Intervista

«Non rimandiamo il momento di dire “ti voglio bene”...»

Le parole della speranza di don Riccardo Castelli, parroco della Comunità di Briosco

«Non rimandiamo il momento  di dire  “ti voglio bene”...»
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«La preghiera ha il potere di trasformare in bene ciò che nella vita sarebbe altrimenti una condanna» ha detto Papa Francesco. Perchè «rende forti nei periodi di tribolazione». Come quello che stiamo vivendo a causa della pandemia da coronavirus.
Io credo in Dio. Meglio, a essere franca, credo quando ne ho bisogno. Se brancolo nel buio senza trovare una soluzione; se qualcuno che mi è caro non sta bene allora alzo lo sguardo al Cielo. Ma una fede al bisogno non basta. E allora mi sono chiesta se la fede, quella profonda, che non viene e va a piacimento, sia il vaccino contro l’angoscia di questi mesi cupi. Per trovare una risposta mi sono rivolta al parroco della Comunità pastorale San Vittore di Briosco, don Riccardo Castelli, che con la sua ormai nota disponibilità mi ha dedicato una mezz’ora abbondante del suo pochissimo tempo libero.

"La fede aiuta sempre"

Don, la preghiera ci salverà dalla prova che stiamo vivendo?

La fede aiuta sempre. Chi ha coltivato il rapporto con il Signore è avvantaggiato, anche oggi. Trova nella preghiera la consolazione, la forza, il senso delle cose che solo all’apparenza manca. La preghiera ha il potere di approfondire l’umanità di ciascuno di noi, di farci recuperare le dinamiche essenziali della vita. Senza Dio, rischiamo di ridurci ad essere solo fatalisti

In che senso?

Pensiamo ai negazionisti, alle persone per le quali il Covid è un’invenzione. Tutto è negato, tutto capita perchè deve capitare. Milioni di morti, di volti, di storie, di relazioni spezzate e va bene così, è successo... Se una persona non ha fede, non riesce a vedere l’umano che soffre. E allora diviene egoista, ce lo hanno dimostrato le scene ridicole viste nei mesi scorsi: tutti fuori a divertirsi. Invece questa pandemia coinvolge ciascuno di noi, nessuno escluso

Il Covid ci costringe a stare lontani, anche nei momenti più dolorosi, quelli della malattia, della morte. Quali parole rivolge a chi è piegato da una prova così?

Chi vive un’esperienza drammatica fa fatica a capire immediatamente perchè privato dell’umano bisogno dell’accompagnamento. Lontani dai propri cari che soffrono ci si sente impotenti. Sono però sempre più convinto che le cose buone debbano essere fatte in vita. La pietà, l’attenzione, la cura verso chi amiamo sono la consolazione, anche se distanti nell’ultimo respiro. Diamo troppo per scontato, c’è tempo, ci diciamo. Non è vero: adesso è il momento di dire ti voglio bene, di dare una carezza, di ringraziare

Ha visto persone avvicinarsi al Signore?

Sono a Briosco da un anno, non ho grande conoscenza della storia dei parrocchiani. Posso dire che molti “cristiani della domenica” si sono avvicinati alla preghiera. Confido che il bisogno di rivolgersi a Dio mosso dalla paura possa fungere da trampolino per un salto di qualità. In questo processo i social network si sono rivelati un piccolo miracolo. Un esempio: qualche giorno fa un’anziana ha chiesto di dedicare una celebrazione al marito defunto. Per non uscire di casa, il figlio l’ha aiutata a seguire la messa sul canale YouTube della nostra Comunità pastorale. Nella difficoltà, ho visto comunque tante espressioni di bene. Persone che si sono mosse per gli altri, a partire dai volontari che ci permettono di lasciare aperte le chiese rispettando le regole. Sono dimostrazioni di vicinanza e amore, anche creative. Sì, oggi abbiamo bisogno di creatività

Anche, immagino, per i ragazzi della comunità: come riuscite a coinvolgerli rispettando le distanze?

So che soffrono. Parlando con i chierichetti, ho chiesto loro: siete felici di non andare a scuola? Pensavo in un «sì» unanime, invece la risposta è stata l’opposto. Vedo comunque nei ragazzi un risveglio: vengono a messa, partecipano, l’oratorio estivo è stato un successo. Abbiamo 300 calendari dell’Avvento prenotati dai genitori su 6 mila abitanti. Abbiamo scelto di mantenere la Catechesi non in presenza fino a dopo l’Epifania, indipendentemente dall’evolversi dell’emergenza sanitaria, perchè i giovani hanno bisogno anche di stabilità

Don, che Natale sarà?

Un Natale riscoperto, nel segno della speranza. Gesù rinasce ancora, nonostante la nostra fragilità e debolezza. E la speranza della fede, ricordiamolo, è vera, non illusoria

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