Una vita da film: dai banchi dello Zucchi ai prestigiosi festival
Il regista monzese Francesco Manzato premiato per il suo cortometraggio
Dai banchi dello Zucchi al palco romano dell’Independent Film Festival, la vita del 26enne regista monzese Francesco Manzato è come un film dove il protagonista riesce finalmente a realizzare il suo sogno.
Una carriera promettente
Appena qualche settimana il suo ultimo lavoro si è infatti aggiudicato nella Capitale il premio Rai Cinema Channel come miglior cortometraggio nel prestigioso festival delle produzioni indipendenti.
Nato e cresciuto a Monza, figlio di un padre che gli ha trasmesso la passione per la cinepresa con la quale fin da piccolo si è divertito a girare dei piccoli filmati, da quelli delle vacanze a quelli montati con materiale scaricato da Internet, proprio durante gli anni trascorsi al liceo di piazza Trento e Trieste il giovane regista ha cominciato a visionare e ammirare i capolavori della cinematografia.
Dai banchi dello Zucchi ai festival
Una prima fase di studio (grazie alla quale ha guidato pure un cineforum pomeridiano per studenti) cui ha poi seguito, a soli 19 anni e fresco di diploma, il primo lavoro nel mondo dell’audiovisivo, poi una laurea in Lettere moderne con una tesi sulla storia del cinema, e infine nel 2021 la produzione del suo primo mediometraggio, un documentario sulla scena punk e hardcore milanese (girato con Filippo Repisti) intitolato Uragano negli occhi, e del suo primo corto, Carlè, dove per la prima volta si è cimentato nella direzione degli attori.
Il corto girato a Monza
Quest’anno il secondo corto, Letizia, girato tra Monza e la Brianza, che lo ha portato e essere insignito a Roma del prestigioso Premio: "E’ stata una bella soddisfazione e che mi ha ripagato di tutto il lavoro fatto in questi anni - ha spiegato - La storia è incentrata intorno alla figura della 17enne Letizia Mannelli, studentessa all’Istituto d’arte di via Boccaccio obbligata a trasferirsi a Roma con la madre, e del suo rapporto di amicizia con la sua istruttrice di boxe. A scegliere l’attrice sono stato io stesso: fa parte della mia cerchia di amicizie e molti aspetti della sua vita privata rispecchiano quelli della protagonista".
"Ecco cosa racconto nei miei film"
Un film dunque, quello del regista monzese, che è stato preceduto da un lungo lavoro di analisi interiore, e nel quale il tema dell’affettività e stato poi declinato attraverso un continuo e sottilissimo gioco tra realtà e finzione. "Quella che volevo raccontare era la vita delle generazioni a me vicine e guardando alla mia quotidianità. Non è un caso quindi la scelta di girare a Monza, città alla quale rimango legato e nella quale, purtroppo, per i giovani resta il problema di non riuscire a trovare una loro dimensione, dei luoghi ai quali appartenere. Una riflessione che sarà al centro del mio prossimo lavoro".