Mamme a scuola con il volto coperto dal velo integrale, i genitori protestano
Succede alla Masih e al Cartoccino di Monza a Cederna. Il sindaco Pilotto: «Coinvolgeremo il personale della Questura»
Sempre più mamme si presentano a scuola con il volto coperto dal velo integrale, il niqab. E i genitori protestano: «Basta, non è sicuro, come possiamo sapere chi si nasconde sotto?».
Mamme col velo integrale: il caso a Monza
La scuola di Monza in questione dove è scoppiato il caso si chiama «Iqbal Masih» e caso vuole che la concentrazione di alunni di fede islamica sia la più alta di tutta Monza. Non solo, infatti, la primaria viene scelta dai bambini musulmani del quartiere Cederna, ma anche da quelli delle zone vicine, contenti di ritrovare molte famiglie con cui condividono idee e tradizioni.
In questi giorni di ripresa scolastica si è però ripresentato (e con maggiore incidenza) un problema che già era stato sollevato l’anno scorso. «Molte mamme - racconta più di un genitore - vengono a prendere i figli sia alla Masih che alla contigua scuola materna Il Cartoccino con il volto coperto dal velo integrale, per intendersi quello che lascia scoperti solo gli occhi. Non ne facciamo una questione culturale o di intolleranza per una diversa fede, ma solo di sicurezza: chi ci dice chi ci sia davvero sotto quelle tuniche e quegli indumenti che coprono completamente il volto?».
Sulla questione è però intervenuto anche il sindaco Paolo Pilotto, con delega all’Istruzione: «Si tratta di una questione per la quale avevamo notizia che la scuola avesse già individuato una soluzione. Qualora alcuni genitori non la ritengano sufficiente, crediamo si possa coinvolgere il personale della Questura, nel più ampio rapporto di fiducia tra le Istituzioni, per avere suggerimenti utili in materia di ordine pubblico. La fiducia del Comune nei confronti dell'istituzione scolastica e della Questura è piena e siamo certi che grazie a ciò saranno individuate soluzioni praticabili, utili e funzionali».
Il caso anche in Consiglio comunale
La questione è stata posta già ad aprile, quando arrivò anche sui banchi del Consiglio comunale. Allora fu una richiesta di chiarimenti del consigliere comunale di Forza Italia Pierfranco Maffè a porre la questione: «So che i genitori del Comprensivo sono stati anche in Prefettura perché nella scuola primaria e dell’infanzia ci sono persone che accompagnano i figli con il Burqua. Ho visto anche le foto e mi risulta che negli uffici pubblici sia vietato presentarsi così. Non voglio fare guerre strane, ma non è un bel segnale di integrazione. Cosa si intende fare?».
Passati i mesi, la situazione però si sarebbe complicata: basta fare un giro fuori da scuola all’orario di uscita in effetti per rendersi conto che oltre alle numerosissime mamme con l’hijab (il tradizionale velo che copre collo e testa), ce ne sono alcune anche con il niqab (che mostra solo gli occhi). «Prima erano poche, oggi siamo arrivati a una quindicina di mamme. Cosa succederebbe se ci presentassimo noi a scuola con il passamontagna? Non ci farebbero entrare per una questione di sicurezza. La questione va posta e va risolta», continuano i genitori, che hanno chiesto l’anonimato per evitare problemi. Nella scuola, le comunità più presenti sono quella bengalese e la componente del Nord Africa, non tutte le mamme però ricorrono ai costumi più tradizionali con il volto coperto.
L'aumento dei casi e le soluzioni possibili
«Le sensazione è che sia scattata una certa emulazione e che crescano le mamme che mettono il velo integrale, perché quest’anno sono più numerose - chiosano i genitori - Ci ha colpito vedere anche bambine molto piccole, ai primi anni delle elementari indossare il velo». Secondo la tradizionale islamica, infatti, solitamente il velo viene portato dall’inizio della pubertà e mai prima, così come vengono esentati i bambini piccoli dal Ramadan (il digiuno diurno). Anche se l'età in cui le ragazze iniziano a portare il velo varia da cultura a cultura e da Paese a Paese: in alcuni casi il velo inizia a essere indossato dopo il matrimonio, in altre dopo l'arrivo della pubertà, come parte di un rito di passaggio.
Quanto al caso specifico del riconoscimento ai fini della sicurezza, la dirigente scolastica del Comprensivo Correggio Anna Cavenaghi che si batte da sempre per l’inclusione, raggiunta telefonicamente, ha precisato: «La questione l’ha posta un anno fa un genitore ed è stata risolta». Di più non ha voluto dire.
Intanto anche l'ex dirigente scolastico, il consigliere comunale del Pd Marco Riboldi propone una soluzione: «Effettivamente nella scuola italiana, soprattutto alla materna e alla primaria, non si può consegnare un bambino se non si è sicuro che dall’altra parte ci sia un genitore o una persona delegata al ritiro. Per questo io assegnerei a una collaboratrice scolastica o a una maestra il compito di controllare il viso della persona per il riconoscimento».
Riboldi fa riferimento al fatto che le donne di fede musulmana devono tenere il volto coperto solo in presenza degli uomini, non delle donne. «Se il riconoscimento lo facesse una donna, si risolverebbe ogni disguido», ha concluso.