Un intervento atteso da anni si è trasformato in un incubo quotidiano per decine di anziani residenti nello stabile Aler di via Zara a Monza.
Gli ascensori difettosi
La sostituzione e l’aggiornamento degli ascensori, annunciati mesi fa come una conquista di sicurezza e libertà, si è rivelata una beffa: guasti continui, blocchi improvvisi e interventi tecnici destinati a durare pochi giorni.
La denuncia arriva da Gianluca Di Santo, figlio di due inquilini anziani, che ha inviato una diffida formale ad Aler e alla ditta incaricata, chiedendo un intervento immediato e definitivo. «Mio padre ha 76 anni, mia madre 80. Come loro, la maggior parte dei residenti non può affrontare le scale: significa vivere da prigionieri in casa, perdere appuntamenti medici fondamentali, rinunciare a una vita dignitosa», scrive Di Santo. Secondo quanto racconta, paradossalmente il vecchio ascensore funzionava.
L’intervento di adeguamento invece si è limitato in gran parte al rinnovo delle pulsantiere, inserite anche a un’altezza accessibile per chi è in carrozzina, come previsto dalle norme. Ma la cabina è rimasta quella di sempre, oltretutto col paradosso che è troppo stretta per consentire l’ingresso di una carrozzina.
«È stata messa tecnologia nuova su un impianto vecchio – sottolinea Di Santo – e il risultato è che i problemi si sono moltiplicati». A questo si aggiunge l’impotenza dei residenti, che non sanno più a chi rivolgersi.
L’appello degli anziani
«Tutte le volte che arrivo lì – spiega Di Santo – gli anziani mi cercano e mi chiedono di fare qualcosa. Vivono nell’angoscia di restare bloccati dentro, oppure di non riuscire a uscire di casa. Ai numeri di telefono indicati in bacheca non risponde mai nessuno, e quando qualcuno interviene si limita a un reset momentaneo. Ma la verità è che l’impianto è vetusto e non garantisce più affidabilità». Da mesi si susseguono chiamate di emergenza, ascensori bloccati e inquilini intrappolati ai piani. «Non è più accettabile ricevere interventi che mettono solo una pezza – continua la lettera di diffida – serve una soluzione definitiva».
A peggiorare il clima di sfiducia, la totale assenza di comunicazione diretta da parte di Aler: «Solo avvisi in bacheca, scritti in italiano, in un contesto abitato anche da cittadini stranieri. Un segno evidente della scarsa attenzione verso chi vive qui».
La diffida fissa un ultimatum di sette giorni lavorativi per ripristinare il corretto funzionamento degli impianti e fornire un report dettagliato su cause e interventi. In caso contrario, la famiglia Di Santo annuncia il ricorso a Procura, Prefettura, Asl e Comune, oltre ad azioni legali per danni morali e materiali.
«Non è un guasto tecnico – conclude l’appello inviato alle istituzioni e al Giornale di Monza – è una ferita sociale e umana. Chiediamo che si dia voce a questi anziani, perché non siano loro a pagare con la salute e con la dignità errori e superficialità altrui».