Cgil smonta salvataggio Mbbm: "Mission impossible"
L’ente privato gestisce all’interno dell’ospedale San Gerardo tutti i reparti dedicati alla cura dei più piccoli
Cgil smonta salvataggio Mbbm: "Mission impossible"
Non ci crede, la Cgil Brianza. Non crede al salvataggio della Fondazione Mb per il bambino e la sua mamma, l’ente privato dal bilancio in rosso che dal 2008 gestisce all’interno dell’ospedale San Gerardo tutti i reparti dedicati alla cura dei più piccoli (Ostetricia, Neonatologia, Pediatria e via dicendo).
Regione Lombardia ha deciso di far proseguire la sperimentazione gestionale a una condizione: che la Fondazione rientri in cinque anni di un debito pari a ben 8 milioni di euro. E la benedizione è arrivata lunedì direttamente dall'assessore regionale Giulio Gallera.
"Se negli anni scorsi il privato ha accumulato un debito così considerevole, è impensabile che nei prossimi cinque anni riesca non solo a non accumularne più, ma a ripianare il pregresso", ha tuonato questa mattina in una conferenza stampa alla Camera del Lavoro il segretario generale della Cgil Mb Maurizio Laini.
Una «Mission impossible», insomma, secondo la Cgil Monza e Brianza.
Il nodo centrale
«La delibera regionale è un atto politico d’indirizzo - ha spiegato Laini - La Regione non ci mette un euro, in questa operazione, semplicemente indica di spostare parte dei costi del mantenimento della Mbbm sulla Azienda socio sanitaria territoriale, ovvero sull’ospedale (scaricandoli di fatto sul Pubblico). Ma il punto è che perché tutto questo assioma diventi operativo, la Fondazione deve stipulare una convenzione proprio con la Asst. E in queste condizioni voglio proprio vedere se il direttore del San Serardo Matteo Stocco avallerà il piano di salvataggio».
I perché del sindacato: costi
«Ad esempio ci sono i costi del personale in aspettativa o assente per vari motivi (maternità, etc) che d’ora in avanti ricadrebbero sul Servizio sanitario nazionale - ha spiegato Laini - Stiamo parlando di 160 (su 400 lavoratori in Mbbm) dipendenti pubblici che sin dall’inizio della sperimentazione gestionale si trovano “in comando”, ovvero “in prestito” al privato. Insomma l’ospedale si troverebbe a pagare doppio: sia per chi non c’è, sia per chi viene a sostituire. Ma più in generale è anomalo il concetto stesso di personale “in comando”, che in numeri è abbondantemente sopra la norma».
I tempi non tornano
«L’ospedale dovrebbe recepire la delibera regionale facendone una propria entro il 29 aprile, stabilendo prima un protocollo, poi una convenzione con Mbbm - ha osservato Laini - E oggi è il 14... Poi non si capisce perché la convenzione dovrebbe essere retroattiva al 1 gennaio».
Il debito è in realtà il doppio
«Il Piano di rientro del debito non lo si conosce - ha tuonato ancora il segretario - E qui viene il bello: perché 8 milioni di euro sono quelli noti, ma da quando sono stati cristallizzati quei conti, nel frattempo il San Gerardo ha emesso altre fatture (che ancora non sono state pagate) per ulteriori 4 milioni di euro! E noi calcoliamo che ci siano poi altri 4 milioni circa relativi a servizi le cui fatture non sono ancora state neppure emesse! Il che significa che il “rosso” è praticamente il doppio: si sfiorano i 16 milioni di debito. E su questo debito non c’è infine neppure una fidejussione, aspetto sul quale la Asst preme giustamente molto».
Onlus e punti di domanda
«Poi, la Fondazione ha annunciato di voler diventare una Onlus per poter godere di maggiori sgravi fiscali - ha proseguito Laini - Bene, ma quindi cambierebbe in corsa anche il soggetto che ha stipulato la convenzione... E poi per una onlus cambierebbero anche le regole dei contratti, oltre alla normativa sui patrimoni. La palazzina da 10 milioni (che oggi ospita il Centro Verga, ndr) che oggi è anche in parte del San Gerardo, di chi diventerebbe?».
La soluzione del sindacato
«C’è un’unica soluzione, a nostro modo di vedere - ha concluso il segretario provinciale - Alla Fondazione si lascino solo ricerca e Onco-ematologia, che rappresentano il know how del privato sono il vero valore aggiunto. Ma non si capisce perché i reparti di Pediatria, Ostetricia, Terapia intensiva neonatale e Patologia neonatale non debbano essere gestiti dal Pubblico come in qualsiasi altro ospedale. Il Sistema sanitario nazionale le sa fare benissimo, queste cose, senza dover ricorrere a un privato».
Nei settori per la cura del bambino e della mamma lavorano circa 400 persone. Il 40% sono dipendenti pubblici prestati al privato, il resto dipendenti diretti della Fondazione. Fra loro, 70 medici, 10 dirigenti, 200 fra ostetriche e infermieri (120 sotto la Asst, 80 dipendenti diretti della Fondazione), 30 amministrativi (tutti del privato) e 60 lavoratori di supporto, di cui 13 dipendenti pubblici in prestito, 10 della Fondazione e 40 somministrati, ovvero interinali. «Siamo preoccupati per il futuro dei servizi - ha chiosato laini - Ma anche per il personale della Fondazione, anche perché reinternalizzare sarebbe molto più difficile».
Daniele Pirola