Silvia, orgoglio di Carate agli Special Olympics

C’è la mano di Silvia Spinelli, 28 anni, giovane istruttrice, dietro i successi italiani ad Abu Dabhi.

Silvia, orgoglio di Carate agli Special Olympics
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C’è la mano di una giovane istruttrice di Carate Brianza dietro i successi italiani agli Special Olympics di Abu Dhabi.

Istruttrice speciale

E’ Silvia Spinelli, 28 anni, istruttrice con una laurea in terapia della neuropsicomotricità e specializzata nella riabilitazione dei bambini con disabilità cognitive e relazionali.  Anche il Tg1 delle 20 le ha dedicato un’intervista e una vetrina nazionale in occasione dei risultati eccezionali ottenuti dalla delegazione italiana conquistati con caparbietà e impegno, che hanno fatto fioccare i complimenti dal mondo sportivo, politico e istituzionale.
Primogenita di Martino Spinelli, scomparso tre anni fa e Alberta Nobili, insegnante di inglese all’istituto superiore Leonardo da Vinci, nipote di Aldo, colonna storica del corpo musicale Santi Ambrogio e Simpliciano, la giovane istruttrice è rientrata in Italia a metà settimana portando nel cuore le emozioni e la gioia della trasferta nei Paesi Arabi.
«Sono nata nel 1990 a Carate e qui sono cresciuta - ci racconta - Fin da piccola ho frequentato la società ginnastica Pro Carate dove tuttora sono istruttrice. Sono laureata in terapia della neuropsicomotricità e specializzata nella riabilitazione dei bambini con disabilità cognitive e relazionali».

La sua esperienza con gli Special Olympics inizia nel 2014

La sua esperienza con il mondo Special Olympics è iniziata cinque anni fa, nel 2014, grazie alla società «Polisportiva Sole Onlus» che ha sede a Lissone.
«L’idea di poter conciliare lo sport che ho sempre amato con il mondo della disabilità mi è subito piaciuta - ha confidato la 29enne caratese - Ho presto potuto osservare che l’attività sportiva, non solo contribuisce al miglioramento della motricità, dell’equilibrio, dello schema motorio dei ragazzi, ma contiene la possibilità di sviluppare relazioni di amicizia, di scambio sia tra gli atleti che tra i genitori. L’attività sportiva diventa quindi un’attività completa. I ragazzi imparano a essere autonomi negli spogliatoi, nel preparare la borsa, nella gestione del tempo. Imparano inoltre a stare insieme, dialogare, relazionarsi con altri ragazzi con bisogni speciali. All’interno del gruppo che frequenta la palestra ci sono infatti bambine e bambini di età diversa, con bisogni diversi e diverse capacità».

L'intervista completa sul Giornale di Carate in edicola.

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