La forza di Laura, mamma e scrittrice con la Sla: «Gli occhi sono la mia voce»
I primi sintomi nel ‘99, poi la gravidanza portata a termine anche contro i pareri dei medici. Oggi Tangorra ha 59 anni, è nonna di due nipotini e affronta le difficoltà con coraggio
All’inizio è stato un leggero ticchettio del pollice. Un colpetto involontario, quasi impercettibile, che scattava ogni tanto e che lei, con lo sguardo, riusciva a domare. Un episodio che sembrava trascurabile, di quelli che quando passano non ci si pensa più. Ma poi, ecco che quel fastidioso movimento tornava a ripresentarsi. Sempre più insistentemente.
La forza di Laura, mamma e scrittrice con la Sla
Per Laura Tangorra è stato il primo sintomo di una malattia il cui potere devastante è racchiuso in un secco acronimo. Tre lettere che colpiscono come una frustata: Sla, Sclerosi laterale amiotrofica. Ed ecco che la vita non è più la stessa. Che, come ha scritto lei stessa in uno dei suoi tanti libri dettati con lo sguardo, «la linea si biforca». Nulla è più come prima.
«Il giorno della diagnosi? Lo ricordo come se fosse ieri. E’ stata una bastonata. Davanti al medico eravamo insieme, come del resto lo siamo sempre stati. Lei, che era incinta di un paio di mesi, ed io. Inseparabili, ieri come oggi».
Quando parla di sua moglie Laura, Franco Beretta si illumina. «La amo oggi più di quando la conobbi appena 22enne. Era bellissima, la ragazza più bella che abbia mai visto».
Ma parla anche chiaro. Le difficoltà, i momenti in cui sembra sfuggire ogni spiraglio di luce, ci sono. Nessuna retorica intorno a una malattia degenerativa devastante, che ha portato sua moglie Laura a perdere la capacità di muoversi, di parlare. «E’ però anche nelle difficoltà che esce la forza delle persone».
La stessa forza che ha portato Laura a dare alla luce la sua Alice quando i medici le avevano consigliato di interrompere la gravidanza «perché era rischioso portarla avanti» e che le fa trovare ogni giorno la felicità nelle piccole cose, «quelle che noi nemmeno vediamo».
Una vita intensa
Nata a Milano, cresciuta a Monza, dove tuttora vive insieme alla famiglia, Tangorra è sempre stata una donna molto attiva, piena di impegni.
Prima gli studi - si è laureata in Scienze biologiche - poi il lavoro - come ricercatrice e come insegnante delle superiori e delle elementari successivamente.
Ma soprattutto, la famiglia. Il matrimonio con Franco nell’88, poi l’arrivo di Alessandra (oggi a sua volta mamma di due bimbi, Bianca e Tommaso) e di Marco. «Loro si ricordano bene la voce di loro madre. Purtroppo così non si può dire di Alice che è nata nel 2001, quando già la malattia aveva fatto la sua comparsa», ha spiegato Beretta. «E’ questo ciò che più rattrista Laura. Il fatto che la sua bambina non abbia mai potuto sentire la sua voce, se non registrata».
La diagnosi
E’ stato proprio mentre aspettava la sua terzogenita, infatti, che è arrivata la diagnosi. «In quel periodo Laura cominciava a perdere tono muscolare nella mano - ha ricostruito il marito - Non aveva più tante forze, ma i controlli che aveva fatto fino a quel momento non avevano rivelato nulla di preoccupante. C’era un medico che aveva dato la colpa allo stress. Ma un nostro amico, anche lui dottore, scoprendo che era incinta, le aveva suggerito di fare ulteriori approfondimenti».
Al neurologo del Niguarda, come scriverà lei stessa nel suo libro edito nel 2016 «Sul mio divano blu», bastarono dieci minuti per capire tutto. «Delle parole che disse non conservo memoria - le parole di Laura affidate al libro - ma l’angoscia sì, quella me la ricordo. Ricordo quella morsa che mi strizzava il cuore togliendomi il respiro, quella mano sulla faccia per non farmi gridare “Non è vero, taci! Non ti voglio sentire”». Ulteriori analisi confermarono i sospetti del neurologo.
