Un altro no all’abbattimento del bosco di 25mila metri quadrati sorto spontaneamente sull’area dov’era la caserma IV Novembre, dietro la sede della Provincia, dove il Comune, d’intesa con il Demanio (proprietario dell’area), la Regione e l’Università Bicocca, intende edificare uno studentato.
Trentamila firme
Lo hanno ribadito le rappresentanze dei comitati ambientalisti della città, coordinati da Legambiente, nel presidio di sabato mattina, dopo che in estate sono state raccolte 30mila firme contro l’abbattimento. Una trentina i presenti, tra cui i consiglieri comunali Paolo Piffer (Civicamente Monza) e Massimiliano Longo (Forza Italia) che hanno votato contro la variante al Pgt che prevede il taglio del bosco, approvata a fine luglio in Consiglio comunale. Presente anche l’ex assessora comunale Giada Turato.
Giorgio Majoli, presidente di Legambiente Monza, ha ribadito la posizione delle associazioni partecipanti al presidio: «Lo studentato per gli universitari va bene, ma altrove. Con tutte le aree dismesse che ci sono in città…Pensiamo che una ipotesi valida potrebbe essere il vecchio ospedale, che ha anche una posizione più centrale. E’ vero che qui al Polo istituzionale dovrebbe arrivare la M5, ma non si sa ancora se e quando. In ogni caso questo bosco rappresenta una ricchezza. E’ un bell’esempio di riforestazione urbana contro il cambiamento climatico».
Mauro Mantica, del Comitato San Fruttuoso Bene Comune, ha riassunto, con l’aiuto di fotografie aeree, l’evoluzione dell’area: «Nel 1998 c’era ancora la caserma, con già alcune aree a prato. Nel 2007 l’area era già stata bonificata, non c’erano più pavimentazioni. Nel 2014 s’era già formato il bosco ed è stata costruita la sede della Provincia. Nel 2018 il bosco aveva già una consistenza significativa e nel 2020 era cresciuto in altezza. La sede della Provincia ha le finestre che danno sul bosco: possibile che nessuno l’abbia visto finora?».
Una città cementificata
I promotori del presidio hanno ricordato, a più voci, che Monza è la terza città più inquinata in Italia e la provincia di Monza e Brianza è tra quelle più cementificate.
L’agronomo Alberto Guzzi, già comandante del Corpo Forestale dello Stato per Milano, Lodi e poi Pavia, ha descritto lo stato del bosco: «La copertura boscata appare diffusa sia pur non uniforme. Le piante hanno varie altezze, ci sono anche arbusti e specie erbacee. E’ una formazione boscata molto specializzata, nata spontaneamente, che ha resistito bene alle siccità delle estati 2022 e 2023, garantisce fresco e ombra e resiste bene anche egli eventi meteorici eccezionali. Sono presenti robinie, pioppi tremuli, pioppi bianchi, platani, bagolari, sambuchi e altre specie. Un bosco selvatico, in senso positivo, che ha selezionato le specie più adatte e migliora di anno in anno. L’Europa spinge per mettere più alberi per catturare l’anidride carbonica. Se il soprasuolo cattura dieci, il suolo cattura tre volte tanto».
Le compensazioni
Il Consiglio comunale ha dato il via libera all’abbattimento: «La legge -ha proseguito Guzzi- consente la compensazione dei boschi abbattuti con rimboschimenti, anche in altri Comuni, da 2 a 5 volte la superficie abbattuta. Per i valori di Monza direi che la compensazione dovrebbe essere 3. Ma non c’è la garanzia che il nuovo verde cresca bene e in salute come questo. Per di più potrebbe essere fatto in un altro Comune. Peraltro le compensazioni costano in media 20mila euro ogni 10mila metri quadrati, più l’obbligo di cure culturali per tre anni. Qui calcolerei 150mila euro di spesa, più altri 150mila euro l’anno di manutenzione».
In una lettera di giugno a Legambiente, la Regione (uno degli attori dell’accordo) ha ribadito la tutela del bosco. Come spiegato in passato dall’assessore all’Urbanistica Marco Lamperti (che peraltro in un primo tempo aveva definito il bosco solo un insieme di robinie infestanti, salvo poi ritrattare), in assenza del Piano di indirizzo forestale regionale (in fase di redazione) il vincolo forestale è automatico. «Se e quando ci sarà il Piano, quello sarà definito “bosco” e la situazione sarà la medesima di oggi, quindi servirà l’autorizzazione dell’Ufficio territoriale regionale per la trasformazione con eventuali compensazioni. Niente che sia ostativo rispetto alla variante o all’insediamento dello studentato. Ricordo che di una buona porzione di quel bosco è già stato autorizzato l’abbattimento dentro la procedura di Paur di M5 dello scorso anno (circa 1/4 dell’intera area, quella più arbustiva)».
«Ciò che la legge consente, purtroppo -ha chiosato sabato Piffer- non sempre rappresenta il meglio». Da parte sua Longo ha ribadito: «Qui ci sono piante di 15-20 metri d’altezza. Abbatterle sarebbe grave. Monza ha tante altre aree che potrebbero ospitare lo studentato. Peraltro finché qui non arriverà M5, questo luogo sarà isolato. Il progetto dello studentato è di 2-3 anni fa, quando il bosco era già rigoglioso».