Lezione in tv

Burioni spiega perché rifiutare il vaccino danneggia tutta la comunità

Il virologo: "Vaccinarsi è un gesto di responsabilità civile che rende la nostra comunità più sicura. Chi pretende di non vaccinarsi 'in nome della libertà' rende la nostra comunità più vulnerabile e fa del male ai più deboli e ai più sfortunati".

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Praticamente una pubblicità progresso. Sette minuti offerti dal servizio pubblico sulla terza rete della tv nazionale per far passare in maniera molto chiara un concetto molto semplice:

"Vaccinarsi non è un atto di protezione individuale, come mettersi il casco quando si va in moto o come la cintura in auto. Vaccinarsi è un gesto di responsabilità civile che rende la nostra comunità più sicura. Chi pretende di non vaccinarsi 'in nome della libertà' rende la nostra comunità più vulnerabile e fa del male ai più deboli e ai più sfortunati: questa non è libertà".

Una lezione, andata in onda durante la trasmissione "Che tempo che fa" di ieri sera, domenica 29 novembre 2020, e che ha visto protagonista il virologo Roberto Burioni, da alcune settimane - sulle orme di Piero e Alberto Angela - più nelle vesti di divulgatore che di opinionista (tutte le puntate su Raiplay).

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Burioni: "Rifiutare il vaccino danneggia tutta la comunità"

Ecco il testo integrale della spiegazione del professore ordinario di Microbiologia all'ospedale San Raffaele di Milano-Segrate:

"In questi mesi abbiamo conosciuto bene i virus e abbiamo capito molto bene quello che possono fare. Un virus può contagiare una persona, che ne contagia un’altra, che ne contagia un'altra, un'altra ancora, fino a dare una gravissima epidemia.

Però forse quello che non abbiamo visto è un punto debole dei virus. Se io prendo un gatto e lo lascio da solo qui fuori, il gatto troverà il cibo, troverà dell'acqua, troverà un riparo, troverà forse anche una gatta per riprodursi. Invece un virus da solo non vale niente: un virus deve avere un ospite, altrimenti non è nulla.

E quindi quando un paziente viene infettato, si ammala, diventa contagioso, emette il virus... a quel punto se quel virus non incontra nessuno da infettare, poi sparirà. Rimarrà quando il paziente guarisce (e non emette più il virus) per qualche ora nell'ambiente e poi basta, sparito.

Il Covid e l'esempio del fulmine nella foresta

Possiamo immaginarlo forse come il fuoco che nasce da un albero colpito dal fulmine. Il fuoco arde, l’albero si brucia, ma alla fine quando tutto quello che si poteva bruciare si è bruciato, a quel punto rimane solo un mucchietto di cenere e il fuoco non c'è più.

Diverso è se quest'albero si incendia in una foresta, perché a quel punto le fiamme possono trasmettersi a un altro albero, poi un altro ancora e un altro ancora. E tutta la foresta può andare a fuoco.

Ma noi come possiamo impedire che la foresta vada a fuoco? Con un intervento molto semplice: tagliamo molte piante e a quel punto la foresta è fatta di piante molto più distanti l'una dall'altra e se una viene colpita da un fulmine, ebbene il fuoco non riesce a diffondersi: magari ne incendierà una, ma le altre sono lontane e il fuoco non riesce più a diffondersi.

Ecco questo è quello che vogliamo ottenere nella nostra comunità: che il virus non riesca a diffondere. Nella foresta tagliamo le piante, ma nella comunità come facciamo? Col vaccino! Perché quando noi abbiamo vaccinato una persona con un vaccino efficace, quella persona diventa per il virus quello che la pianta tagliata è per il fuoco: cioè niente.

E allora se in una comunità la grandissima parte delle persone viene vaccinata, che cosa accadrà se arriva un individuo contagioso? Beh, potrà infettare un'altra persona, forse anche un'altra ancora, ma il gran numero di persone immuni - non suscettibili all’infezione - farà sì che in quella comunità il virus non sia in grado di circolare.

