Monza

Caro energia, alcuni stabili rischiano di restare al freddo

Anaci (l’associazione amministratori di condominio) solleva un problema reale: dal 2021 quadruplicati i costi dell’energia. Il 15 ottobre non tutti potranno quindi vedere i riscaldamenti partire come gli anni scorsi...

Caro energia, alcuni stabili rischiano di restare al freddo
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I costi per gas ed elettricità raddoppiati nel 2022 rispetto al 2021 subiranno un ulteriore aumento che porterà le bollette di luce e gas a quadruplicare rispetto a soli due anni fa. Insomma se un condominio medio nel 2021 spendeva 20mila euro di energia, nel 2022 ne ha spesi 40mila e nel 2023 ne arriverà a spendere fino a 80mila.

Caro energia, alcuni stabili rischiano di restare al freddo

Una situazione che inevitabilmente si ripercuoterà su tutte le famiglie e che in modo particolare avrà i suoi effetti preoccupanti sui condomìni. l problemi del caro energia e degli incentivi sulla filiera immobiliare, infatti, stanno crescendo. E con la riaccensione dei riscaldamenti prevista per metà ottobre, non avendo completato i pagamenti entro il mese di settembre alcuni stabili potrebbero restare al freddo….
A lanciare l’allarme anche in città è stato Anaci Mb, l’associazione che raggruppa gli amministratori di condominio, per bocca del suo presidente Marco Bonato.

«Il problema purtroppo è molto concreto e reale: se non saldiamo la stagione termica precedente, non verrà erogata quella nuova - ha spiegato - Finora eravamo sempre riusciti a pagare tutto, ma ora con il caro energetico nemmeno le rate straordinarie di spese condominiali emesse bastano più a coprire i rincari il che significa il rischio in alcuni stabili magari in zone periferiche e con residenti più fragili che il riscaldamento non parta proprio. Senza contare quale sarà la ricaduta sociale sulle famiglie dal momento che molti potrebbero non riuscire a far fronte agli aumenti e gli erogatori hanno già inviato preavvisi di distacco perché nemmeno loro sono in grado di anticipare i costi».

Le possibili soluzioni

Spiega il problema, ma propone anche delle soluzioni. «Basterebbero piccoli accorgimenti per tamponare il problema e come Anaci abbiamo mandato una lettera al Presidente del Consiglio dei Ministri a nome degli 8mila iscritti presenti in tutte le province italiane facendo riferimento ai due problemi principali», argomenta ancora Bonato.
Problemi che riguardano 40 milioni di italiani che vivono in un condominio e che sono da una parte le bollette con l’incombere dei distacchi a causa delle morosità e la possibilità economica di non poter far fronte ai rincari, soprattutto del gas e dell’energia elettrica, ma i costi dell’acqua seguiranno con analoga preoccupazione (perché serve energia anche per spingere l’acqua nella rete).
Per quanto riguarda le bollette la proposta di Anaci per ridimensionare almeno in piccola parte il problema è semplice: il Governo con decreti o norme specifiche, finché dura l’emergenza, deve intervenire con regole e sanzioni sulle temperature degli impianti condominiali dei riscaldamenti centralizzati e sulle ore di servizio degli stessi impianti.

«Basterebbe ridurre almeno di 2 gradi sul riscaldamento portando da 20 gradi con il margine più o meno due gradi a 18 più o meno due gradi perché oggi per legge il condomino più sfavorito deve avere garantito se lo chiede almeno 22 gradi e basterebbe portare il limite a 20 - aggiunge Bonato - Allo stesso tempo si potrebbero ridurre le ore complessive giornaliere del servizio centralizzato da 14 a 12 al fine di ridurne i consumi oltre all’emissione di CO2 e gas nocivi, rispettando così anche gli standard europei. Si potrebbe considerare poi provvedimenti virtuosi anche per l’uso della illuminazione ed efficientare impianti e servizi: ascensori, illuminazione scale e parti comuni nonché tutti gli sprechi evitabili. Solo così si ridurrebbero le spese del 15%».

