Omicidio Vivacqua: chiede il risarcimento per ingiusta detenzione, la Procura e il Ministero si oppongono
Assolto dopo una lunghissima vicenda processuale, ha chiesto oltre 670mila euro di danni per essere stato duemila giorni in carcere.

Più di sei anni in cella con l’accusa di essere mandante dell’omicidio di Paolo Vivacqua nel 2011, avvenuto a Desio nel suo ufficio a San Giorgio. Assolto dopo una lunghissima vicenda processuale. Diego Barba ora chiede il conto allo Stato: oltre 670mila euro di danni per essere stato duemila giorni in carcere, altri 321 dietro le sbarre prima di venire rilasciato per scadenza dei termini di custodia cautelare e ulteriori 213 di obbligo di firma e divieto di ingresso a Desio, dove abitava con la famiglia.
Omicidio Vivacqua: Diego Barba chiede il conto allo Stato
Alla richiesta di Diego Barba si oppone la Procura generale e il Ministero delle Finanze, che si è costituito nel procedimento in cui il 56enne chiede il risarcimento per ingiusta detenzione. La Corte di Cassazione, a luglio 2022, dopo 8 anni di processi ha stabilito che è "impossibile rinvenire appaganti conferme alle accuse mosse a Diego Barba e Salvino La Rocca (che ha ottenuto un risarcimento dei danni per ingiusta detenzione pari a 241mila euro, la metà del massimo previsto per legge)". Conclusione a cui si è arrivati dopo sette sentenze, tra pronunce di condanna e assoluzioni.
Accusato di essere il mandante è stato poi assolto
Per l'omicidio è stata stabilita l’identità degli esecutori materiali (Antonino Giarrana e Antonino Radaelli), ma non il movente, e nemmeno i mandanti. La Suprema Corte ha assolto in maniera definitiva Diego Barba, difeso dall’avvocato Manuela Cacciuttolo, e Salvino La Rocca (avvocato Salvatore Manganello e Alessandro Frigerio), dall’accusa di essere rispettivamente l’uomo che commissionò il delitto, e quello che assoldò i killer che il 14 novembre 2011 fecero irruzione nell’ufficio di Vivacqua, in via Bramante, a Desio, e di avergli sparato 8 colpi. Per loro due si è passati dalla condanna a 23 anni all’assoluzione. Entrambi hanno trascorso cinque anni in carcere per questa vicenda.
La Procura ha chiesto di non concedere la somma
Ora è il momento di un’altra coda giudiziaria. Si è aperta infatti la discussione del procedimento davanti alla quinta sezione penale della Corte di Appello di Milano, dove gli avvocati di Barba hanno ribadito le ragioni della richiesta di risarcimento. Mentre la Procura generale di Milano ha chiesto di non concedere al 56enne alcuna somma per non avere accettato di farsi interrogare al processo, evitando quindi di chiarire compiutamente la sua posizione. A questa conclusione si è associato anche il Ministero delle Finanze, che si oppone alla concessione del risarcimento.