All’angoscia nel sentire pronunciare la parola Sla, si era aggiunta poi quella legata al parere dei medici sulla gravidanza. Per loro era rischioso portarla avanti. Avrebbe potuto accelerare il decorso della malattia. Senza contare che era escluso che avrebbe potuto fare ricorso al cesareo, visto che gli agenti chimici presenti nell’anestesia avrebbero potuto compromettere seriamente la muscolatura. «Ero in pericolo, ma non mi importava - si legge ancora nel suo libro - Quel minuscolo concentrato di vita che sentivo di dover salvare, stava salvando me».
La nascita di Alice
Una decisione perentoria. «Laura non ha mai avuto dubbi in merito - ha proseguito ancora Franco Beretta - E tutto è andato bene. Abbiamo trovato dei professionisti incredibili. Una ginecologa disposta a eseguire il cesareo e un’anestesista in grado di dosare l’anestesia in modo che non andasse a compromettere le condizioni di mia moglie. E così è nata la nostra Alice».
Dopo la gravidanza, Laura è riuscita per circa un anno e mezzo a gestire la bimba, sia pur con l’aiuto costante del marito, della madre e della suocera. Ma camminare stava diventando per lei sempre più difficile. Le gambe avevano «l’elasticità di due tronchi d’albero». Poi «la lingua legata - scrive ancora l’autrice nel suo libro - Si arrotolavano le consonanti, a volte in modo così evidente che sembravo ubriaca. Ma questa era solo una delle conseguenze della progressiva paralisi della lingua». Progressivamente la Sla si è fatta spazio nella vita di Laura, togliendole anche la capacità di respirare da sola. Quello che non le ha tolto è la voglia di vivere, la determinazione a non farsi travolgere dalla malattia. «Fin da subito la nostra scelta è stata quella di assistere Laura a casa - ha precisato Franco Beretta -In questo modo ha potuto vedere crescere i figli e ora può vedere diventare grandi i nostri due nipotini di 7 e 4 anni, figli della nostra primogenita Alessandra. In famiglia trova gli stimoli per affrontare la quotidianità. E’ lei che fa acquisti, che ordina la spesa col puntatore».
I libri pubblicati
E sempre grazie alla tecnologia Laura ha potuto dare voce ai propri pensieri. Otto i libri pubblicati, oltre a un’opera ciclopica terminata da poco: la traduzione in lingua corrente dei Promessi Sposi.
Impossibilitata dalla malattia a comunicare attraverso la voce, ha trovato nella tecnologia un prezioso alleato. Col computer a puntatore oculare ha potuto raccontare il suo mondo interiore. Una modalità comunicativa diversa da quella immediata, rapida, della parola, «ma non per questo meno efficace - ha sottolineato il marito - Anzi. Lei pesa ogni singola parola. Ciò che esce è quello che chiamo un distillato di qualità. Certo è che le manca poter parlare liberamente».
Redattrice anche per una rivista
Oltre ai libri, Laura è anche redattrice della rivista della Meridiana ScriverEsistere. Sull’ultimo numero pubblicato, quello di dicembre, compare una sua riflessione sulla felicità. «Sarebbe bellissimo se ogni uomo venisse educato fin da piccolo alla felicità - si legge - Perché ognuno di noi ha in sé la capacità di esserlo. Solo che nessuno ci insegna che la felicità non capita, ma va cercata. La felicità non è nascosta, e se non la troviamo è solo perché non la cerchiamo, oppure la cerchiamo nel posto sbagliato». Prosegue il testo. «Tendiamo a pensare che per essere felici sia necessario avere una vita perfetta, senza intoppi, senza insuccessi. Invece dovremmo capire che dal fallimento si impara, si cresce, si diventa migliori. Dovremmo comprendere che il dolore ci permette di riscoprire le cose importanti, quelle che contano davvero. Accettare questo significa comprendere che la vita è bella nonostante le sfide che ci pone».