Incentivi fiscali bloccati

C’è un ulteriore disagio che ha complicato la vita dei condomini (e non solo). «Anaci è molto preoccupata della situazione dei bonus fiscali per l’efficientamento delle nostre case e della migliore sicurezza statica, ma il Bonus ha cambiato pelle continuamente per 19 volte e questa confusione ha fatto sì che su 8 milioni di richieste solo 200mila cantieri sono partiti», aggiunge Bonato. Da qui gli amministratori hanno avanzato la richiesta di un drastico intervento sulla cessione del credito, un vero e proprio cambio di rotta rispetto al passato, attraverso una importante deregulation delle procedure bancarie. E ancora: «Subito un tavolo con tutte le forze che lavorano che settore casa/condominio, per stabilire regole certe efficaci che consentano subito di risparmiare e non sprecare energia per poter contenere con serenità i gravi aumenti insostenibili per i cittadini italiani».

Bollette da urlo, sarà un’ecatombe

L’onere (in questo caso nel vero senso della parola, purtroppo) e l’onore di essere la «locomotiva d’Italia». L’incredibile aumento dei costi dell’energia ha colpito duramente soprattutto in Lombardia, la regione dove le bollette nel corso di questi primi otto mesi del 2022 hanno raggiunto i livelli più alti per quanto riguarda gli importi.

E ad accorgersene non sono state solo le famiglie, impegnate nel far quadrare i conti di casa, ma anche le aziende. Ne sa qualcosa la Confartigianato di Milano e Monza Brianza, che ha lanciato un vero grido d’allarme. E d’aiuto, rivolto al Governo. Perché è necessario intervenire subito, per evitare che salti il banco e che si creino condizioni di crisi ben peggiori di quelle provocate dall’emergenza sanitaria.

Da settembre 2021 a oggi, le micro e piccole imprese hanno pagato per l’energia elettrica 21,1 miliardi in più rispetto all’anno precedente. E alla stangata rischia di sommarsi una batosta senza precedenti, che potrebbe tramutarsi nel canto del cigno per molti imprenditori. Se nei prossimi quattro mesi del 2022 i prezzi dell’elettricità non dovessero scendere, l’associazione di categoria ha calcolato che i maggiori costi per le Pmi salirebbero a 42,2 miliardi in più rispetto al 2021. Numeri davvero da paura.

A livello territoriale, i maggiori oneri (pari a 4,3 miliardi di euro) li hanno subiti gli imprenditori della Lombardia. I settori più colpiti sono quelli del vetro, della ceramica, del cemento, della carta, della metallurgia, della chimica, del tessile, della gomma-plastica e l’alimentare.
In Italia la velocità di crescita dei prezzi al consumo dell’energia elettrica è decisamente più elevata rispetto a quanto avviene nell’Unione europea. A luglio 2022, infatti, nel nostro Paese il prezzo dell’elettricità è cresciuto dell’85,3% rispetto a dodici mesi prima, a fronte del +35,4% della media dell’Eurozona e, in particolare, del 18,1% della Germania e del 8,2% della Francia.

«La situazione è insostenibile - hanno detto senza giri di parole da Confartigianato - Tra le nostre aziende si moltiplicano i casi di lockdown energetico e molti imprenditori rischiano la chiusura. Servono interventi immediati e altrettanto rapide riforme strutturali per riportare i prezzi dell’energia sotto controllo e scongiurare un’ecatombe di imprese e una crisi senza precedenti».
Azzeramento degli oneri generali di sistema, proroga del credito d’imposta sui costi per le imprese non energivore e non gasivore, tetto europeo al prezzo del gas e recupero del gettito calcolato sugli extraprofitti. Parallelamente andrebbero sostenuti gli investimenti in energie rinnovabili e la diversificazione delle fonti di approvvigionamento, incrementando l’autoproduzione. Tra gli interventi sollecitati c’è anche la riforma della tassazione dell’energia, che oggi tocca il 51% della bolletta e penalizza con maggiori oneri proprio le piccole imprese. Il tutto «in barba al principio “chi inquina paga”», hanno concluso dall’associazione.

Allarme anche per i costi lievitati in piscina. La «Pia Grande» naviga in acque... agitate

Le incertezze sono molte e le difficoltà non mancano e in vista dell’emergenza del caro-energia anche il destino dell’impianto natatorio della Pia Grande a Monza è tutt’altro che definito.
Coloro che si sono rivolti in questi giorni al centro di via Murri per avere informazioni sul nuoto libero si sono sentiti rispondere che gli orari sarebbero stati comunicati settimana per settimana e che al momento il planning dei corsi non era ancora disponibile.
Immediata sui social è esplosa la preoccupazione degli utenti.

