Per Leonardo una tabella è la sua voce
Atleta 23enne festeggiato dal Baskin di Monza. Un quaderno pieno di simboli per comunicare.

Quel faldone con dentro le sue tabelle colorate se lo tiene stretto al petto, dentro una borsa di pelle nera a tracolla, portandolo ovunque vada. Il perché è molto semplice: per il seregnese Leonardo Sala, atleta diversamente abile del Baskin di Monza, quel quaderno è la sua voce. Da quando aveva cinque anni è grazie a quell’intuizione di terapisti e medici esperti del centro «Benedetta D’Intino» di Milano (e al supporto onnipresente della sua famiglia) se anche lui può comunicare.
Per Leonardo una tabella è la sua voce
L’altro sabato i suoi compagni di squadra del Baskin - il basket inclusivo che si gioca alla «Sabin» di San Fruttuoso - hanno organizzato per lui un brindisi dopo gli allenamenti. E’ felice e lo può dire. Con il dito indica il simbolo dell’emozione che prova. E appena lo avviciniamo per l’intervista racconta tanto anche a noi, di cosa gli piace come andare a cavallo, di cosa ha fatto nei giorni scorsi e di quello che farà dopo che ci saremo salutati, quando tornerà nella sua casa in città.
Vederlo è uno spettacolo e parlare con lui diventa così semplice. Chissà se i suoi vulcanici genitori, Giulia Valoncini e Renato Sala, ci avrebbero creduto quando il loro Leo era piccolo e si sono accorti che il linguaggio non stava arrivando.
Oggi invece Leonardo, che insieme agli amici ha «metaforicamente» (a causa delle norme anti-Covid) soffiato su 23 candeline, può raccontarci che adora Radio 101 e che, da poco, ha iniziato a suonare la batteria mentre ha smesso piscina («che frequentava alla Silvia Tremolada», aggiunge la mamma), perché dopo tanti anni voleva cambiare.
E così due anni fa è arrivato nella squadra del Baskin e si è subito sentito parte di qualcosa di bello.
«La tabella è la sua voce e cambia in base al suo bisogno, non è la stessa da quando Leonardo aveva 5 anni. Si aggiungono i suoi interessi, le foto delle persone che conosce e più crescono le occasioni comunicative più si inseriscono pagine con nuove immagini, simboli, attività, luoghi, sentimenti, cibi preferiti», racconta mamma Giulia.
Insomma, ci sono anche i compagni del Centro L’Iride di Monza che frequenta di giorno e perfino i suoi idoli sportivi. E poi c’è l’amata nonna, da cui Leo (mostrando l’immagine con il dito) spiega di essere andato ieri.
«Le tabelle hanno tirato fuori il suo linguaggio, quello che Leonardo vuole dire e questo ci ha permesso anche nel tempo di capire cosa gli piacesse e quali attività volesse fare - hanno raccontato i suoi genitori - Insomma, non era più la terapia della piscina o della musica, ma le sue passioni da perseguire. E infatti a un certo punto ci ha chiesto di giocare a basket e così abbiamo trovato il Baskin di Monza, che è diventata una seconda famiglia. La comunicazione è fondamentale per ogni aspetto della vita».
L’unica parola che ancora non c’è è quella per la sua diagnosi. «Sappiamo solo che si tratta di una sindrome genetica di origine sconosciuta - continua la mamma - e non è stato facile arrivare dove siamo oggi. Entrare in relazione con lui ha cambiato tutto, ora sappiamo cosa pensa, cosa gli piace. Più arrivava la comunicazione e più ha iniziato a guardare negli occhi e intanto sparivano i movimenti stereotipati».
Dopo il «tanti auguri» cantato nei campi esterni di via Tazzoli e le foto di rito, è il momento di salutarci. Leonardo, infatti, fa capire che l’intervista non può durare ancora molto perché deve andare a casa (e indica il simbolo corrispondente), a vedere la tv, c’è la gara di slittino. Ciao campione, alla prossima.