Operazione "Ferromat", arrestato anche un vimercatese
L'operazione della Guardia di Finanza per traffico illecito di rifiuti metallici.
Arrestato nell’ambito di un’operazione che ha stroncato un traffico illecito di rifiuti metallici su scala nazionale con emissione ed utilizzo di documenti attestanti operazioni inesistenti.
Imprenditore di Vimercate
C’è anche il nome di Clementino Martino Carzaniga, classe 1952, residente Ruginello, tra coloro che sono finiti agli arresti a seguito di un blitz su vasta scala portato a termine della Guardia di finanza di Torino in Piemonte, Lombardia (province di Monza e Brianza, Milano e Bergamo), Liguria, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Campania, Puglia, Sicilia.
Coinvolte 33 persone, 50 perquisizioni
Gli uomini delle Fiamme gialle hanno dato corso ad un’ordinanza dal Giudice per le indagini preliminari nei confronti di 33 persone, indiziate di appartenere a tre distinte associazioni per delinquere finalizzate al traffico illecito di rifiuti metallici e all’emissione ed utilizzo di documenti attestanti operazioni inesistenti.
Oltre 50 le perquisizioni nei confronti di persone fisiche e aziende, nonché il sequestro preventivo di 8 società operanti nel settore del commercio di rottami metallici e di beni per oltre 270 milioni di euro, tra cui disponibilità finanziarie, immobili, veicoli e quote societarie.
L’attività scaturisce dal sequestro, ad opera di un’altra Forza di Polizia in occasione di un controllo su strada nel febbraio 2018, di denaro contante a carico di due uomini italiani, uno dei quali titolare di una ditta individuale operante nel settore del commercio dei rottami.
Le successive indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Torino - Direzione Distrettuale Antimafia e condotte dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria Torino, hanno permesso di acquisire elementi gravemente indizianti, nell’ipotesi accusatoria, dell’esistenza dei gruppi criminali, attivi fin dal 2015 e tuttora operanti, anche all’estero.
Le regole violate
Secondo le norme comunitarie, affinché i rottami metallici non siano qualificabili come «rifiuto», il produttore deve redigere e trasmettere ad ogni cessione una «dichiarazione di conformità», al fine di consentire, in ogni momento, l’individuazione dell’origine del rottame e, dunque, la tracciabilità dello stesso.
Contestati anche reati fiscali
Gli indagati avrebbero predisposto documentazione fiscale e amministrativa falsa al solo scopo di "regolarizzare" ingenti quantitativi di rifiuti destinati a società di capitali "utilizzatrici" , con sede Lombardia e Piemonte. In particolare, sarebbe stata occultata la reale provenienza dei rifiuti (e, pertanto, la corretta tracciabilità della filiera), attraverso società "filtro" e ditte individuali "cartiere" (situate anche in Germania) e con il supporto di una fitta rete di prestanome.
Le organizzazioni illecite, grazie a tale falsa documentazione, avrebbero quindi potuto introdurre nel regolare commercio dei rottami ferrosi rifiuti metallici acquistati in nero e privi dei requisiti di conformità e tracciabilità previsti dalla normativa europea. La falsa documentazione avrebbe anche consentito agli imprenditori-utilizzatori finali del materiale di dedurre costi "in nero", configurando pertanto anche reati fiscali.