Franco Rizzi saluta l'amico Riccardo Patrucco, anima della Folgore Caratese
I funerali celebrati venerdì: "Quella di Riccardo è una grave perdita, per l’intera comunità di paese e per il mondo sportivo".
Franco Rizzi, suo amico e collega, ha dedicato un pensiero a Riccardo Patrucco, giornalista e primo tifoso della Folgore Caratese scomparso mercoledì pomeriggio.
Rizzi, classe 1939 giornalista pubblicista autore di numerosi volumi di storia locale, per due tornate negli anni settanta presidente della commissione di gestione della biblioteca e membro del direttivo del Sistema bibliotecario intercomunale - ha accettato l'invito della redazione del Giornale di Carate riservando un bellissimo pensiero all'amico 67enne dopo i funerali celebrati venerdì.
Lo pubblichiamo integralmente per i nostri lettori.
Una grave perdita, quella di Riccardo Patrucco, per l’intera comunità di paese e per il mondo sportivo, segnatamente per la Società della Folgore Caratese, la squadra di cui era un innamorato tifoso. Il mio è un dolce e amaro ricordare allo stesso tempo. Dolce per l’affetto e l’amicizia di lunga data che mi legava a lui. Amaro perché scrivendo di lui devo parlare di un’assenza, di una mancanza. Amico e collega. Un altro inscindibile binomio, non certo una dicotomia, ma un legame stretto suggellato sul campo.
Quando L’Esagono decise di diventare un settimanale, fu lui a fare il mio nome al direttore Roberto Isella per le pagine di Carate e per l’area culturale del giornale. Io lo seppi molto tempo dopo, indirettamente, e di questo non l’ho mai ringraziato a sufficienza, perché per me fu un’occasione di crescita personale e professionale notevole.
Le tre stagioni di Patrucco
Parlando di Riccardo Patrucco, credo di poter individuare tre stagioni importanti. La prima, appunto, quella della reciproca collaborazione nella redazione dell’Esagono, dove lui era la colonna principale del settore Sport. Un settore trainante nelle vendite, al punto che a un certo punto si decise di spostare la data di uscita del giornale dal sabato al lunedì.
Era una scelta difficile da prendere, perché voleva dire lavorare in redazione sino al tardo pomeriggio della domenica, poi andare in stampa in tipografia la domenica sera e provvedere alla distribuzione durante la notte per essere in edicola puntuali all’apertura il lunedì mattina. Lui sostenne questa idea e condivise totalmente un progetto editoriale che alla fine pagò in termini di vendite, perché i veri sportivi il lunedì mattina aspettavano il nostro giornale che riportava le cronache di tutti, proprio tutti, i campionati minori. Inutile dire che i tifosi della Caratese, la fusione con la Folgore avvenne molti anni dopo, attendevano pazientemente di leggere il resoconto della partita scritto da Riccardo Patrucco con quel suo stile inconfondibile, capace di creare parole e inventare termini poi entrati nel comune fraseggiare non solo dei tifosi, ma anche dei colleghi di altre testate sportive.
La Caratese era la squadra più blasonata dell’area di diffusione del giornale e, quindi, tra gli sportivi c’era molta attesa per leggere ciò che Patrucco scriveva. Il suo pezzo era l’ultimo ad arrivare in redazione, ma verso le venti sempre arrivava. O meglio, non arrivava, perché lui preferiva dettarlo al telefono a una segretaria, soffermandosi sugli accenti e sulle virgole come se ogni volta il pezzo gli uscisse dal profondo e provasse dolore nel separarsene. Un parto lungo e sofferto, specialmente quando i lambraioli avevano perso, che teneva in ansia il direttore che attendeva solo la chiusura della telefonata per chiudere l’impaginazione e andare in stampa. Quando il giornale andò in crisi per problemi di costi, lui che ne aveva seguito tutte le tappe, Besana, Renate, Cassago e poi Seregno, tentò di continuare la collaborazione con la nuova proprietà, ma il clima era troppo diverso. Lui ci provò, in verità, ma non resistette a lungo. Nel frattempo però, seconda stagione, si era creato proprio in seno alla Caratese, una sua testata: L’Azzurro. Un quindicinale sui generis che usciva ogni volta che la squadra giocava in casa. Era un foglio sportivo, con ampie pagine dedicate alla Caratese, ma che non trascurava gli altri settori dello sport, ricco in aggiunta di molti inserti relativi alla cultura e alle varie manifestazioni che si svolgevano sul territorio.