«L’impianto è aperto ma a chi chiede per i corsi arrivano risposte sibilline perché il futuro è incerto - ha confermato anche il consigliere comunale leghista Simone Villa - Insomma è il non detto che preoccupa, c’è stato il problema del Covid che ha massacrato il settore sportivo, ora la guerra e i rincari energetici hanno acutizzato la situazione soprattutto per le piscine che sono tra gli impianti più energivori. A fronte di spese raddoppiate, era ovvio attendersi che il problema esplodesse. Auspico che col primo Consiglio comunale la Giunta sia pronta a dare risposte, perché le stagioni sportive partono dai primi di settembre e la piscina è frequentata da centinaia di anziani, dalle scuole e dai ragazzi che fanno attività agonistica nonché dai portatori di handicap. Poi c’è il nuoto sincronizzato, la pallanuoto, il Sub, insomma tanti aspettano risposte e rassicurazioni».

In questo senso a cercare di sgonfiare il caso è stato lo stesso vicesindaco Egidio Longoni che assieme al sindaco Paolo Pilotto ha rassicurato i monzesi: «La piscina Pia Grande non chiuderà. Con l'assessore allo Sport stiamo mettendo in campo tutte le iniziative utili a far ripartire la stagione di nuoto. La crisi energetica sta mettendo tutti e anche l'Amministrazione comunale in seria difficoltà ma l'impianto non verrà chiuso».
Dal canto suo il Municipio ha inviato una missiva al gestore chiedendo di non interrompere l’erogazione del servizio pubblico (e infatti ieri, lunedì, la piscina era regolarmente aperta). «Troveremo se è necessario delle soluzioni alternative, ma l’intenzione è sempre garantire il servizio - hanno ribadito Longoni e Pilotto - Siamo già venuti incontro al gestore per 165mila euro per esigenze pregresse perché ne comprendiamo le difficoltà. Abbiamo chiesto anche a fronte dei problemi che ci sono di garantire il nuoto libero e l’utilizzo dell’impianto alle società che da tempo lì vi svolgono le loro attività sportive. Il Comune sta facendo la sua parte». I timori per il futuro, però, restano. «Abbiamo trovato un gestore serio e apprezzato, facciamo l’impossibile per non perderlo. Abbiamo già visto in passato cosa può accadere altrimenti...», ha messo in chiaro Villa.

Alberto Grimoldi del Gis Milano, gestore dell’impianto da ormai cinque anni, dal canto suo intanto prende tempo: «Siamo in attesa di risposte dal Comune, c’è stato già un incontro e siamo fiduciosi che se accolgono le nostre richieste si possa andare avanti. Il nodo dei rincari energetici è una realtà, bisogna capire quindi come si può proseguire e con quali modalità perché questa deriva non era immaginabile qualche anno fa - ha spiegato Grimoldi - Finora abbiamo attuato l’orario ridotto come a luglio perché ad agosto non c’era nessuno a Monza, abbiamo fatto 100 ingressi a settimana e fino ai primi di settembre non era ancora ripartito il normale afflusso di persone. Il Comune ci ha imposto l’apertura l’ultima di agosto e lo abbiamo fatto, ma con la riduzione di orario, ora vediamo come proseguire».

Insomma, se alla Pia Grande «si vive alla giornata», il problema del rincaro energetico toccherà tutti gli impianti e le palestre comunali.

Longoni ha già messo la testa sul problema: «Nel 2019 le spese energetiche per il Comune ammontavano a 7 milioni di euro e ora si va verso i 12 milioni. Dovremo intervenire in modo importante, aprendo subito un ragionamento su palestre, scuole e su quali buone azioni di risparmio energetico si possano mettere in atto perché è ovvio che l’accesso al servizio non sarà il medesimo degli anni passati - ha chiosato Longoni - A lungo termine va messo in atto un ragionamento sull’efficientamento energetico degli edifici comunali anche grazie ai fondi del Pnrr, com la modalità del project financing o con appalti mirati perché è questo il futuro sostenibile».

Frigo e condizionatori, spese fisse alle stelle

Un piccolo supermercato di quartiere a Monza dove lo scontrino medio non supera i 15 euro. Un’attività pensata per gli anziani, per le persone con difficoltà di deambulazione, per coloro che magari hanno bisogno con urgenza di qualcosa da acquistare al volo e scendono da casa per prenderlo. Una gastronomia con prodotti pronti da mangiare, la gentilezza e la disponibilità di personale abituato a vedere le solite facce. Una realtà messa duramente a rischio dall’impennata dei costi dell’energia, come ha raccontato il titolare, l’imprenditore melzese Federico Moizo che gestisce il market di via Carlo Rota 60.

