Storia d'amore

Carlo e Marisa, storici salumieri uniti anche nella morte

Carlo e Marisa Tagliabue sono deceduti ad appena 10 giorni di distanza. I funerali il giorno del 60esimo anniversario

Carlo e Marisa, storici salumieri uniti anche nella morte
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Per i tantissimi che a Monza hanno conosciuto i coniugi Tagliabue, storici salumieri di piazza San Paolo, non era possibile immaginare un finale diverso per la loro favola. Uno senza l’altro Carlo e Marisa non ci sapevano proprio stare e alla fine sono morti a soli dieci giorni di distanza.

La storia di Carlo e Marisa

E anche negli ultimi tempi quando gli acciacchi degli anni si erano iniziati a far sentire, nelle passeggiate li si vedeva ancora assieme, lei con la mano sulla spalla di lui, mentre si aiutava con il deambulatore.
Una vita assieme, uniti anche nel lavoro, per trent’anni nella storica «Gastronomia San Paolo», i Tagliabue, sposati dal 1963, alla fine se ne sono andati quasi assieme così come avevano vissuto.

E Marisa (nata Sangalli), 83 anni, un po’ confusa dalla malattia è sembrata lucidissima il giorno del funerale del suo Carlo, mancato il 13 agosto. Ritrovando da qualche parte nell’anima una voce che era quasi perduta ha chiesto ai famigliari all’improvviso: «Dov’è mio marito?». Lo ha raggiunto dieci giorni dopo, il 23, con i funerali che per uno scherzo del destino sono stati celebrati proprio il 26 agosto in Duomo, una data non casuale per i Tagliabue che avrebbero festeggiato quel giorno 60 anni di matrimonio.

A piangerli, con l’unica consolazione di immaginarli assieme lì in un angolo di Paradiso dove hanno potuto ritrovare la forza di ballare come un tempo, c’è la loro grandissima famiglia formata dai figli Cosetta, Gianni, Simona e Paola, dagli otto nipoti e dalla piccola che ha dato loro la gioia di diventare anche bisnonni.

Una vita in piazza San Paolo

Con Carlo e Marisa Tagliabue, rispettivamente 88 e 83 anni, se ne va un pezzo della storia di Monza. Chiunque sia vissuto in città negli anni Ottanta non può non ricordare quelle vetrine di piazza San Paolo piene di leccornie che sotto le feste di trasformavano in opere d’arte. Gianni, Simona e Paola, sfogliando un album di ricordi ripensano a quell’Arengario fatto di burro che valse al papà moltissimi apprezzamenti. «I suoi menù facevano invidia agli chef stellati», ricordano con emozione.

E pensare che per Carlo la vita era iniziata con una sfida dopo l’altra. Figlio di un oste, rimasto presto orfano di padre, aveva iniziato a lavorare piccolissimo nella locanda di famiglia a Seregno per aiutare la mamma. Poi le corse in bici fino a Milano per imparare la gastronomia, la sfida dell’ortofrutta a Desio, fino all’apertura della sua attività in centro Monza, di fianco a dove per una vita avrebbe anche abitato.
Nel frattempo la vita gli aveva fatto un regalo: aveva conosciuto grazie a un amico in comune la sua Marisina e un anno dopo l’aveva sposata.

Il banco e la loro bella famiglia

san paolo gastronomia carlo e marisa

Se la cucina era il regno di Carlo, la moglie si occupava del banco e della contabilità e la sua esuberanza e gentilezza era come miele per i clienti.

I figli erano poi arrivati uno dopo l’altro, Cosetta ha iniziato ad aiutare in gastronomia assieme allo storico Giorgio, braccio destro che aveva iniziato la gavetta ragazzino, ma tutti e quattro ricordano i sabato passati a dare una mano in bottega.
Dal 1968 al 2000 l’attività è rimasta lì, conquistando anche il prezioso riconoscimento di negozio storico, fino a quando alcuni lavori di ristrutturazione della piazza e la sopraggiunta età di pensione hanno costretto a chiudere i battenti. Anche senza i suoi formaggi, i prosciutti e i suoi piatti, piazza San Paolo era rimasta il fulcro della vita di Carlo e Marisa.

«Spesso stavano al balcone e salutavano chi passava. Li conoscevano tutti ed era impossibile passeggiare in centro con loro, perché era un continuo fermarsi perché dovevano scambiare due parole con qualcuno, che fossero ex clienti o colleghi commercianti - ricordano i figli - In tantissimi, come il farmacista Lele Duse, ci hanno detto che avrebbero guardato con nostalgia a quelle finestre chiuse ora che non era più possibile vedere papà affacciato che salutava».
Quando non cucinava per il negozio, Carlo con la sua Marisa dava una mano alla Parrocchia del Duomo (dove la moglie cantava anche in chiesa) o a Brianza per il cuore e all’Unitalsi di cui erano volontari. «Erano generosi, papà pensava sempre prima agli altri e mamma adorava stare in mezzo alla gente», aggiunge Paola.

Uniti fino alla fine

Quando gli anni avevano incanutito le loro teste, Carlo e Teresa non avevano perso la sintonia degli anni passati a lavorare fianco a fianco. «Per far capire come erano legati basterà raccontare di quando papà aveva fatto unire i letti antidecubito perché potessero tenersi la mano sotto le lenzuola anche malati o quando ha raggiunto mamma all’hospice e siamo riusciti a farli incontrare portando uno nella stanza dell’altro con la carrozzina, non dimenticheremo mai la loro gioia».

Figli e nipoti, non senza commozione, ricordano così Carluccio e Marisina: «Dieci giorni di separazione per loro erano anche troppi, se chiudiamo gli occhi non possiamo non immaginarli assieme festeggiare il loro anniversario ballando sulle note del loro valzer preferito, finalmente in piedi, liberi da ogni costrizione, abbracciati».

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