La storia

Anna come Enea: 70 anni fa sulla ruota, ora cerca la mamma

La monzese fu adottata e ora scrive al bambino: "Il regalo più bello la vita"

Anna come Enea: 70 anni fa sulla ruota, ora cerca la mamma
Pubblicato:

La monzese Annina Pennati 70 anni fa fu affidata alla ruota come Enea a Pasqua e per questo ha scritto una lettera  a quel bambino, raccontando la sua storia: «Non mi sono mai sentita abbandonata, ma sempre amata, però avrei tanto voluto conoscere chi mi ha dato la vita, ecco perché non ho potuto».

La storia di Annina

Stringe tra le mani una vecchia fotografia in bianco e nero e per un attimo i suoi bellissimi occhi scuri si velano di commozione nel rivelare che è la prima che le fu scattata quand’era bambina.

Aveva sei mesi, non ne ha nessuna di prima, perché sebbene nata a luglio, venne portata a casa solo a Natale, come il regalo più prezioso di quell’anno, nel 1953. Anna Pennati, monzese, per tutti «Annina», ebbe lo stesso destino di Enea, lasciato dalla sua mamma in una culla per la vita a Milano il giorno di Pasqua, la cui vicenda due settimane fa è stata particolarmente dibattuta in Italia.

Oggi Anna ha solo qualche indizio e tanta curiosità di scoprire se ha qualche parente ancora in vita da qualche parte e di poter portare un fiore sulla tomba di chi l’ha messa al mondo. «Anche se la figlia naturale della mia mamma adottiva, Stefania, sarà sempre la mia sorella numero 1 e nessuno la sostituirà nel mio cuore», specifica. Così come Annina è sempre stata legatissima ai genitori e alla nonna che la scelsero tra decine di altri bambini paffutelli e che la crebbero come figlia loro.

L’analogia con Enea

Nemmeno Annina è rimasta indifferente quando sui giornali ne ha letto la storia, ma per un motivo molto diverso. Nessun giudizio o commento, come pure molti hanno fatto, anzi. «Settant’anni fa sulla ruota c’ero io, come la mamma di Enea anche la mia mi fece il regalo più bello: la vita.

Ecco la lettera di Annina ad Enea:

Sono nata a Milano il 5 luglio del 1953 da una donna che non consente di essere nominata. Mi ha partorita in via Macedonio Melloni dandomi il nome di Anna. Non mi ha buttata in un cassonetto oppure abortito, ma ha fatto il regalo più meraviglioso del mondo lasciando che altre mani e altri cuori prendessero cura di me. Ho avuto grazie alla sua generosità una famiglia strepitosa. Ho sempre pensato al suo grande dolore ma non mi sono MAI SENTITA ABBANDONATA. Al contrario TANTO AMATA. L’ho sempre pensata nella preghiera della sera con i miei genitori che mi hanno rivelato la mia storia di questa donna stupenda che mi ha dato la vita».

Per questo ho voluto scrivergli una lettera, per dirgli che mai si deve sentire abbandonato, ma sempre amato. Sua mamma con dolore lo ha affidato ad altre mani ed altri cuori, come ha fatto la mia, perché se ne prendessero cura. E io mi sento come una sorellona maggiore per lui».
Una storia inedita quella di Anna che non tutti gli amici conoscono e che ha voluto rivelare in questi giorni, cercando anche un aiuto.

L’appello per cercare le sue origini

«Da sempre il mio desiderio è sapere da dove vengo, eppure la burocrazia in Italia non me l’ha mai permesso, so solo che mia mamma naturale si chiamava Amabile, era nata agli inizi di primavera del 1932 in un paesino di poche anime nella Bergamasca e che a soli 21 anni venne a Milano a partorirmi. Chissà se a qualcuno questa storia dirà qualcosa e può aiutarmi a scoprire chi fosse».

Anna ci prova da anni a trovarla, ma finora il suo desiderio si è sempre scontrato con la legge italica. «Ho inoltrato quattro anni fa la domanda per la curiosità di capire le mie origini, negli anni mi fu sempre negato, dicevano che avevo una vita meravigliosa, si stupivano di perché lo volessi sapere. E’ vero sono stata fortunatissima, la mia famiglia mi ha sempre amato moltissimo e io ho amato i miei genitori, ma la ricerca di chi sei è qualcosa che hai dentro e che non passa con l’età, anzi si fa più acuta quando hai figli tuoi. Io ne ho due: Nicola Maria e Benedetta e a volte di questa cosa parliamo e ci scherziamo su», rivela.

Purtroppo quando finalmente la pratica è stata sbloccata, con qualche lungaggine per il periodo Covid, le è stato risposto dai giudici che nel frattempo nel 2017 la sua mamma biologica era deceduta e quindi senza il suo permesso non le avrebbero potuto rivelare nulla.

La storia dell’adozione

«Mamma aveva avuto diversi aborti e così papà la convinse ad adottare. Le pratiche non erano lunghe e complesse come oggi (e anzi andrebbero snellite, no alla speculazione: i bambini stanno meglio in famiglia che negli orfanotrofi) - racconta Anna - Allora vivevano a Lissone e andarono in via Macedonio Melloni a Milano. Una volta arrivati tra quelle culle piene di bambini senza famiglia non seppero che fare. Fu la mia nonna Maria Bambina, socialista e piena di grinta a vedermi. Ci scambiammo uno sguardo e lei disse in dialetto: te la chi, l’è lé. Mi ha scelta e mi ha accolta e così il cognome Roncagli che mi misero fu cancellato e diventai una Pennati».
Annina ebbe anche la gioia di avere una sorella. Sette anni dopo, a 42 anni, la sua mamma restò incredibilmente incinta in modo naturale e arrivò Stefania.

Sempre piena di energia e voglia di vivere, Annina festeggia sempre in grande stile il suo compleanno. Prima commerciante (aveva un negozio di oggettistica in via Carlo Porta), appassionata di teatro e attivissima nel volontariato, si è distinta anche durante la rievocazione storica interpretando la Matta Tapina, strega vestita di stracci. Ogni 5 luglio il suo compleanno diventa l’ennesima celebrazione del «dono» di chi l’ha messa al mondo e grata di quello che ha avuto invita centinaia di persone a mangiare, ballare e divertirsi con lei e la sua bellissima famiglia in cambio non di un regalo, ma di una donazione.
Anche quest’anno l’appuntamento il 17 giugno all’oratorio del Duomo con i tanti amici sarà l’occasione di raccogliere fondi per l’Unitalsi.

L’inno alla vita

Insomma, di tutta questa felicità, Annina vuole sempre farci qualcosa di bello e a chi è stato adottato, dice: «Trovate la vostra strada e mai sentitevi abbandonati, ma sempre e solo amati». Anche a lei capitò la fase dei commenti cattivi del paese.
«Avevo 6 anni, sentii qualcuno dire che i miei mi amavano come fossi figlia loro, inizialmente non capii e tornai a casa per chiedere a mia mamma se mi volessero bene e lei capì subito - racconta Annina - Mi fece sedere sulle sue gambe e mi disse che io non ero nata dalla sua pancia, ma dal suo cuore. Mi mise la mano sul petto e sentii tutto il suo amore. La gente sa essere cattiva, ma io fui orgogliosa di questa cosa, della mia storia. La vorrei anche raccontare in un libro, chissà magari un giorno lo farò».

Seguici sui nostri canali
Necrologie