Cinque anni dalla pandemia. L’amarezza del dottor Ivano Riva: «E’ stata un’occasione persa...»
Consigliere comunale e responsabile provinciale della Sanità per il Pd, è anestesista-rianimatore a Bergamo

«La situazione è drammatica. Siamo partiti il 24 febbraio con una prima Terapia intensiva con sette letti dedicati a pazienti Covid-19. Da quel giorno, ogni notte l’assetto organizzativo della nostra Rianimazione viene variato. Oggi siamo arrivati a contare 70 posti, oltre ai 24 in Sub intensiva».
Cinque anni dalla pandemia. L’amarezza del dottor Ivano Riva: «E’ stata un’occasione persa...»
Era il 15 marzo del 2020, a rispondere alle domande del nostro settimanale era il dottor Ivano Riva, Anestesista-rianimatore in quello che era fin da subito divenuto l’epicentro dell’emergenza sanitaria, l’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. In occasione del quinto anniversario dall’inizio della pandemia e del primo caso italiano accertato a Codogno, siamo tornati da lui, eletto nel frattempo con i dem consigliere comunale in città e nominato responsabile provinciale della Sanità per il Partito democratico.
Dottore, ho qui davanti l’intervista che ci aveva concesso cinque anni fa. Che ricordo ha di quei giorni?
«Io, così come tutti i miei colleghi, non li dimenticheremo mai. Mai. Il 15 marzo del 2020 parlavo di una situazione terribile, ma non era ancora niente rispetto al dramma vissuto nelle settimane seguenti. Credo che chi non era in corsia, faccia fatica a capire realmente. Per questo non tollero la vergognosa dietrologia fomentata sui social, capace di mettere in dubbio la Medicina e la Scienza. Convintamente affermo che il cattivo utilizzo dei social ha fatto immensi danni a molte persone, convincendole a non sottoporsi alle cure, a non indossare le mascherine, a non vaccinarsi nonostante le evidenze scientifiche: uno studio del 2024, ad esempio, dimostra come in area europea i vaccini abbiano salvato un milione e 700 mila vite».
Vaccini: secondo quanto emerso, la bozza del nuovo Piano pandemico inviata nei giorni scorsi alla Conferenza Stato-Regioni ne riconosce l’uso ma non come unico strumento di contrasto. Cosa ne pensa?
«La versione 2021-2022 del Piano (che è un documento tecnico) era opera della Scienza, l’unica a poter dire come gestire un’epidemia dal punto di vista clinico, assistenziale ed epidemiologico. Non ho avuto possibilità di prendere visione della nuova bozza ma, letti i primi stralci e vedendo i post di alcuni politici sui social - “Lockdown e vaccini non sono nel nuovo piano pandemico. Le sinistre se ne facciano una ragione” - io deduco che è stata dunque politicamente modificata. Come l’idea assurda e pericolosa di uscire dall’OMS: gli organismi internazionali si possono riformare e migliorare, ma restano indispensabili per combattere minacce come una nuova pandemia».
Politicamente modificata: un male?
«I politici devono fare i politici e non intervenire in quella che è esclusiva competenza della Scienza: la validità di un trattamento medico non si vota. E lo direi senza remore in qualsiasi caso, anche se l’ingerenza arrivasse dal mio partito. Mi rattrista perché, nell’intento di raccattare qualche voto, si mette a rischio la salute pubblica, minando allo stesso tempo il rapporto di fiducia tra medico e paziente».
Lo riscontra sul «campo»?
«Si, capita non di rado che chi arriva in ospedale non si fidi dei sanitari. Una situazione che sta portando anche al noto aumento delle vergognose aggressioni in corsia».
Lei è medico e insieme politico, consigliere comunale a Besana in Brianza e responsabile provinciale della Sanità per il Pd: le chiedo quindi da una parte cosa la pandemia ha cambiato sul campo, negli ospedali, e dall’altra se ha insegnato qualcosa o è stata un’occasione persa, dalla Politica in primis?
«Ad ora, un’occasione persa. I Pronto soccorso continuano ad essere al collasso perché la medicina territoriale non è adeguata ai bisogni di salute della popolazione. In Lombardia ma anche in buona parte dell’Italia. Gli ospedali dovrebbero coadiuvare la Sanità territoriale per i pazienti acuti e subacuti, non sostituirla come invece avviene. Uno squilibrio sul quale, se cronicizzato come pare destinato a diventare, sarà difficile intervenire in futuro. Purtroppo, però, sulla Sanità pubblica si continua a non investire abbastanza, basta guardare al Fondo Sanitario Nazionale sceso al 6,3 per cento del Pil nel 2024, una delle più basse dei Paesi Ocse e ultima nel G7...».
Colpa del Governo Meloni quindi?
«Non faccio sconti a nessuno. E’ dal 2009 che le assunzioni dei sanitari sono in stallo a causa di tutti i Governi che si sono succeduti. Di sicuro bisogna investire sui professionisti della Sanità e comunque i dati Istat dicono dopo l’incremento delle risorse con il ministro Speranza nel periodo pandemico, nell’ultimo biennio di questo Governo la percentuale del Pil stanziata per la sanità si sta riducendo verso il limite inferiore del 6 per cento».