«A luglio 2021 avevo pagato per la corrente elettrica 4.900 euro, lo scorso mese il conto è quasi triplicato raggiungendo quota 12mila - ha spiegato con bollette alla mano - Come supermercato abbiamo consumi fissi, come l’energia elettrica per tenere attivi 24 ore su 24 i frigoriferi o il condizionatore per tenere una temperatura adeguata all’interno dei locali ed evitare che gli elettrodomestici si surriscaldino e vadano in blocco. Certo, se ne potrebbero acquistare in classe energetica più alta, ma bisognerebbe investire diverse decine di migliaia di euro a fronte di un risparmio dilazionato nel tempo».

Impennata dei costi che non possono certo essere riversati sui clienti. «Non posso triplicare il prezzo dei prodotti allontanando la clientela e anche inserire un “balzello” nello scontrino per i rincari dell’energia non penso sia fattibile - ha proseguito - Inoltre l’incremento non sarebbe proporzionale alla crescita dei costi dei consumi: se questo è il trend a fine anno mi troverò a dover pagare decine di migliaia di euro in più. Cosa posso fare? Si arriva sul punto di essere costretti a scegliere se pagare le bollette o gli stipendi del personale».
Le misure di sostegno messe in campo dal Governo sino ad adesso non danno garanzie (al momento c’è una ristoro del 15% in credito di imposta sull’aumento in bolletta rispetto al 2021) e il rischio è che questa situazione vada a pesare sulle spalle di tutti i contribuenti. «I gestori del libero mercato a fronte delle insolvenze fanno un passo indietro e ci si ritrova tutti nel mercato di salvaguardia. Questo fa sì che i costi crescano anche per lo Stato, per non parlare del problema legato all’insolvenza».

E anche la rateizzazione delle bollette non può essere ritenuta una soluzione, «perché non fa altro che spostare più avanti nel tempo il problema - come ha spiegato Moizo - E’ necessario un intervento concreto, eliminando le imposte o le accise. A oggi anche ipotizzando un margine di guadagno pari a zero, il rischio è ricavare meno di quanto si spende in costi fissi. Per non parlare del problema liquidità». Con lo spauracchio sempre più tangibile per tante piccole attività di essere costrette ad abbassare le saracinesche, definitivamente o provvisoriamente in attesa che l’impennata dei costi dell’energia torni sotto controllo.

Brambilla «Serve un vaccino per sopravvivere»

«La scienza e la ricerca scientifica sono riuscite, anche velocemente, ad arginare l’emergenza Covid: per quanto riguarda invece questa crisi, che è figlia di una ingente speculazione incentrata sulle materie prime, c’è paura e incertezza perché un “vaccino” immediato non esiste. L’ansia serpeggia tra gli imprenditori, che non riescono a intravedere soluzioni a portata di mano». Lo scenario che il segretario generale di Confartigianato Milano e Monza Brianza Enrico Brambilla intravede non è affatto roseo. A subire maggiormente i contraccolpi dei rialzi delle bollette sono soprattutto le piccole imprese, che non riescono ad assorbire internamente gli aumenti o a trasferirli sul consumatore finale del prodotto.

«Si moltiplicano gli associati e gli imprenditori che ammettono anche davanti ai miei occhi che nei prossimi mesi, se non dovesse accadere nulla, non sarebbero in condizione di proseguire con le loro attività - ha proseguito - Si domandano “Ma chi me lo fa fare?”. Il rischio concreto che questo possa effettivamente avvenire su vasta scala c’è. Ecco perché servono misure shock immediate. È giusto e doveroso avviare ragionamenti di medio e lungo periodo, come quelli sulla differenziazione delle fonti di approvvigionamento o sulle energie rinnovabili. Ma l’esigenza dell’oggi e del domani è sopravvivere. Come il Governo si è mostrato pronto per arginare i contraccolpi del lockdown Covid, così deve fare altrettanto adesso, con aiuti e provvedimenti per contrastare un’altra emergenza che non affonda le radici nell’ambito sanitario. Bensì come detto nella speculazione sfrenata, che cavalca le minacce russe di “chiudere i rubinetti del gas”».

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