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«Com’è la vita con la mia eterna cucciola»

La storia di Angela Canzi, da 28 anni accompagna al lavoro la figlia disabile facendo ogni giorno 50 chilometri

«Com’è la vita con la mia eterna cucciola»
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«Ho bussato per anni a tante porte e fatto centinaia di domande ma non c’è stato niente da fare. Ora non ne posso proprio più». E’ lo sfogo di Angela Canzi, «una mamma di 83 anni, e devo esserlo ancora anche se sono nonna da 20, per la mia eterna cucciola, come la chiamo io. Viviamo io e mia figlia Maria Teresa, diversamente abile, che lavora in un supermercato a Cesano Maderno dove fa le pulizie. Fa tre ore e mezza al giorno: mezzi pubblici per raggiungere il posto di lavoro non ce ne sono, quindi sono ben 28 anni che la porto avanti e indietro con la mia macchina facendo 50 chilometri al giorno.

«Com’è la vita con la mia eterna cucciola»

In questi anni, credetemi, ho fatto di tutto per ottenere un avvicinamento ma non c’è stato nulla da fare. Ora non ne posso più: adesso arriva il freddo e non ho il garage. Immaginate un’83enne alzarsi alle 6.30 del mattino, salire su una macchina gelata e affrontare tutti i giorni un traffico da impazzire».

Il racconto della mamma di Maria Teresa

Maria Teresa oggi ha 51 anni e soffre di epilessia:

«E’ nata prematura e durante il ricovero in ospedale è successo qualcosa che non mi hanno saputo spiegare - ricorda Angela ancora oggi con dolore - Mia figlia è nata sana ma in quei giorni in cui sono stata dimessa e lei è rimasta in ospedale è come se avesse avuto un incidente ed è andata in coma. Quando l’ho portata a fare gli accertamenti i medici mi hanno detto che avrebbe potuto rimanere sorda, cieca, muta. Potete immaginare il dolore per un genitore nel sentire questa diagnosi. Da quel momento Maria Teresa ha iniziato a soffrire di epilessia. E’ riuscita comunque a frequentare le scuole, seguita dall’insegnante di sostegno, e una volta finiti gli studi abbiamo cercato e trovato un lavoro».

«In questi 28 anni ho fatto tantissime domande per avvicinarla a casa - spiega Angela - Settimana scorsa, mentre tornavano dal lavoro, ha avuto una crisi in macchina. Sono andata in panico perché dovevo accudirla e contemporaneamente chiamare i soccorsi. Poi è arrivata l’ambulanza e l’ha portata all’ospedale San Gerardo. Finché c’era mio marito ci davano una mano ma adesso è tutto sulle mie spalle e non ce la faccio più».

«Questo è quello che molto spesso succede a genitori con figli disabili, ci si ritrova soli ed è tutto sulle spalle dei genitori - sottolinea Angela, che ha la passione per le poesie - Ho vissuto una vita piena, non sempre facile, ma che ho comunque amato pienamente. La poesia è per me un mezzo per esprimere sentimenti ed emozioni, con il filtro o l’amplificatore a volte, della carta e dell’inchiostro. Una volta che le parole diventano materia le emozioni diventano inchiostro: si possono osservare, toccare, prestare ad altri affinché ne facciano l’uso che ritengono più adatto a loro. Così, con la semplicità delle parole di tutti i giorni e senza troppe costruzioni o regole, provo a esprimere ciò che sento come l’istinto mi suggerisce. Non ho avuto la fortuna di poter avere una grande cultura ma posso dire di conoscere la vita, l’amore e anche la sofferenza e uso le parole come traccia, una sorta di memoria a ricordare la strada percorsa e, perché no, quella ancora da affrontare» conclude Angela.

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