Meda

Tentato omicidio di Capodanno, rito abbreviato per i minorenni

I quattro ragazzi, insieme a un maggiorenne, sono accusati di aver preso a calci e pugni un 34enne pakistano.

Tentato omicidio di Capodanno, rito abbreviato per i minorenni
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Si erano mossi in branco a Meda, la notte di Capodanno del 2023, accanendosi su un 35enne pakistano ubriaco, colpito con calci, pugni e da una ferita all’addome con un coccio di bottiglia.

Tentato omicidio di Capodanno, rito abbreviato per i minorenni

Per i quattro ragazzi brianzoli, residenti a Seregno, Meda e Cabiate, che all’epoca del fatto avevano tra i 14 e i 16 anni, imputati di tentato omicidio, si prospetta ora il processo con il rito abbreviato davanti alla giustizia minorile, mentre l’unico maggiorenne del gruppo, fratello del minorenne di Cabiate, ha già patteggiato 4 anni e 11 mesi davanti al Tribunale di Monza.

L'aggressione a Capodanno 2023

La vittima era stata aggredita per futili motivi. La comitiva di ragazzi, assieme ad altri amici, stava festeggiando l’inizio del 2023 sparando dei petardi per strada, a Meda. Il pakistano passava in quel frangente, visibilmente alterato, in compagnia di un connazionale, urlando parole incomprensibili. I giovani si sarebbero sentiti «sfidati» da quell’atteggiamento e sono partiti all’attacco per una spedizione punitiva. Dal gruppo si erano staccati alcuni giovani, che avevano picchiato duro il 34enne davanti alla scuola secondaria di primo grado Traversi di via Gagarin, dopo aver intimato all’altro pakistano di allontanarsi.

Pugni, calci in faccia e poi l'accoltellamento

Pugni e calci in faccia. Poi era arrivato il colpo inferto con un coccio di bottiglia all’addome. L’uomo si era trascinato fino ai portici di corso della Resistenza, dove era stato soccorso. I medici avevano riscontrato lesioni gravi, una frattura alla mandibola e avevano dovuto asportargli la milza. Il pakistano fortunatamente se l’era cavata, ma aveva fornito una descrizione molto sommaria degli aggressori. Decisivi erano stati i racconti di chi c’era. Nel corso delle indagini, i Carabinieri si erano imbattuti in un clima di omertà, fra minacce e intimidazioni rivolte ai testimoni, affinché non parlassero con le Forze dell’ordine.

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