Uccise mamma Fabiola a calci e pugni. Perizia psichiatrica per il figlio omicida
La Procura ha scelto la formula dell’incidente probatorio per «congelare» la prova.
Una perizia psichiatrica per stabilire la capacità di intendere e volere ed eventualmente la compatibilità col regime carcerario.
Uccise mamma Fabiola a calci e pugni. Perizia psichiatrica per il figlio omicida
Questa il prossimo passaggio dell’inchiesta condotta dalla Procura di Monza su Davide Garzia, il 24enne assassino reo confesso della madre Fabiola Colnaghi, casalinga 58enne ammazzata a calci e pugni nella casa di Aicurzio dove i due vivevano insieme il 21 aprile scorso.
Il pm Marco Santini, secondo quanto appreso da fonti legali, ha chiesto che la perizia venga effettuata con la formula dell’incidente probatorio. Procedura che consente di svolgere l’accertamento nel contraddittorio delle parti, e come «atto irripetibile», evitando quindi che la stessa prova debba essere acquisita in passaggi successivi.
La data fissata per il conferimento dell’incarico da parte del giudice per l’indagine preliminare Marco Formentin è quella del prossimo 14 giugno. La difesa di Garzia insisteva sin dalle prime battute per una perizia psichiatrica, mentre gli inquirenti si sono rivelati più cauti, almeno fino a questa decisione. Che il ragazzo avesse problemi, è stato confermato indirettamente anche dalla famiglia, ma nulla aveva mai dato da pensare a un finale tanto orribile.
L'arresto
Il 24enne, dopo l’arresto da parte dei carabinieri di Vimercate, era apparso tranquillo e composto nel raccontare la dinamica della violentissima aggressione ai danni della madre, sopraffatta a calci e pugni, nonostante non fosse nemmeno dotato di grande stazza, come riferito da chi lo ha visto personalmente.
«Ero nervoso e depresso, ci pensavo da tempo», avrebbe raccontato Garzia agli inquirenti. Era stato lui stesso a chiamare il 112, dopo la violenza, dicendo quello che aveva fatto, per poi consegnarsi ai militari che lo avevano prelevato e portato in carcere. I familiari del giovane, dall’inizio chiusi in un dolore composto e riservato, hanno sottolineato di non aver «mai abbandonato» il 24enne ai suoi problemi, nonostante questo avesse dichiarato di sentirsi «trascurato» e «incompreso», in relazione a una presunta sindrome depressiva. Pare che il giovane, disoccupato e nullafacente, fosse in preda a una preoccupazione paranoica che «in paese» i suoi parenti «sparlassero» della sua situazione personale.
Anni fa, il ragazzo di Aicurzio, che non aveva mai avuto un problema con la legge, sarebbe stato preso in cura da uno psicologo. Ma successivamente non sarebbero seguite altre terapie, nemmeno in tempi recenti. Tra i parenti, invece, c'era già la consapevolezza che ci fossero delle patologie «da curare», ma il fatto ha lasciato tutti «allibiti e sconvolti», perché «non c’era mai stato nulla neanche lontanamente paragonabile» all’orrore dello scorso aprile. Piccoli screzi tra madre e figlio si verificavano spesso. Ma nulla, appunto, lasciava immaginare un epilogo simile. La prima sarebbe stata solita chiederle di collaborare nelle incombenze casalinghe, ma il secondo avrebbe mal tollerato quelle richieste. Scontri che non hanno mai portato a fatti particolarmente gravi. Non sono mai emersi, per esempio, interventi delle forze dell’ordine, come riferito dai carabinieri di Vimercate. Ora si trova in carcere, ma se i periti verificassero l’incompatibilità con la detenzione, potrebbe essere trasferito in una struttura clinica.