Niente urne tenute in casa e niente dispersione in natura delle ceneri dei propri cari. I vescovi lombardi tornano a parlare di morte, cremazione e memoria dei defunti, richiamando i fedeli a non «privatizzare» il lutto.
Le linee guida della Chiesa
Con il documento «Credo la risurrezione della carne e la vita eterna. Indicazioni liturgiche e pastorali circa le prassi post cremazione», diffuso in occasione della Solennità di Ognissanti e firmato dall’arcivescovo di Milano Mario Delpini insieme ai vescovi delle diocesi lombarde, la Conferenza Episcopale Lombarda ha fissato nuove linee guida sulla conservazione delle ceneri dopo la cremazione valide per i fedeli cattolici. Vale specificare che per la legge italiana, invece, l’urna si può conservare (rispettando alcune norme igieniche) e la dispersione delle ceneri può avvenire in aree apposite, in montagna o in natura ed è vietata solo nei centri urbani, nei giardini privati o in luoghi pubblici non autorizzati.
«Se l’urna delle ceneri non è deposta in un luogo in cui la comunità prega per i suoi morti, come si potranno ricordare i defunti?», scrivono i vescovi, denunciando la «tendenza individualistica» che porta sempre più persone a gestire la morte come fatto privato.
C’è da dire che a Monza il trend delle cremazioni è in aumento e nei prossimi anni arriverà al 50%, portando la nostra città ad essere una di quelle in Lombardia in cui si ricorre maggiormente a questa pratica funebre rispetto alla sepoltura nella terra (con un dato ben più alto della media nazionale).
La Chiesa ribadisce però la preferenza per la sepoltura del corpo, «segno della fede nella risurrezione» (si legge nel documento), ma ancora una volta come già aveva fatto due anni fa, non esclude la cremazione «se non motivata da ragioni contrarie alla dottrina cristiana». Tuttavia, le ceneri devono essere conservate in luoghi idonei alla preghiera e alla memoria comunitaria, come il cimitero o spazi ecclesiali appositamente approvati.
«Per evitare ogni tipo di equivoco panteista, naturalista o nichilista – ricordano i vescovi citando l’Istruzione Ad resurgendum cum Christo – non sia permessa la dispersione delle ceneri nell’aria, in terra o in acqua».
No alle urne in casa, salvo eccezioni
Il documento invita i parroci a non celebrare riti religiosi nei luoghi di dispersione o nelle abitazioni private dove vengono conservate le urne. Solo in casi eccezionali, e previa autorizzazione dell’Ordinario diocesano, potrà essere consentita la conservazione domestica.
I vescovi insistono anche sull’aspetto simbolico e comunitario del cimitero, definito «luogo della memoria e dell’annuncio della speranza cristiana». È lì che la fede si traduce in un gesto collettivo, dove ogni tomba «diventa segno di speranza nella risurrezione». In questa direzione sembra andare anche la Giunta di Monza che ha deliberato la realizzazione di una «sala del commiato» per l’organizzazione di riti civili e la valorizzazione del Bosco delle rimembranze, che permetterà lo spargimento delle ceneri dei defunti in un luogo ideale per il raccoglimento e il ricordo, cioé nel cimitero centrale di via Foscolo. Si dovrà attendere però il 2026 almeno per la realizzazione della sala del commiato e del famedio che prevedono un investimento complessivo di 750.0000 euro (già iscritti nel Piano delle opere pubbliche 2025).
Infine nella lettera dei vescovi non manca un monito contro l’eccessiva attenzione ai costi e all’efficienza perché – è noto – la cremazione costa molto meno della sepoltura tradizionale.
Un problema che a Monza si aggiunge a quello dell’assenza di spazi nei cimiteri, che spesso «costringono» le famiglie a ricorrere la cremazione (in questo senso anche nel 2026 sono in partenza nuove estumulazioni per liberare spazi come già avvenuto quest’anno).
Su questo però Delpini mette in guardia: «L’unico criterio per scegliere come celebrare il funerale e custodire le ceneri non può essere quello di ciò che costa meno», scrive Delpini. «La dignità del corpo, la memoria e la preghiera di suffragio non sono cose inutili».