Cos'è l'immunità di gregge in una comunità

Quando una comunità raggiunge questa condizione, raggiunge l'immunità di gregge: significa che sono talmente tanti quelli immuni e talmente pochi quelli suscettibili, che il virus non riesce a circolare.

Ora capite qual è la differenza tra una popolazione dove il 30% degli individui è vaccinato e protetto e il 70% degli individui no (e in quel 70% il virus continua a girare) rispetto a una comunità che invece si è tutta vaccinata e all'interno della quale il virus non circola più.

Vi faccio qualche esempio concreto. I vaccini non hanno mai un'efficacia del 100%. Questo contro il Covid sembra che ce l'abbia altissima, del 90%. Eppure questo significherà che purtroppo una persona su 10 che si vaccinerà non sarà comunque protetta.

Se il virus continuerà a circolare, questa persona sfortunata, che non ha ricevuto l'immunità dal vaccino, potrà infettarsi, potrà ammalarsi, potrà morire. Se invece il virus non circola, sarà anche lui al sicuro.

E poi non potremo vaccinare tutti.

Alcune popolazioni potrebbero essere a rischio: pensate alle donne che aspettano un bambino, io non credo che nelle fasi iniziali somministreremo anche a loro il vaccino. Sono centinaia di migliaia di donne: come le difendiamo? Saranno a rischio sia loro che i loro bambini se il virus continua a circolare. Se invece tutti ci vacciniamo, il virus non circolerà più e saranno protette anche loro.

L'esempio del morbillo negli Stati Uniti

Ma per capire meglio l'impatto della immunità di gregge parliamo di un virus che conosciamo, il morbillo, e per il quale abbiamo un vaccino molto efficace. Sono molti i Paesi che hanno raggiunto un’immunità di gregge e all’interno dei quali il virus non circola più. Uno di questi sono ad esempio gli Stati Uniti, che nel 2000 hanno raggiunto l’immunità di gregge.

Per esempio quando nel 2011 c'è stato un caso di morbillo in un cinema, ci sono stati quattro contagi e poi si è fermato. Invece nel 2013, a causa delle mancate vaccinazioni, l’immunità di gregge è stata persa negli Stati Uniti. E quando nel 2014 un ragazzino di 11 anni è andato a Disneyland col morbillo, c’è stata un’epidemia di centinaia di casi e c’è scappato pure il morto perché l’immunità di gregge non c'era più.

Anche in Italia epidemia di morbillo nel 2017

Com'è com'è la situazione in Italia? Purtroppo non è tra le più favorevoli perché nel 2016, quando ancora il vaccino contro il morbillo non era obbligatorio, ma solo fortemente consigliato, noi eravamo ben lontani dal 95% di copertura vaccinale che serve per l’immunità di gregge ed eravamo a livello di paesi molto molto più poveri.

E come conseguenza, l’anno dopo - nel 2017 - c'è stata una terribile epidemia, con più di 7000 casi e con 8 morti.

Ma per capire il significato vero dell’immunità di gregge, andiamo a vedere i dati. Perché è interessante notare, andando a vedere chi si è ammalato, che l'incidenza maggiore c'è stata fra i bambini che avevano meno di un anno. E non erano figli di antivaccinisti, no neanche per idea! Questi bambini non erano vaccinati perché il vaccino contro il morbillo si somministra ai 15 mesi e quindi l'unico modo per proteggere i bambini fino ai 15 mesi è quello di non fare circolare il virus nel resto della popolazione. Se il virus circola, loro si infettano ed è quello che è accaduto.

Vaccinarsi gesto di responsabilità civile

Abbiamo capito dunque che vaccinarsi non è un atto di protezione individuale, come mettersi il casco quando si va in moto o come la cintura in auto. Vaccinarsi è un gesto di responsabilità civile che rende la nostra comunità più sicura e che difende i più deboli e i più sfortunati.

Per cui chi pretende di non vaccinarsi facendo i “comodi propri”, in nome della libertà, è bene che si sappia che chiede la libertà di rendere la nostra comunità più vulnerabile. E’ bene che si sappia che chiede la libertà di fare del male ai più deboli e ai più sfortunati. Beh questa non è libertà, la libertà è un’altra cosa”.

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