Qui aveva formato una vera famiglia, in cui collaborare era un piacere prima ancora che un dovere, un gruppo di collaboratori, giovani e meno giovani, che in Patrucco avevano trovato l’ispiratore, il coordinatore entusiasta e l’amico, sempre disponibile e comprensivo. La sua porta era sempre aperta, non disturbavi mai e il più delle volte lo trovavi alla sua macchina da scrivere, concentratissimo, intento a sistemare tabellini e classifiche con la stessa precisione che nel pomeriggio aveva dedicato alla chiusura dei conti di cassa, lui che oltre ad essere un giornalista, era anche un meticoloso impiegato del Banco di Desio.
Erano ancora lontani i tempi di internet e della posta elettronica e alla fine dell’incontro con i redattori, nel salotto di casa che ogni volta si trasformava in redazione, lui assemblava il tutto sino a notte tarda, pronto il mattino a portare il prezioso incartamento in tipografia. La sera, poi, tornando dal lavoro, eccolo pronto a ripassare per correggere le bozze e dare il placet alla stampa.
Noi de L’Azzurro eravamo una bella squadra che giocava sempre in attacco e in assoluta libertà. Lui vero leader si è sempre assunto le proprie responsabilità e ci ha sempre difeso di fronte alla Società e al mondo politico, anche quando inevitabilmente qualcuno di noi commetteva qualche errore di valutazione o andava a toccare particolari interessi.
Errori di cui, lo ripeto, si è sempre fatto carico, orgoglioso delle persone che lavoravano con lui. Patrucco non era solo il responsabile della testata, era di volta in volta il consigliere, l’intelligente suggeritore, il confidente cui si affidava chi tra noi avesse qualche problema e avesse bisogno della sua infinita pazienza per sfogarsi. Quando per motivi che ancora non mi sono chiari gli tolsero la testata, credo che Lui, come del resto tutti noi, ne abbia sofferto moltissimo.
Della terza stagione di Patrucco, chi scrive queste note può dire poco perché non conosce nel dettaglio le vicende che portarono alla fusione della Caratese con la Folgore Verano. Certo è che lui è rimasto tifoso della sua squadra, al punto che ha continuato a vivere le partite, soffrendo sino a quando il suo fisico glielo permetteva. Molte volte, con la squadra del cuore in vantaggio di una sola rete, lui era costretto a lasciare il campo a quindici - venti minuti dalla fine e restava nei dintorni in attesa della chiamata liberatoria dopo il fischio finale. Siamo rimasti amici, anche se non ci si vedeva spesso. La nostra era un’amicizia che nell’età matura non aveva bisogno di grandi contatti. Molto devoto, lo vedevo sempre a Messa ogni mattina alle otto con la sua inseparabile Marinella e, quando ci si incontrava per strada, il suo CIAO suonava come qualcosa che rassicura e genera fiducia.
Nell’ultimo anno, ci si frequentava su face book, dove i suoi commenti erano molto arguti e circostanziati, i suoi like tra i più attesi ed ambiti.
L’ultimo solo pochi giorni fa, quando avevo postato l’immagine di un arcobaleno che sembrava abbracciare tutta la montagna.
Ora sono io che abbraccio idealmente lui e con lui la sua adorata Marinella. Ci manchi, Riccardo, mancherai alla tua comunità, alla Società che ha avuto in te un generoso sostenitore, mancherai alla grande famiglia dell’Azzurro.
Franco Rizzi