I dati

Ludopatie, allarme per i minori

Giocano soprattutto disoccupati, sottoccupati, poveri. Neomamme e casalinghe sono in crescita

Ludopatie, allarme per i minori
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E’ un’industria che fattura 160 miliardi di euro l’anno (stima per il 2024), più della spesa sanitaria nazionale (137 miliardi). Coinvolge 800mila persone con sempre maggiore coinvolgimento di giovanissimi, anziani e casalinghe. E che, se ti prende, difficilmente ti molla. Col risultato che lo Stato, che gestisce questa industria tramite concessionari, poi deve mettere anche le risorse per guarire chi se ne ammala. Come succede per il tabacco.

Ludopatie, allarme per i minori

Il mondo del gioco d’azzardo legale (macchinette slot e sale vlt, ma anche il gratta e vinci e le lotterie) pone l’Italia prima in Europa e quarta nel mondo come volumi di giocate: solo le macchinette installate sono 400mila (tre volte quelle del Nevada, Las Vegas compresa) in bar, tabaccherie, edicole, sale giochi. Senza parlare del gioco illegale, stimato in poco più di 100 miliardi di euro l’anno e funzionale al riciclaggio di denaro sporco.
Se n'è parlato mercoledì 13 novembre al Liberthub di Monza in una serata organizzata dal Controllo di vicinato in collaborazione con la Polizia locale: «Le ludopatie –ha introdotto l’assessore alla Sicurezza, Ambrogio Moccia- portano a scompensi economici, familiari e in prospettiva sociali molto forti. Ma la lotta alle ludopatie si scontra con un mulino a vento che si chiama Stato, che dal gioco d’azzardo ricava risorse».

Le statistiche dicono che il 64% della popolazione non gioca d’azzardo abitualmente, il 26% lo fa senza problemi, il 10% è a rischio moderato, alto o patologico (con punte del 35% nei centri più piccoli). Gioca il 52% di chi beve birra, il 57% di chi beve superalcolici. Chi fuma e/o beve, in genere gioca di più. Il gioco, ha detto Brunella Ieva, psicologa e psicoterapeuta del Noa di via Solferino a Monza, può essere ricreativo, problematico («ho il pensiero insistente: che numeri giocare? quando?») o patologico («gioco costantemente sempre più soldi, è una questione cerebrale, non importa se vinco o perdo»).

Il gioco d’azzardo è vietato ai minorenni ma il 2% dei 15enni è a rischio, come il 3,2% dei 17enni. «La fascia che gioca di più è quella dei 35-50enni -ha sottolineato Margherita Motta del Csv-, in particolare disoccupati, sottooccupati, poveri. Neomamme e casalinghe sono in crescita, un target difficile da intercettare perché sta molto in casa: in questi casi bisogna coinvolgere parenti e vicini di casa».

Quali soluzioni

«Il confine tra gioco sostenibile e gioco patologico è molto sottile -ha spiegato Ieva-. Chi gioca in modo patologico usa sempre più denaro, è irrequieto o irritabile se deve smettere o ridurre, è a disagio (non per niente ci sono separé per le slot), toglie tempo a lavoro, scuola e famiglia (adolescenti e over 65 sono le fasce più a rischio), spesso è dipendente dell’alcol».
Tengono la persona agganciata al gioco «le quasi vincite, le vincite a basso prezzo (5 euro), l’isolamento ambientale e sociale, le vincite differite (così torni a giocare), gli spot sportivi che spingono a giocare, le scaramanzie e le dissonanze cognitive».
Che fare? «Meno del 10% dei giocatori problematici o patologici -spiega Ieva- accede ai servizi perché il gioco non è percepito come una dipendenza come l’alcol o la droga. Spesso chi arriva da noi lo fa perché la situazione ormai è grave ed è segnalato da parenti e vicini. La nostra azione va fatta in modo integrato coi familiari. Si hanno successi se si blocca il flusso di denaro (attenzione qui anche ai genitori che danno carte di credito ai figli) e si riesce a gestire la successiva astinenza. Un aiuto arriva dall’azione congiunta con le famiglie e con le associazioni di giocatori anonimi (sul modello degli alcolisti anonimi)».
Su dieci pazienti, «1-2 non finiscono tutto il percorso disintossicante. Per i più problematici o vulnerabili il gioco è sintomo di disturbi più gravi ancora, e allora dobbiamo lavorare col Centro psicosociale. Ricadute se ne verificano, e non poche: vanno prese come momento di riflessione sul significato del gioco e non come fallimento. Perché c’è sempre il pericolo che chi non dispone più di soldi finisca per delinquere per procurarseli».

A Monza 400 macchinette

A Monza ci sono 400 macchinette per il gioco distribuite in bar, tabaccherie, edicole, supermercati, e sei sale gioco, comprese due sale bingo. Praticamente 3,3 macchinette ogni mille abitanti. La Polizia locale ha calcolato che nei primi otto mesi di quest’anno la spesa per il gioco, in città, è stata di 8 milioni e 874mila euro. Praticamente una spesa pro capite di 72 euro, calcolando 123mila abitanti, neonati compresi.

Le macchinette non possono essere installate a meno di 500 metri da scuole, ospedali, chiese, oratori: essendo Monza una città dove queste strutture sono molto diffuse e distribuite sul territorio, dal 2013 non ci sono state nuove installazioni.
Resterebbero disponibili, come aree “vergini” al gioco, il Parco e un piccolo spicchio su viale Sicilia, per il quale c’è stata infatti una richiesta di installazione inviata in Comune: «La richiesta c’è stata- conferma l’assessore alla Sicurezza Ambrogio Moccia- per una sala giochi al confine con Concorezzo, ma per ora la teniamo in stand by. Non vogliamo aumentare l’offerta di gioco in città».

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