Case di Comunità, l'allarme del Pd: «In forte ritardo e nessuna ha tutti i servizi previsti»
Nel 2026 scadono i fondi del Pnrr e il rischio è che Regione Lombardia perda i finanziamenti

A meno di un anno dalla scadenza entro la quale, qualora non venissero realizzate e attivate, si dovranno restituire i fondi del Pnrr, non solo non tutte le Case di Comunità sono state realizzate, ma ben poche di quelle attivate posseggono tutti i requisiti obbligatori previsti per legge.
Case di Comunità, l'allarme del Pd
Uno scenario che preoccupa il Partito Democratico che, partendo dall’invio di 140 accessi agli atti alla Direzione generale welfare (nei quali sono stati chiesti i dettagli dei singoli servizi attivi e degli orari di copertura giornaliera) ha elaborato un report sullo stato di «salute» dei presidi sanitari.
In Lombardia il 96 percento delle Case di Comunità, emerge dalla documentazione raccolta dai Democratici, o non è stato realizzato o non risponde ai criteri richiesti dal Ministero. Il 34 percento dei presidi previsti non è ancora stato aperto (come a Monza, le due strutture di via Luca della Robbia e Buonarroti) e tra quelli attivi, nove su dieci non hanno la copertura prevista di medici di medicina generale o di infermieri.
La situazione in Brianza
Se si osserva nel dettaglio la situazione della provincia di Monza e Brianza, emerge come delle 17 strutture sanitarie programmate ne siano state attivate solo 13. In nessuna di queste ultime, emerge ancora dal rapporto del Partito Democratico, c’è un medico di medicina generale presente 24 ore su 24, per sette giorni su sette, e nessuna può contare sulla presenza degli infermieri 12 ore al giorno per sette giorni su sette.
In tre ambulatori, inoltre, non è presente alcun servizio diagnostico e, dove è stato attivato, lo è solo per una media di 11 ore e 16 minuti alla settimana.
I punti prelievi sono attivi in media 10 ore e 12 minuti la settimana, con una media giornaliera (su 5 giorni) di due ore.
«Rischiamo di perdere i fondi»
Una situazione, si diceva, che preoccupa i rappresentanti provinciali del Pd.
«Sia a livello regionale che provinciale stiamo rilevando dei consistenti ritardi sull’implementazione di questo servizio di sanità territoriale che noi riteniamo fondamentale - ha spiegato il Segretario provinciale del Pd di Monza e Brianza Lorenzo Sala - In Brianza sono attive 13 Case di Comunità su 17 previste e in nessuna di queste i servizi che la legge prevede sono attivi al cento per cento. Tutto ciò ci dice che siamo in grave ritardo e racconta purtroppo molto bene quella che ormai da anni sembra essere l’idea di sanità che ha Regione Lombardia».
I presidi sanitari comunitari sul territorio, «anche in virtù di quello che abbiamo visto dopo il Covid, devono essere centrali». Il punto, suggerisce ancora il segretario, è: «Quanto ci crede davvero Regione Lombardia a questo modello? Perché non si tratta unicamente di poli sanitari, ma rappresentano anche un presidio di democrazia. Alle Case di comunità si rivolgono quelle persone che non possono permettersi di pagare per poter accedere a delle prestazioni ambulatoriali o a delle visite. Noi teniamo molto al sistema universalistico della salute e difendiamo questo sistema che Regione Lombardia sta mettendo in crisi. Purtroppo, però, sono sempre più le spese mediche private che i cittadini lombardi sostengono e sempre meno i servizi pubblici erogati che presentino anche tempi congrui di accesso».
Un altro aspetto che Sala ha voluto mettere in risalto è il ruolo dei sindaci e delle Amministrazioni comunali. «Anni fa erano davvero coinvolti, anche nell’approvazione dei bilanci di quelle che erano le Usl di una volta - ha commentato - Oggi siamo passati a un ruolo sempre più marginale. Noi pensiamo che anche questo sia sbagliato. Serve una politica che investa davvero nella medicina di territorio e non coi ritardi che Regione Lombardia sta accumulando. Significa implementare le Case di Comunità attraverso medici e infermieri che a oggi sono troppi pochi, attraverso esami specialistici che a oggi, anche in questo caso, sono insufficienti e tornando a garantire un ruolo attivo per chi come sindaci e assessori sono chiamati a costruire un modello socio sanitario integrato ed efficiente per garantire un accesso a tutti, indipendentemente dalle possibilità economiche». E conclude: «In ogni angolo di questa regione ci sono ritardi nelle Case di comunità. A giugno 2026 scadono i fondi del Pnrr e il rischio che Regione Lombardia perda i finanziamenti è molto alto».
«Serve personale specialistico»
Puntare al reclutamento di figure professionali da inserire nelle Case di Comunità per andare ad alleggerire la pressione sugli ospedale (e ad assottigliare le ormai infinite liste d’attesa) è un altro aspetto su cui, secondo il Responsabile provinciale della sanità Pd Ivano Riva, di professione Medico Anestesista Rianimatore dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, Regione Lombardia deve puntare. «E’ fondamentale avere una medicina del territorio che funzioni - ha rimarcato Riva - Abbiamo visto, e da medico ospedaliero lo vedo tutti i giorni, un sovraccarico degli ospedali che non è più gestibile e ciò provoca un ulteriore allungamento delle liste d’attesa che in Lombardia sono ormai fuori controllo, così come ha certificato anche l’assessore al Welfare Bertolaso».
Questo, spiega ancora, nonostante il decreto Liste d’attesa, «che è sostanzialmente un decreto vuoto perché non mette risorse aggiuntive, né personale in più. E le liste d’attesa non si possono ridurre se non andando a incrementare la presenza di personale». Le Case di Comunità, rimarca Ivano Riva, funzioneranno solo se ci sarà un’adeguata presenza di medici e infermieri. «Purtroppo però in Italia siamo carenti di figure specialistiche ormai da anni - ha aggiunto - E ciò vale anche per i medici di medicina generale, che sono pochi a causa di una sbagliata programmazione dell’ultimo decennio: non sono state previste sostituzioni per i dottori che vanno in pensione e ci sono migliaia di cittadini lombardi che sono senza medico di base e devono rivolgersi al pronto soccorso, sovraccaricandolo. Non dimentichiamoci che nei Ps il 70 per cento degli accessi riguarda codici verdi e bianchi che potrebbero essere gestiti diversamente, ovvero fuori dagli ospedali». Finché non verrà trovato un accordo con i medici di medicina generale sulla loro presenza ventiquattr’ore si ventiquattro nelle Case di Comunità, «queste resteranno delle scatole vuote, semplici poliambulatori e non luoghi in cui, come dovrebbero essere, il cittadino entra e viene accompagnato in tutte le sue necessità», ha concluso.