Quarantena più difficile per i bimbi plusdotati
Dei bimbi Apc non si parla mai e molti non sanno che esistono. Ma per loro la noia è difficile da gestire

Non è facile la quarantena per i bambini e nemmeno per i genitori. E qualche difficoltà in più la vivono coloro che hanno bimbi speciali.
Ma c’è una categoria di cui non si parla mai, forse anche perché ci sono ancora molti tabù sull’argomento. Parliamo dei cosiddetti plusdotati, bambini che hanno un quoziente intellettivo superiore alla media, che li rende da un lato più «avanti» dei coetanei (fanno ragionamenti complessi per la loro età, spesso imparano a leggere e scrivere prima di andare a scuola e da autodidatti o quasi), ma che presentano anche molte difficoltà, soprattutto a livello emotivo.
Un cervello sempre in movimento
Non è facile per loro perché magari anche se piccoli comprendono questioni complesse (come il coronavirus o la morte) e vivono le preoccupazioni degli adulti, ma senza gli strumenti emotivi per gestire questi pensieri. Perché sono pur sempre bambini (e spesso con comportamenti o reazioni molto infantili). Hanno cervelli sempre in movimento, grande energia (anche corporea) che deve essere incanalata. E che a casa non è sempre facile gestire.
A parlarne Chiara, che tiene il blog www.mammaplusdotata.it e che aiuta i genitori di questi bambini e adolescenti (che sono circa il 2% della popolazione) a relazionarsi meglio e ad aiutare i loro figli. Perché molti arrivano a una valutazione dopo che ci sono stati problemi a scuola, scambiati per iperattività o deficit di attenzione. In questo universo ci sono anche i doppiamente eccezionali, che magari sono anche asperger (il cosiddetto autismo ad alto funzionamento), come uno dei figli di Chiara, Ale che oggi ha 15 anni (l’altra, Ele di 11 è solamente plusdotata).
La testimonianza di Chiara
«Dal 23 febbraio i ragazzi sono a casa da scuola, gestirli in questo periodo così particolare non è facile - spiega Chiara - Per gli Asperger gli imprevisti e gli stravolgimenti della loro routine hanno un impatto emotivo importante, e Ale non è da meno, la sua scuola dopo 76 giorni non ha ancora un orario definitivo e lui ogni giorno deve affrontare un cambiamento di programma e questo vuol dire fare i conti con la rabbia e l’ansia che ovviamente ricade sulla famiglia e principalmente su di me che devo gestirlo e aiutarlo ad elaborare il tutto».
Come accade nelle lezioni «normali» in tempi non di Covid, per molti di questi ragazzi la scuola è spesso noiosa (per molti di loro i concetti trattati sono semplici, ma la loro voglia di approfondire viene fermata) e così finiscono per disturbare o isolarsi. «Ammetto che le lezioni frontali sono molto pesanti perché non lo coinvolgono, e lui si sta spegnendo, la sua testa vola, va oltre e i professori chiedono solo il programma, chiedono che non esca dai binari e questo per lui è molto frustrante», racconta Chiara.
La sua storia è quella di molte famiglie
«Per fortuna che ci sono gli amici che lo stanno aiutando; fino alla fine della terza media era completamente solo, nessuno lo cercava, poi verso dicembre ha iniziato a legarsi ad un paio di compagni. E ora dopo qualche difficoltà iniziale, grazie a Skype si sono potuti risentire e lui, che ha sempre avuto difficoltà nella gestione dei rapporti sociali è migliorato, grazie al rapporto con due/tre compagni, si perché paradossalmente il pc e le videochiamate per lui sono più facili da gestire, deve confrontarsi con poche persone che hanno comunque interessi comuni, usa uno schermo che fa da filtro, le richieste sono molto dirette e ci sono pochi sottintesi ma soprattutto non ci sono stimoli che interferiscono».
Ma la noia, come dicevamo, è grande protagonista per i plus, che devono sempre ragionare, hanno sete di apprendimento e di sfide e che non riescono a stare senza fare nulla. «Ele dal canto suo è stata molto più fortunata, la sua scuola ha un orario definitivo e una piattaforma comune a tutto l’istituto ma la noia la maggior parte delle volte la fa da padrona e così è capitato che inviasse ai professori approfondimenti di argomenti che le interessavano particolarmente, come in scienze quando hanno studiato la cellula - spiega mamma Chiara - oppure quando in arte il professore ha chiesto di rielaborare la Venere di Willendorf lei ha deciso di inviare due progetti uno con le indicazioni del professore e uno seguendo una sua libera interpretazione, in parallelo, legge, fa origami, si inventa nuove forme con il tangram, e sta scrivendo un libro fantasy».
Come sulle montagne russe
In molti penseranno che dietro queste iniziative dei ragazzi potrebbero esserci le richieste dei genitori ma non è così.
Essere genitori di bimbi plus è una sfida continua e snervante e - come dicono le molte famiglie seguite dal LabTalento di Pavia che si occupa di questi ragazzi e che ha valutato anche alcuni brianzoli - è come stare sulle montagne russe. Perché assecondare le loro richieste più essere sfiancante così come gestire le loro «crisi». «Sia io che mio marito lavoriamo in due settori primari che non si sono mai fermati, io mi divido tra ufficio e smart working e tutto quello che fanno i ragazzi lo fanno in autonomia», chiosa Chiara.
Con un patto ben chiaro. «Abbiamo solo fatto una scelta quando Ale aveva 8 anni, ed è quella si tenere la tv spenta tutto il giorno. I nostri figli possono guardarla dopo pranzo per una mezz’ora e mentre preparo la cena e dopo cena, il resto del tempo devono gestirselo. Lo abbiamo fatto perché la psicologa che aveva valutato Ale ci aveva detto che la televisione lo agitava troppo e ci aveva chiesto di provare per vedere se la situazione sarebbe migliorata e così è stato».