Nei luoghi della Prima guerra mondiale dove il padre Luigi aveva combattuto
Sul Carso per rivivere la drammatica esperienza, il desiano aveva 19 anni quando venne inviato al fronte
La Prima guerra mondiale impressa nella mente, nei ricordi, anche se non vissuta in prima persona. L’81enne di Desio Giuseppe Levati ha coronato il sogno di vedere i luoghi dove, più di cento anni fa, il padre, Luigi, aveva combattuto durante la prima guerra mondiale sul fronte del Carso (attualmente si trova tra Italia e Slovenia) nel battaglione Udine, reggimento 96esimo fanteria, in Friuli-Venezia Giulia.
Nei luoghi della Prima guerra mondiale dove il padre Luigi aveva combattuto
Luigi, desiano sposato con una friulana, Rosa, è stato mandato al fronte all’età di 19 anni, da marzo a settembre 1917, e ha combattuto anche la sanguinosa decima (delle dodici) battaglia dell’Isonzo. Momenti che sono rimasti impressi nella sua giovane memoria e che si è portato dietro tutta la vita, trasmettendoli ai figli e ai nipoti:
«Mio padre è nato nel 1898 ed è sempre stato un contadino - ha ricordato Giuseppe - È stato inviato al fronte e per sette mesi ha combattuto in prima linea. Ma è ritornato, dopo aver visto la morte da vicino per ben due volte. Era la storia che mi ha sempre raccontato prima di andare a dormire, è una cosa che non l’ha mai più abbandonato».
La lettera al ministro
La voglia di scavare a fondo, per comprendere di più, ha spinto Giuseppe Levati nel 2016 a scrivere all’allora ministra della difesa, Roberta Pinotti per ricevere gli spostamenti certificati dal ministero del reggimento del padre Luigi. Questi documenti li ha ottenuti.
«C’era il desiderio di dire che saremmo andati a vederli insieme», e così dal 9 all’11 giugno si è realizzato questo desiderio di famiglia. I figli Paolo ed Emanuele «Lele» Levati hanno voluto organizzare il viaggio, prendendo i contatti direttamente con l’ufficio del turismo di Gorizia. «Ho condiviso con loro le informazioni che ci erano arrivate da Roma e mi hanno consigliato delle guide che lo fanno di mestiere. Abbiamo trovato lo storico ricercatore, Marco Mantini. Davvero un’esperienza emozionate, con una guida molto preparata, che ci ha portato indietro nel tempo», ha spiegato Lele Levati.
Una grande emozione
Su quei sentieri che hanno percorso è passato sicuramente anche Luigi, in guerra, dato che all’epoca c’erano solo due sentieri: uno di andata e uno di ritorno. Giuseppe Levati è apparso visibilmente toccato. Forte l’emozione di questa esperienza:
«Ci sono cose che non si possono spiegare. Ho camminato sui luoghi dove mio papà Luigi, più di cento anni fa ha combattuto la prima guerra mondiale, la Grande Guerra. Ho visitato le trincee dove ha rischiato di perdere la vita e dove migliaia di suoi compagni del 96esimo reggimento sono "rimasti a terra". Ho toccato l'erba, ho raccolto una pietra, ho reso omaggio e ho avvertito il silenzio di quelle terre che accolsero il sangue di molti. Mi sono commosso, ripercorrendo gli stessi sentieri e immaginandomi quei terribili momenti, vissuti tra paura e speranza, mentre si muovevano alla conquista di quota 383, chiamata poi quota sanguinosa, nel comprensorio montuoso del Sabotino».
Tre generazioni si sono unite in un unico luogo: il ricordo del padre di Giuseppe con i suoi figli. Si è come chiuso un cerchio ideale per rendere omaggio e onore a Luigi Levati, sapendo quello che poi è riuscito a tornare a casa e crescere la sua famiglia.
«È stata per me un’emozione che non so descrivere, perché mi sono immedesimato in mio padre, mi sono emozionato e gli ho reso omaggio. Mi sono ricordato anche dei racconti di mia madre, Rosa, che era originaria di Gemona e a 20 anni è venuta a stare a Desio con mio padre. Sono cose così belle che non si possono spiegare».
Alla famiglia Levati piace l’idea che questa storia possa ispirare qualcun altro a fare questo percorso di riscoperta della propria storia passata: «Per noi è stato davvero un momento indimenticabile».