L'allarme dei medici di famiglia: "Rischiamo di sparire"
Nei giorni scorsi i referenti della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale hanno incontrato i sindaci del Vimercatese, esponendo le loro preoccupazioni in vista delle possibili riforme che potrebbero trasformare i dottori in dipendenti pubblici nelle "Case di Comunità"
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Un incontro con i sindaci del Vimercatese per esprimere le proprie preoccupazioni in vista delle possibili riforme che potrebbero trasformare i medici di medicina generale in dipendenti pubblici delle Case di Comunità, privando di fatto i Comuni di punti di riferimento fondamentali.
L'allarme dei medici di famiglia: "Rischiamo di sparire"
Di questo si è discusso a Vimercate nella sala del Consiglio comunale tra una rappresentanza della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale e una ventina di primi cittadini del territorio. Nel corso della serata, promossa dal sindaco Francesco Cereda, sono intervenuti diversi esponenti della federazione, come Jacopo Sala (esecutivo provinciale), Carlo Maria Teruzzi (segretario provinciale) e il Fiorenzo Corti (vicesegretario nazionale).
«L’obbligo del rapporto di impiego (medici di famiglia dipendenti nelle case di comunità) comporterebbe la scomparsa dei medici di famiglia nei paesi, la fine del rapporto di fiducia tra paziente e proprio medico e, nel giro di poco tempo, come è già successo per visite specialistiche ed esami strumentali (ecografie, lastre, elettrocardiogrammi, ecc.) si aprirebbe alla privatizzazione della medicina di famiglia, per chi potrà scegliersi il proprio medico», hanno sottolineato i medici, che hanno proseguito sottolineando come in Brianza l’organizzazione della medicina in famiglia rappresenta «un’eccellenza a livello nazionale e si basa prevalentemente su realtà strutturate e capillari, le medicine associate: le medicine associate, che garantiscono un’apertura dello studio lungo tutta la giornata ed una modalità di contatto flessibile, accessibile e prossima, importante specialmente per gli anziani più fragili».
Al tempo stesso i dottori hanno riconosciuto come il sistema territoriale abbia le sue criticità, come ad esempio la carenza dei medici, che rappresenta un problema sempre più grave. Atri problemi sono la burocrazia ed il carico di lavoro che abbassano l’attrattività della professione.
A seguito della pandemia, la politica ha proposto soluzioni legate all’implementazione di una rete di supporto stanziando risorse per la realizzazione di Case di Comunità, Centrali Operative Territoriali e Ospedali di Comunità.
La disponibilità al confronto
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«I medici di famiglia non sono rimasti indifferenti a queste esigenze: il recente rinnovo della convenzione ha infatti già previsto ore di attività da svolgere nell’ambito delle Case della Comunità. Attività che dovranno essere declinate all’interno dell’Accordo Integrativo Regionale in modo che possano rappresentare un’opportunità di miglioramento nell’assistenza ai cittadini», hanno proseguito i medici, sottolineando la loro disponibilità a collaborare, ma senza andare a demolire la qualità dell’assistenza.
«L’obbligo di dipendenza dei medici, avrebbe conseguenza disastrose per la sanità territoriale - concludono i medici - Ci sarebbe una perdita di capillarità dell’assistenza, con la scomparsa degli studi medici e delle forme associative nei paesi e nei quartieri; la perdita di attrattività della professione; il pensionamento anticipato e dimissioni di molti colleghi in età già pensionabile che porterebbe alla desertificazione di alcuni territori; la perdita del rapporto di fiducia con i cittadini che non avrebbero più delle figure di riferimento e di cui potersi fidare».
I dottori hanno sottolineato così la loro assoluta contrarietà ad un’ipotesi di dipendenza totale o parziale dei medici di base:
«Le Case della Comunità possono e devono essere un’opportunità, ma solo se valorizzano le competenze dei Medici di Medicina Generale e le forme associative esistenti. Crediamo in un confronto serio con le istituzioni a tutti i livelli per trovare soluzioni che tutelino la salute dei cittadini e la qualità dell’assistenza».