabile una struttura seria di monitoraggio dei risultati e dell’efficacia dei percorsi formativi.
  2. Reinserire professionalmente i giovani NEET, ponendosi un duplice obiettivo: rafforzare le competenze dei lavoratori e sostenere il rilancio delle imprese.

Inoltre, si propongono tre azioni focalizzate sugli under 30:

  • Per gli oltre 250 mila giovani disoccupati non diplomati attivare e finanziare percorsi di inserimento
    lavorativo affiancati da corsi di formazione;
  • Per gli oltre 700 mila NEET con diploma favorire l’accesso a percorsi di apprendistato duale di terzo livello per
    il conseguimento di un diploma ITS di specializzazione;
  • Per gli oltre 800 mila adulti privi di titolo si prevede un anno di contratto di apprendistato formativo.

Il commento

Così commenta i risultati Alessandro Rosina, demografo dell’Università Cattolica:

“La questione dei NEET non si risolve se non si chiarisce il ruolo delle nuove generazioni nei processi di crescita del paese. I giovani non sono una categoria svantaggiata a cui trovare un qualche lavoro. Sono la principale leva per cogliere le opportunità della transizione verde e digitale e riposizionare l’Italia all’interno dei percorsi più promettenti e avanzati di questo secolo. Vanno, quindi, riconosciuti come la principale risorsa da mettere in campo per crescere, arricchendo con nuove sensibilità e nuove competenze una nuova fase di sviluppo dell’Italia nel post-pandemia. Una sfida cruciale, che non può essere vinta senza le nuove generazioni, tanto più con il debito pubblico e gli squilibri demografici che ci caratterizzano”.

Per il paper completo è possibile VISITARE IL SITO DI LABORATORIO FUTURO 

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