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«A New York per mio marito»

La medese Laura Giorgetti e l’obiettivo raggiunto a 60 anni: «La corsa mi ha aiutata a superare la perdita»

«A New York per mio marito»
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«Nel 2018 ho perso mio marito ed è iniziato un periodo della mia vita davvero difficile. Ho sempre avuto tanti interessi, fra cui lo sport, ma la corsa non è mai stata nelle mie corde. Finché, nel 2021, non ho iniziato a correre con l’obiettivo di partecipare proprio alla maratona di New York. Oggi quasi mi pento di non aver iniziato prima, perché mi ha aperto un mondo di persone speciali. Ci sono tragedie che ti segnano nel profondo e trovare qualcosa che ti soddisfi è fondamentale. Per me è stata la corsa». Un’esperienza incredibile è sicuramente quella che ha vissuto la medese Laura Giorgetti, che per i suoi 60 anni si è regalata la partecipazione a quella che è la maratona per eccellenza e la più partecipata al mondo, oltre che la più affascinante sotto ogni punto di vista.

«A New York per mio marito»

«Ho capito perché la maratona di New York è l’emblema della maratona - spiega - C’è un tifo da stadio a ogni chilometro: bande, orchestre, cori, in quella mattinata la città si ferma per noi». Giorgetti ha corso 42 chilometri e 195 metri in tre ore, 54 minuti e 10 secondi, che l’hanno portata al 47esimo posto su 708 donne nella categoria da 60 a 64 anni e, restringendo il campo alle sole italiane della sua età, è arrivata addirittura seconda su 47.

«Faccio parte dei Runners Desio ed eravamo in 16 a correre - prosegue -Il percorso è davvero duro ma bellissimo, perché attraversa i 5 distretti di New York, anche se la salita finale di Central park ti spacca le gambe. Per fortuna subito dopo ti consegnano la medaglia e dimentichi tutto».

La soddisfazione di tagliare il traguardo però non ha eguali:

«La sveglia è suonata alle 4 e mezza con alle spalle 8 ore di volo e un giorno in giro a piedi - racconta - Poi il trasporto verso la partenza è lunghissimo e abbiamo iniziato a correre alle 10, fra ponti, salite e curve. Almeno i ristori erano tanti e abbondanti, poi il tifo fa la differenza. Intorno al 30esimo chilometro mi son detta: “Basta maratone”; poi alla fine, come sempre, inizio a pensare quando ne faccio un’altra». La maratona è un giorno talmente speciale per la Grande Mela che non finisce quando l’ultimo partecipante taglia il traguardo, ma continua anche nei giorni successivi. «La cosa davvero bella è che il giorno dopo vai in giro per la città con la medaglia al collo e tutti i newyorchesi ti dicono “Congratulations” con due pollici ben alzati», continua la medese.

Correre è un’attività sportiva adatta sostanzialmente a tutti, ma il solo pensiero di mettere un piede davanti all’altro per quasi quattro ore e 42 chilometri spaventa molto: «Io ero una di quelle che proprio diceva che non ce l’avrebbe mai fatta e invece è solo questione di allenamento - afferma - Me l’ha detto la mia amica Marta Ceriani quando ho iniziato ed è vero. Non voglio risultare banale: servono passione, sacrificio e dedizione, perché senza forza di volontà non vai da nessuna parte e, soprattutto tempo per allenarsi, ma tutti ce la possono fare». Infine, «bisogna sempre ricordarsi il motto di tutti i maratoneti: 30 chilometri li fai con le gambe, 10 con la testa, 2 con il cuore e gli ultimi 195 metri con le lacrime», conclude.

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