Testimonianza

"La missione parte da qui, dalle nostre comunità"

Il racconto di Mattia e Corinna, missionari a kilometro zero, che vivono un'esperienza di condivisione e aiuto all'interno della comunità di Monza

"La missione parte da qui, dalle nostre comunità"
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Una famiglia missionaria... a kilometro zero. Questa è stata la preziosa testimonianza di Mattia Longoni e Corinna Marighetti offerta la scorsa settimana all'oratorio Sant'Agnese di Bernareggio: una serata intensa e coinvolgente che ha saputo aprire nuovi orizzonti sul significato di "missione" nella vita di tutti i giorni. Ospiti speciali dell'incontro sono stati appunto i due coniugi, originari di Calco, che da anni vivono un'esperienza particolare: sono una famiglia missionaria a kilometro zero.

Missionari a kilometri zero

Il loro racconto ha colpito e fatto riflettere. Perché spesso, quando sentiamo la parola "missione", la nostra mente corre subito a Paesi lontani, terre esotiche e culture diverse. Eppure, come hanno spiegato Mattia e Corinna "la missione può essere anche qui, nella nostra parrocchia, nelle nostre strade, a pochi chilometri da casa". E’ proprio questa l’idea che sta alla base di un progetto di vita molto particolare: vivere la missione non partendo, ma restando. Mattia e Corinna hanno maturato questa consapevolezza nel tempo, partendo da un’esperienza profonda vissuta in Ecuador, nella baraccopoli di Guayaquil, dove tra il 2007 e il 2010 hanno condiviso la loro vita con i missionari della Consolata e le famiglie del quartiere El Fortin.

L'esperienza in Ecuador

Lì, lontani da casa, si sono riscoperti fratelli tra fratelli, accolti da una comunità semplice ma capace di grandi gesti di solidarietà. Quando nacque il loro primo figlio, Pietro, fu proprio la gente del quartiere a circondarli di attenzioni, con piccoli gesti quotidiani: chi lavava i panni, chi cucinava un brodo caldo, chi semplicemente portava una parola di conforto:

"Quello che abbiamo vissuto laggiù è stata una fraternità vera, concreta – hanno raccontato – Un’esperienza che ci ha segnato per sempre".

Una volta rientrati in Italia, si sono chiesti: come possiamo continuare a vivere quello spirito missionario? E’ stato proprio in quel momento che hanno incontrato il percorso delle famiglie missionarie a kilometro zero, nato all’interno della Diocesi di Milano circa dieci anni fa. Una proposta innovativa, che non intende sostituire le forme tradizionali di servizio, ma offre alle famiglie la possibilità di abitare le strutture parrocchiali – oratori, canoniche, case della comunità – per vivere a stretto contatto con la vita della parrocchia, non da semplici collaboratori, ma come parte integrante della comunità.

Il progetto della Diocesi

Il progetto ha preso vita quando la Diocesi di Milano ha iniziato ad ascoltare le testimonianze di alcune famiglie rientrate da missioni nei Paesi del Sud del mondo. Da quelle condivisioni è nata la consapevolezza che quel modo di vivere la fede poteva essere prezioso anche per le comunità locali. Così è nato questo particolare percorso di alcune famiglie. Oggi sono 35 i nuclei coinvolti in questa esperienza, diffusi in diverse comunità pastorali, tutte provenienti da percorsi molto diversi: chi ha vissuto missioni ad gentes, chi arriva dallo scoutismo, chi da movimenti ecclesiali come l'Operazione Mato Grosso o la Comunità Papa Giovanni XXIII, chi semplicemente da un impegno attivo nella vita parrocchiale. Ed è proprio questa ricchezza di storie che rende viva la rete delle famiglie missionarie. Mattia e Corinna vivono ora nell'oratorio di San Rocco, a Monza, insieme ai loro tre figli Pietro, Letizia e Benedetta. Continuano le loro professioni – lui avvocato in un ospedale, lei docente di pedagogia e religione – ma hanno scelto ogni giorno di abitare con uno sguardo aperto e disponibile.

La "missione" in comunità

Una delle caratteristiche più belle di questa esperienza è proprio la normalità con cui si vive la missione. Le famiglie missionarie continuano a lavorare, portano i figli a scuola, gestiscono le fatiche di ogni giorno come tutte le altre famiglie, ma abitano gli spazi parrocchiali con uno stile di ascolto, di apertura e di servizio costante. La loro presenza è una testimonianza viva:

"Non ci è chiesto di fare cose straordinarie, ma di vivere con semplicità la nostra vocazione familiare al servizio della comunità – hanno spiegato – La cosa più importante è la cura delle relazioni: essere accoglienti con chi passa dall’oratorio, facilitare l’incontro tra le persone e accompagnarle anche nei piccoli gesti".

La Diocesi di Milano offre un tempo iniziale di 5 anni per vivere questa esperienza, dopo i quali si valuta insieme se prolungare il cammino:

"In questi anni ci siamo sentiti accolti e sostenuti dalla comunità, vivendo giorno dopo giorno la bellezza del Vangelo incarnato nella vita quotidiana - proseguono i coniugi - Ma questa proposta non è chiusa su sé stessa: con il gruppo delle famiglie ci ritroviamo periodicamente per momenti di formazione, condivisione e discernimento".

"Viviamo con la porta aperta"

Alla base di tutto c’è un desiderio profondo: costruire una Chiesa in cui le vocazioni si alimentino reciprocamente. Una Chiesa dove famiglie, sacerdoti, religiosi e laici camminano fianco a fianco, sostenendosi e testimoniandosi a vicenda la bellezza del vivere per il Vangelo:

"Non siamo qui per occupare spazi – hanno sottolineato – Ma per abitare la parrocchia come una famiglia, con la consapevolezza che nulla ci appartiene. Viviamo con la porta aperta, pronti a incontrare chiunque passi, anche chi non si sente parte della comunità".

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