La storia

Marco Gallo, dalla profezia alla morte: avviato l'iter per la beatificazione

I vescovi della Lombardia hanno detto sì alla richiesta per il monzese, morto a 17 anni e diventato un "leader" capace di trascinare i giovani

Marco Gallo, dalla profezia alla morte: avviato l'iter per la beatificazione
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E’ stata avviata la richiesta di beatificazione per  Marco Gallo di Monza, morto il 5 novembre 2011 a 17 anni in un incidente stradale a Sovico, mentre andava a scuola, al Don Gnocchi di Carate brianza. I tempi saranno tutt’altro che brevi, ma il sogno è diventato davvero concreto.

Marco Gallo potrebbe diventare beato

I vescovi della Lombardia hanno detto sì alla richiesta del vescovo di Chiavari perché inizi la causa di beatificazione. L’annuncio, con la voce rotta dall’emozione, cui è seguito un applauso scrosciante, è arrivato da padre Andrea Mandonico al termine della celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo di Chiavari Giampio Devasini al santuario di Montallegro, in Liguria.
Secondo una tradizione che si è consolidata nel corso degli anni, nella solennità di Ognissanti la famiglia di Marco e tanti amici che lo hanno conosciuto organizzano un pellegrinaggio al santuario. «Cosa dobbiamo fare noi? -s’è chiesto padre Mandonico - Due cose: far conoscere Marco e pregare perché tutto vada bene e presto possiamo onorarlo come beato della Chiesa di Chiavari».
Quest’anno quasi mille persone sono salite a Montallegro, a testimoniare la memoria di Marco. Parecchi di costoro non l’hanno neanche mai conosciuto, ma questo non ha scalfito la loro devozione.

Il primo anno erano 200, poi in 500 e quest’anno quasi in mille. Dal 2012 ad oggi, in oltre dieci anni, sempre più persone si appassionano alla sua storia e partecipano alla celebrazione: adulti e ragazzi, che si ritrovano ai piedi delle colline liguri, per salire fino al santuario della Madonna di Montallegro a Rapallo, assieme alla famiglia e agli amici.

"La santità veste i panni della ferialità"

Lo ha sottolineato anche monsignor Devasini: «Sono arrivati circa 800 giovani gioiosi, molti che non hanno nemmeno conosciuto Marco se non attraverso scritte e testimonianze, a distanza di così tanti anni c’è un seguito sempre più crescente. Chi lo ha conosciuto ha detto: “Era un ragazzo normale”, ma mi viene in mente un detto che dice “La santità veste i panni della ferialità”. La ferialità di Marco Gallo era intessuta di un amore inquieto e appassionato per la vita, per Dio, per gli altri e ovviamente gli altri se ne sono accorti. Anche il nostro quotidiano è intessuto di questo amore». La famiglia di Marco, di ritorno dal pellegrinaggio, che avviene ormai ogni anno come da tradizione, questa volta si è stretta in un comprensibile riserbo, lasciando intendere che ora sono in attesa che l’iter faccia il suo corso.

In cuor loro, però, hanno sempre saputo che Marco era speciale e non è una frase fatta che ogni genitore potrebbe pronunciare. Lo avevano raccontato al Giornale di Monza anche nel lontano 2015 quando ancora non si parlava di beatificazione, ma erano già iniziati i pellegrinaggi da centinaia di persone a Montallegro. «Il dolore per la perdita di Marco è stato straziante ma sono certa che lo rivedrò - aveva sempre ripetuto raccontato Paola Cevasco, 58 anni, la mamma di Marco - E’ il suo amore che mi tiene viva, insieme al ricordo della sua bontà d’animo e del suo stupore fanciullesco. Anche se non è più qui fisicamente, Marco continua ancora a parlarmi. Tramite i suoi scritti e tramite quella fede che dopo la sua morte è diventata ancora più profonda».

Dalla profezia alla morte

Da quel dolore così immenso è nata un’energia vitale che tiene viva la speranza e quel pellegrinaggio, sempre più frequentato, ne è l'esemplificazione. Non a caso è l’amore per l’altro forse il messaggio più importante lasciato da Marco. «Ognuno di noi ha un destino più grande» e oggi quella frase è impressa anche sulla pelle della sorella maggiore di Marco, Francesca, oggi 33enne, mentre la minore, Veronica, 27enne, si è fatta tatuare sul corpo: «ognuno di noi ha un destino più grande di quello che si aspetta», come recitava un regalo che lui le aveva fatto.

Poi c'è quella frase che una profezia: poche ore prima di morire sui muri della sua stanza aveva scritto con la matita sul muro della sua camera quello che per i suoi cari è stato forse il più inequivocabile dei messaggi: «Perché cercate tra i morti Colui che è vivo?». Un monito, un altro segno appena prima di varcare la soglia di casa per l’ultima volta, per gridare al mondo che la morte non è mai l’ultima parola.

Poco dopo, alle 8.20 il tragico schianto, sulla strada provinciale che collega Monza all’alta Brianza, dove nei pressi di un semaforo, Marco si è trovato davanti un'automobile guidata da un 70enne, proveniente dalla sua destra e in procinto di uscire dal parcheggio di un negozio di arredamenti. L’asfalto, quella mattina troppo bagnato, ha reso purtroppo inevitabile l’impatto.
Sul suo corpo nemmeno un graffio, solo lesioni interne, come se la morte avesse voluto prendersi quella vita in maniera invisibile. Come quando tutto è già scritto, con un prima e un dopo.

Marco un leader

E che Marco fosse un leader lo ha ricordato anche Franco Viganò, all’epoca preside del don Gnocchi di Carate, la scuola che frequentava il ragazzo, ancora oggi vicino alla famiglia di Marco. Così ha accolto la notizia in questi giorni: «Marco è stato un vero leader senza saperlo e senza volerlo, un punto di riferimento per tanti ragazzi, capace di generare una compagnia centrata sull'attenzione a ciò che più vale nella vita e, per questo, capace di quel silenzio indispensabile per non lasciarsi travolgere dal frastuono di ciò che attrae e si brucia in un momento...».

«Il suo ricercare continuamente il senso delle cose era quasi estenuante, a volte perfino imbarazzante. Eppure quelle sue discussioni, quel suo voler scavare a fondo su tutto, quel suo sembrare così unico, mi hanno insegnato molto. Alla fine ho capito che la fede è un’opzione ragionevole, perché è l’unica che riesce ad abbracciare tutte le circostanze della vita - raccontavano nel 2015 le due sorelle al Giornale di Monza - Durante il suo ultimo mese di vita ho percepito che gli sarebbe accaduto qualcosa. La sua inquietudine, quel suo chiedere di Dio senza tregua, già anticipava il suo destino».
Oggi Marco non c’è più. O meglio non c’è più il suo corpo. Ma per tutti la sua luce non si è mai spenta. E ora forse potrà brillare per tutti i monzesi.

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