Testimonianze

«Come un investigatore dei gialli che tanto amo, ho fermato il mostro...»

La testimonianza di Anna, sevesina di 38 anni, in occasione della Settimana lilla: "Ecco come ho sconfitto l'anoressia"

«Come un investigatore dei gialli che tanto amo, ho fermato il mostro...»
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«Voglio ringraziare tutti coloro che mi sono stati vicini in questo percorso difficile e mi hanno aiutato a sconfiggere il mostro che mi stava prosciugando il corpo e l’anima. Ora ho finalmente ripreso in mano il mio futuro, sto riassaporando le piccole cose a cui prima non facevo caso, mi sto riempiendo di vita per dare un senso alla vita».

«Come un investigatore dei gialli che tanto amo, ho fermato il mostro...»

In una bella giornata illuminata da un tiepido sole primaverile, sedute su una panchina del Bosco delle Querce, Anna, 38enne di Seveso, ci apre le porte del suo cuore, condividendo la sua lunga battaglia contro l’anoressia. Dietro al suo fisico minuto e fragile, provato dalla malattia, si nasconde una donna intelligente, brillante, creativa e «affamata» di vita, che spera di dare un aiuto a chi, come ha fatto lei, sta facendo i conti con un nemico subdolo, che si presenta quando meno te lo aspetti e si impossessa di te.

Ma una via d’uscita è possibile e l’esperienza di Anna ne è la dimostrazione. Una testimonianza significativa in occasione della «Settimana lilla» che si è appena conclusa, dedicata ai Dca, i disturbi del comportamento alimentare, che purtroppo stanno colpendo sempre più persone, soprattutto ragazzi e giovani, ma anche bambini. E di entrambi i sessi. Nel tunnel nero, però, può fare capolino uno spiraglio di luce. Una luce che sa di speranza, ma anche di rinascita.

L'importanza di ammettere il problema

Fondamentale, in primis, è ammettere di avere un problema e non avere paura di chiedere aiuto, rivolgendosi a medici ed esperti. Essenziali, poi, il supporto e la vicinanza della famiglia, una rete d’amore che ti raccoglie mentre stai precipitando nel vuoto e pensi che non sia più possibile risalire dal baratro. Ma c’è anche un altro elemento che ha aiutato tanto Anna: la capacità di personificare la malattia trasformandola in uno di quei criminali contro cui devono combattere i protagonisti dei romanzi gialli che ama.

La sua razionalità, unita all’immaginazione e alla voglia di riprendersi quello che l’anoressia le stava togliendo, è stata l’arma vincente che le ha permesso di mettere il nemico con le spalle al muro. Un percorso che non è stato per niente facile, fatto di tanti momenti bui e dolorosi, ma che nello stesso tempo ha insegnato tanto ad Anna, che ora è pronta a voltare pagina e ad affrontare la vita con una nuova consapevolezza.

«Tutto è cominciato circa cinque anni fa, prima della pandemia da Covid-19 - racconta - Non ero in sovrappeso, sono stata sempre magra di costituzione, e non soffrivo di patologie particolari, ma mi sono messa in testa di seguire un regime alimentare più sano. Ho iniziato togliendo la pasta e i dolci, ma poi le privazioni sono diventate tante e alla fine mangiavo solo frutta e verdura senza condimenti».

Quella per la dieta e per l’attività fisica è diventata una vera e propria ossessione, un lucchetto che ha rinchiuso la sua mente e l’ha resa prigioniera dei suoi pensieri. Ma mentre evitava di cibarsi, «divorava» libri di tutti i generi, in particolare i gialli di Agatha Christie o di Arthur Conan Doyle. E immergersi in queste storie fatte di misteri, indizi e colpi di scena, ha rappresentato la sua salvezza, dandole l’idea di fare una sorta di esperimento fanta-letterario.

«Mi sono immedesimata in un investigatore, come Sherlock Holmes, per sconfiggere quel mostro assassino che a poco a poco voleva uccidermi - spiega - Dovevo a tutti i costi capire come fermarlo prima che mi prosciugasse completamente, un po’ come, per rimanere in tema letterario tra i miei libri preferiti, i “dissennatori” di Harry Potter che, con il loro fatidico bacio, risucchiano l’anima di una persona, nutrendosi della sua felicità».

L'importanza di non essere soli

Ma così come il detective Holmes poteva contare su John H. Watson, anche la 38enne non era sola in questa impresa: a fianco ha avuto una squadra di aiutanti e investigatori, che seguendo tracce, captando questo o quel segnale, le hanno permesso di individuare il nemico, di prendersi gioco di lui e di disarmarlo.

«Per questo sarò sempre grata ai miei genitori, che hanno sofferto tanto e mi hanno sempre spronato a reagire, standomi accanto con tanta pazienza, così come mia zia Titti, mia sorella Giulia con il marito Andrea, mio fratello Eros e il mio fidanzato Alessio. Un grazie speciale al mio amico Alex», dice Anna, non tralasciando nemmeno il suo chihuahua, che le ha donato un amore immenso e incondizionato.

E aggiunge: «Naturalmente ringrazio anche l’equipe delle strutture mediche specializzate nel trattamento dei disturbi alimentari a cui mi sono rivolta. Inizialmente pensavo di non aver bisogno di aiuto, ma quando ho visto che ero arrivata a pesare 35,6 chili mi sono davvero spaventata e ho capito che non potevo farcela da sola». Anche se, fortunatamente, rispetto ad altre persone che soffrono di anoressia e hanno una visione distorta del proprio corpo, Anna è sempre stata lucida e consapevole: «Non ho mai perso la razionalità ed è stata la ragione a farmi capire, a un certo punto, che stavo davvero toccando il fondo. Così mi sono fatta forza e ho deciso di tornare a essere protagonista della mia vita, recuperando il tempo perso».

E, riprendendo un topos dei suoi amati gialli, quello dell’auto manomessa dai cattivi per mettere in difficoltà il protagonista, ci restituisce un’immagine che ben rappresenta il suo impegno a non darla vinta alla malattia:

«E’ come se l’anoressia avesse bloccato lo sterzo e io, con testa e cuore, fossi riuscita a riprendere il controllo della macchina e a svoltare, tornando sulla retta via». Una strada fatta di piccole cose, le chiamate con la mamma, la tisana in compagnia dei vicini, una passeggiata al parco: «E’ partendo da qui che si può riassaporare la magia, il gusto della vita - conclude - E tornare a capire cos’è la felicità».

(foto archivio)

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