Seregno

Confalonieri assolto dalla Corte dei Conti. Nessun risarcimento per le consulenze

Respinto il ricorso della Procura contro la sentenza di primo grado per il presunto danno erariale dell’ortopedico

Confalonieri assolto dalla Corte dei Conti. Nessun risarcimento per le consulenze
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Il dottor Norberto Confalonieri non è tenuto ad alcun risarcimento all’Asst Nord Milano. La Corte dei Conti ha respinto il ricorso della Procura contabile che contestava un presunto danno erariale di oltre 110mila euro.
Sotto accusa l’attività professionale svolta dal noto ortopedico all’esterno del Cto Pini, di cui era dipendente, senza la preventiva autorizzazione dell’ospedale per verificare eventuali conflitti d’interesse.
In particolare le consulenze e le docenze del professore seregnese in favore di cinque società sanitarie nel periodo compreso fra il 2006 e il 2013, quando Confalonieri era dirigente medico con la qualifica di direttore della struttura complessa di Ortopedia e Traumatologia.

Confalonieri assolto dalla Corte dei Conti

Nei giorni scorsi la terza sezione ha rigettato l’appello della Procura, confermando la sentenza del 25 marzo 2021 che aveva ritenuto infondati gli addebiti al luminare della chirurgia ortopedica computer e robot assistita per l’impianto di protesi di ginocchia e anca: all’epoca dei fatti era in regime di libera professione extramuraria, quindi senza un rapporto di lavoro esclusivo con il Centro traumatologico ospedaliero Pini (che fa parte dell’Asst Nord Milano).
Nel dettaglio la Procura sosteneva che l’autorizzazione dell’amministrazione ospedaliera fosse necessaria per l’attività extramoenia non «riferibile esclusivamente alla professionalità specifica ed immediatamente riconducibile alla qualità di medico», in altri termini il professionista avrebbe potuto esercitare la libera professione soltanto «nel perimetro dell’attività medica in senso stretto».
La Corte dei Conti, invece, ha ribadito che «le attività svolte da Confalonieri in qualità di relatore e responsabile scientifico devono ritenersi escluse dall’obbligo di richiesta di autorizzazione», perché la normativa non la prevede per specifiche categorie di dipendenti pubblici, fra cui i medici che godono di «disposizioni speciali».

A seguito della sentenza della Corte dei Conti, l’Asst Milano Nord è stata condannata al pagamento delle spese legali in favore di Confalonieri, 71enne, assistito dall’avvocato Mauro Renna di Milano. La difesa aveva sempre sostenuto la legittimità della libera professione esercitata dall’ex primario del Cto Pini, la cui disciplina non prevede «alcun limite» in ordine al contenuto, al volume d’affari, al committente o ai beneficiari.

«Accanimento giudiziario della Procura. La libera professione sempre corretta»

Nel merito della vicenda «quello che mi hanno versato diverse ditte, peraltro in dieci anni, sono rimborsi spese di congressi o consulenze svolte perché ero un’eccellenza del settore - è il commento di Norberto Confalonieri - Non tutti i professionisti erano scelti per simili consulenze. Io sceglievo le protesi migliori, acquisivo una certa esperienza e le aziende mi chiamavano ai congressi. Non bisogna invertire il rapporto causa – effetto: non ero pagato per diventare un’eccellenza in modo che potessi applicare le protesi ortopediche. Nel 1998 ero già primario e lo sono stato per 20 anni, ho operato 10mila pazienti e dal’99 uso l’artificial intelligence, di cui oggi tutti parlano. A chi avrei dovuto restituire i soldi? Semmai alle ditte, certo non all’ospedale o allo Stato».

Confalonieri spiega che l’attività extramoenia «che in questa vicenda giudiziaria viene vista in maniera negativa come un danno, si svolge viceversa per correttezza. E’ una pratica positiva perché separa i pazienti del pubblico da quelli privati. I pazienti sono operati fuori dall’ospedale, in clinica, e tutta l’attività tramite partita Iva viene regolarmente fatturata. Inoltre il medico perde 1.200 euro al mese, non riceve i benefit al raggiungimento degli obiettivi e non può visitare in ospedale i pazienti del servizio sanitario nazionale. Invece chi sceglie l’attività intramoenia e svolge la libera professione in sala operatoria fa passare davanti i pazienti privati a quelli del pubblico, una situazione pasticciata e non piacevole».

Il luminare seregnese conclude con una considerazione: «Quello che si evince dalla sentenza è la pervicacia e l’accanimento giudiziario della Procura contro un innocente, come hanno già acclarato diverse sentenze, che va contro il principio del diritto romano in “dubio pro reo”», cioè l'interesse alla tutela dell'innocente prevale sull’interesse alla condanna del reo.

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