Parole che racchiudono il significato di un’intera esistenza. «Laura ha dovuto cercare un equilibrio diverso - ha concluso Franco Beretta - Ha riorganizzato la sua vita sia dal punto di vista psicologico, che da quello operativo. E’ stato difficile reinventarsi, ma lo ha fatto. E noi abbiamo sempre cercato di fare in modo che la sua vita fosse sempre piena di persone e di affetto».
«Ha avuto il coraggio di scegliere quando non sembrava possibile»
Non ha avuto dubbi il noto giornalista Mario Calabresi quando - meditando su come dare conclusione al suo ultimo libro dal titolo Una volta sola (edito Mondadori) - ha deciso che avrebbe dovuto esserci anche la testimonianza di Laura Tangorra.
Ricordava le parole da lei scritte in un articolo. Parole che gli sono rimaste scolpite nella mente.
Ed è stato proprio tramite la cooperativa La Meridiana che è riuscito a entrare in contatto -con lei. Da tempo Laura fa parte della redazione della testata ScriverEsistere, «magazine di chi scrive con gli occhi». E la sua penna, come accennato, aveva già colpito l’autore.
Il risultato sono pagine dense di emozioni, le stesse che hanno conquistato il pubblico del Teatro Villoresi quando Mario Calabresi ha presentato il suo libro. La sala piena, le persone in ascolto delle storie raccontate nell’opera nata dalla necessità dello scrittore di trasmettere quello che secondo lui è il significato della vita dopo il periodo pandemico. La risposta a questo bisogno sono state le persone e la forza delle loro storie. Persone che, come dice lo stesso Calabresi, «hanno avuto il coraggio di scegliere anche dove non sembrava possibile». Ed ecco la frase che colpì Mario Calabresi, tanto da indurlo a contattare la scrittrice: «Qualche volta mi piace fantasticare su ciò che farei se avessi la possibilità di guarire per ventiquattr’ore. Oppure cosa sceglierei se potessi riacquistare l’uso di una, una sola delle tante facoltà che la Sla mi ha portato via».
L'incontro con Mario Calabresi
Quando è andato a trovare la scrittrice per la prima volta, ha spiegato il giornalista dal palco del Villoresi, ha trovato allegria laddove si aspettava fatica e dolore. Il capitolo dedicato a Laura Tangorra è un inno alla vita. «Quando diventa impossibile uscire di casa liberamente, allora diventa chiaro che ogni gesto è un immenso regalo e merita un grazie» si legge.
Da parte sua Laura, sulle pagine della rivista della Meridiana, ha ripercorso la genesi del suo incontro con Calabresi. «A me manca tanto la mia vita di prima, la mia quotidianità. La mia normalità. Avrei voglia di alzarmi dal letto e andare a lavorare, di passeggiare al parco con Franco tenendolo per mano, di chiacchierare coi miei figli per ore, di pulire la mia casa, di mangiare una focaccia - ha scritto - Che nostalgia quando ci penso... Allora mi proibisco di fermare il ricordo su queste cose, per rivolgere il pensiero a tutto quello che di bello ho adesso. Aver visto i miei figli diventare adulti, e aver conosciuto i miei nipotini sono stati, e sono ancora, ogni giorno, il più grande e inaspettato regalo. E poi ho scoperto di saper scrivere, cosa che mi ha aiutato a fare ordine nella mia testa, sconvolta, devastata come tutto il mio mondo dopo la diagnosi di Sla. Questo nuovo "lavoro" che mi sono inventata, mi ha permesso oltretutto di fare incontri impensabili». Per Laura collaborare con Calabresi «è stato un onore. Ed è stato la riprova che, sebbene sia vero che mi manca la vita di prima, è anche vero che però dopo tanti anni ho imparato che la mancanza di qualcuno o di qualcosa destabilizza, sì, rompe gli equilibri più profondi, ma se la accogliamo, se la accettiamo, può aprire le porte a qualcosa di bellissimo».