Seregno

In Abbazia arriva un «commissario». «Ambiente degradato e allo sbando»

Le durissime parole di dom Benedetto Toglia: «Troppa e inutile improduttiva libertà»

In Abbazia arriva un «commissario». «Ambiente degradato e allo sbando»
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«Ho trovato un ambiente degradato e allo sbando: questa Abbazia, che era il fiore all’occhiello dell’ordine olivetano per l’alta spiritualità che sapeva esprimere, oltreché per la profonda cultura che esprimevano i suoi monaci ed era un richiamo per tutta la Brianza, deve ritornare ad essere un polmone di spiritualità, dove chiunque si avvicina alla chiesa possa trovare un cuore pulsante e una carezza da parte di Dio».

In Abbazia arriva un «commissario». «Ambiente degradato e allo sbando»

Lasciano davvero poco margine all’interpretazione le parole (riportate su L’Amico della Famiglia, il mensile delle parrocchie seregnesi) con cui dom Benedetto Toglia fotografa la situazione della comunità monastica di via Stefano a Seregno. Dom Toglia è stato da poche settimane nominato superiore «ad nutum abbatis generalis», (un «commissario» per dirla con un parallelo civile neanche tanto forzato): un incarico di natura temporanea finalizzato, nel caso concreto, a dare una guida alla comunità che attraversa un momento molto delicato, anche per le precarie condizioni di salute dell’abate Michelangelo Tiribilli.

Le parole di dom Toglia hanno suscitato un notevole sconcerto per la severità dei toni:

«Ai monaci presenti nel  monastero di via Stefano ho parlato chiaro. Se qualcuno non si ritrova in questa linea è libero di lasciare. Ho notato troppa inutile e improduttiva libertà. I monaci devono rimettere al centro la regola dettata da san Benedetto, soprattutto l’“ora et labora”, perchè una di queste due è scarsamente praticata».

I toni hanno suscitato clamore, ma i contenuti hanno sorpreso solo parzialmente: in molti, tra quanti frequentano l’Abbazia, hanno percepito un complessivo declino che si trascina da qualche anno.

Un declino iniziato nel 2009

Un declino che, simbolicamente, si può dire cominciato nel 2009, l’anno delle dimissioni canoniche dall’incarico dell’abate dom Valerio Cattana.  L’abbaziato di dom Valerio, come quello del predecessore Filiberto Ilari, coincidono con il periodo più fulgido della storia dei monaci seregnesi: figure come gli stessi abati, dom Giorgio Picasso, dom Giovanni Brizzi, dom Francesco Colzani,  dom Albino Cesana (con tante scuse per chi è stato omesso nell’elenco) hanno contribuito a rendere l’abbazia San Benedetto un punto di riferimento per la Congregazione, per la Diocesi di Milano, per la città e il circondario. Questa ricchezza, però, ha avuto un limite importante: non ha suscitato vocazioni di giovani monaci che potessero raccogliere il testimone.

Per nominare l’abate successore di dom Cattana sono stati chiamati prima dom Luigi Gioia, teologo preparato che tuttavia ha dovuto arrendersi, iniziando - quasi subito dopo - un complesso cammino personale che lo ha portato a lasciare il monachesimo e la chiesa cattolica per farsi pastore anglicano.

In seguito il priore greco dom Leo Kiskimis, che dopo breve tempo e repentinamente se n’è andato da Seregno,  lasciandosi alle spalle anche qualche stravagante leggenda metropolitana. Alla fine è arrivato l’abate Tiribilli, ritiratosi dopo le dimissione canoniche dall’incarico di abate generale: un uomo anziano, con problemi di saluti crescenti, che non è riuscito a tenere insieme una comunità ormai sbriciolata.

Cosa accadrà ora, ce lo diranno i fatti. Certamente, la sfida di don Toglia («Ritornare ad essere un polmone di spiritualità») è un orizzonte molto ambizioso in un momento storico in cui le vocazioni religiose segnano il passo in maniera importante.

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