Giorgio Furlan lascia il «Grappolo d’Uva». In pensione anche lo storico edicolante
Il congedo di due personaggi molto conosciuti: cambio di gestione allo storico bar di via Garibaldi
Il «mitico» Giorgio del «Grappolo d’uva» di via Garibaldi - piazza Indipendenza a Seregno, sabato sera alle 19.30, come d’abitudine ha lasciato il suo posto dietro al bancone del bar. Stavolta per non tornare all’indomani, ma per il meritato periodo della pensione dopo 50 anni di ininterrotto servizio.
Giorgio Furlan lascia il «Grappolo d’Uva»
Giorgio Furlan - 67 anni, sposato senza figli - era diventato un punto di riferimento della strada, denominata la «via delle settanta botteghe». Con la sua conduzione il locale è sempre stato un ritrovo per le persone di tutte le età, tanto che negli ultimi giorni, da quando ha iniziato a diffondersi la notizia che si ritirava nella sua abitazione di Paina, le attestazioni di stima e riconoscenza si sono moltiplicate. I primi a ritrovarsi per ripercorre il tempo passato è stato il gruppo del 1953.
«Persone che non vedevo da anni - ha confidato Giorgio - e sono venute apposta anche da Milano per salutarmi e rivivere assieme momenti particolari e gioiosi. O altri che mi hanno detto “ho iniziato a frequentare il locale da quando avevo 13 anni e non potevo mancare a questo appuntamento. Gesti ed espressioni che mi hanno molto emozionato».
Furlan, nato ad Eraclea nel 1956, è arrivato in città all’età di 6 anni in via Cristoforo Colombo, con i genitori e i fratelli Rosanna e Gianfranco, in quanto il papà Giovanni lavorava come cuoco alla Motta panettoni di viale Corsica. Terminate le scuole medie a 13 anni ha iniziato a lavorare come idraulico fino al 1972, quando la famiglia Crusi ha lasciato la conduzione del «Grappolo d’uva». Al suo fianco a condurre il bar la mamma, fino al 2007, a cui sono subentrati la sorella Rosanna e il fratello Gianfranco.
"Un crescendo di conoscenze e amicizie"
«Da quel lontano 1972 è stato un crescendo di conoscenze e di amicizie, tanto che i nostri clienti non sono clienti ma sono tutti familiari, questa è l’aria che dicono di respirare quando entrano da me. Si sentono a casa».
Al “Grappolo d’uva” sono approdati anche importanti personaggi del mondo sportivo e calcistico. E questo anche per merito delle conoscenze di Mariolino Giambiasi, che in città e di conseguenza da Giorgio ha portato molti giocatori della Juventus, fra cui Bettega, Causio, Prandelli ma anche i milanisti come Costacurta con Martina Colombari, Albertini, Rijkaard e l’allenatore Sacchi. Ma anche ciclisti come Gianni Bugno e chef stellati.
«Le evoluzioni del locale in questi 50 anni? Le abitudini sono cambiate quando, nel 2000, è stata sistemata via Garibaldi e ho avuto modo di occupare anche lo spazio di piazza Indipendenza. Fino a quell’anno nel mio locale si giocava a carte a mezzogiorno e sera. Poi è cambiato anche il modo di lavorare. Prima nella pausa tra le 12.30 e le 13.30 i clienti col caffè o l’amaro si fermavano a fare partite a carte, così dopo le 18 con l’aperitivo e la partitina al “due». Adesso sono più le donne che frequentano il bar che gli uomini, con il caffè al mattino, tè e pasticcini al pomeriggio».
In pensione l’edicolante di via Cavour
Un’altra edicola, domenica mattina, non ha più alzato la saracinesca. Un altro duro colpo all’informazione e alla cultura locali. In città ne sono rimaste 5 delle 14 che erano fino a qualche anno fa.
Dopo 21 anni di servizio e dedizione, il titolare dell’edicola di via Cavour Enrico Redaelli - classe 1954 - ha deciso di godersi pensione e riposo. Alla licenza era pervenuto nel 2001, a seguito della chiusura dell’edicola di corso Matteotti, angolo via Rossini, gestita dalla famiglia Battaini.
In precedenza aveva lavorato come magazziniere alla Bea, nell’agenzia di distribuzione dei giornali Canzi di via San Pietro, factotum all’Arosio trasporti di Desio, alla Panem di Muggiò e dall’83 al 2001 come padroncino per la consegna di mobili e minuteria per le aziende della zona.
Qualche giorno prima del congedo ha affisso sulla vetrina del negozio un cartello in cui ringraziava «per i 21 anni intensi durante i quali ho conosciuto gente bellissima e interessante in tutti i sensi, ma problemi personali mi impongono di cessare l’attività». Poi una frase di Bob Dylan: «No woman no cry».
E, sì, perché Enrico nei giorni precedenti la chiusura ha fatto piangere molti scolari della Cadorna, che avevano trovato in lui l’amico simpatico e confidente che li salutava e li rincuorava al mattino e al ritorno dalle lezioni, sempre pronto alla battuta spiritosa, capace anche di soddisfare le loro più svariate richieste. Anche tanti genitori trovavano nel suo negozio l’oggetto appropriato per tutte le occasioni.
"21 anni belli ma pieni di sacrificio"
«Sono stati 21 anni molto belli - ha ricordato - ma pieni di sacrificio. Alzarsi alle 5 del mattino e chiudere alle 19, dar retta alle richieste dei clienti con le annesse incombenze burocratiche. Un’attività che svolgere da solo col passare degli anni diventa pesantissima. Mi mancherà il contatto con tante persone con le quali acquistando i giornali si scambiavano quattro chiacchiere, ma poi l’affetto e la simpatia di tanti bambini e bambine. Mi sarebbe piaciuto che qualcuno bussasse alla mia porta per continuare l’attività, ma non si è affacciato nessuno».
Il quartiere perde un punto di riferimento notevole.