Seregno

Contro Confalonieri «accuse inverosimili». Nessuna prova di un «patto corruttivo occulto»

Le motivazioni della sentenza di assoluzione della Corte d’appello di Milano per il noto chirurgo ortopedico

Contro Confalonieri «accuse inverosimili». Nessuna prova di un «patto corruttivo occulto»
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Nessuna prova di un accordo corruttivo «occulto» per agevolare l’acquisto di protesi della Johnson&Johnson. Lo afferma la Corte d’appello di Milano nelle motivazioni della sentenza di assoluzione del noto chirurgo ortopedico Norberto Confalonieri, ex primario di Ortopedia del Cto-Pini di Milano. Doveva rispondere di corruzione perché, secondo la pubblica accusa, dal 2012 al 2017 avrebbe impiantato le protesi della multinazionale in cambio di compensi in denaro, l'invito a convegni e programmi televisivi oltre a viaggi e soggiorni. In primo grado era stato condannato dal Tribunale di Milano a sei anni e sei mesi di reclusione e prosciolto dall'accusa di lesioni sui pazienti, mentre la seconda sezione penale, lo scorso 9 novembre, ha ribaltato il giudizio e assolto il luminare di Seregno perché «il fatto non sussiste».

Contro Confalonieri «accuse inverosimili». Nessuna prova di un «patto corruttivo occulto»

Nelle 60 pagine di motivazioni i giudici spiegano che la prova della corruzione non può essere dedotta semplicemente dalle utilità conseguite da Confolonieri, «atteso che le stesse, oltre ad avere una causa lecita ed essere tutte documentate, erano di valore eccessivamente sproporzionato rispetto agli interessi in gioco e, soprattutto di minimo valore rispetto ai compensi percepiti» dal professionista, «primario di riferimento nel mondo per gli interventi di chirurgia computer assistita».

Il pagamento per la partecipazione a eventi scientifici è «del tutto legittima e conforme a una prassi diffusa nel mondo scientifico» e non c’è dubbio «che fosse interesse della società produttrice di protesi ortopediche che la tecnica utilizzata da Confolonieri avesse la più ampia diffusione fra i membri della società scientifica».

Inoltre i contratti di consulenza con l’azienda, pari a poco più di 16mila euro, erano legittimi così come già aveva affermato la Corte dei Conti nel marzo 2021, «essendo concesso al dipendente pubblico, anche senza l’autorizzazione della amministrazione di competenza».
La Corte d’appello ha smontato anche l’accusa del «ritorno d’immagine» per la partecipazione alla rubrica Medicina 33 su Rai 2 nel 2015, perché all’epoca Confalonieri «era un professionista già conosciuto e stimato a livello mondiale, e certamente non aveva bisogno di partecipare ad alcuna trasmissione televisiva per pubblicizzare ulteriormente il suo nominativo».

Nelle motivazioni si spiega che l’iter amministrativo per l’acquisto delle protesi ortopediche in ospedale era cambiato dall’1 settembre 2014, con l’entrata in vigore di un accordo quadro quadriennale. Prima di quella data il primario aveva «ampia libertà di scelta» sulle protesi da acquistare, in seguito invece doveva attenersi alle regole della contrattualistica pubblica, scegliendo fra i fornitori aggiudicatari sulla base dell’accordo.
Per i giudici milanesi prima del 2014 non emerge alcuna «significativa anomalia» nel numero di protesi della J&J rispetto alle altre case produttrici, protesi peraltro con «specifiche peculiarità tecniche» non presenti in altri prodotti e scelte da Confalonieri perché «erano le migliori da impiegare negli interventi di chirurgia assistita».

Dopo il 2014 per la violazione dell’accordo quadro l’eventuale patto corruttivo avrebbe dovuto incrementare le utilità a Confalonieri, «certamente esposto molto di più, ma ciò non è avvenuto» visto che sono state di circa 10mila euro, un «importo irrisorio rispetto ai guadagni derivanti dalla sua attività».
In conclusione per la Corte d’appello «è del tutto inverosimile che Confalonieri abbia messo in essere prestazioni illecite a fronte di benefit assolutamente modesti rispetto alla sua professionalità». Oltre al professionista seregnese sono stati assolti un’agente di commercio per la multinazionale e un’altra dipendente.

«Teorema accusatorio basato su un grosso misunderstanding»

«La sentenza mi restituisce l’onorabilità – commenta il luminare internazionale della chirurgia protesica computer assistita - Sono stato messo in mezzo a un teorema accusatorio basato sugli indizi, dovuto probabilmente a invidia e gelosia e basato su un grosso misunderstanding».
Confalonieri spiega che in ospedale, sia prima che dopo l’accordo quadro, «l’amministrazione faceva gli ordini e gli acquisti, non li facevo io. In qualità di primario io sceglievo una protesi: se questa protesi rientrava nell’albo dei fornitori, nell’accordo quadro o nella possibilità con autorizzazione di acquistarla anche al di fuori dell’accordo quadro, erano tutti compiti dell’amministrazione: io non c’entravo niente e non ne sapevo niente. All’epoca l’amministrazione aveva fatto degli acquisti in economia, fuori dalle regole normali, dei quali non sapevo nulla e l’Anticorruzione aveva messo gli occhi su questi acquisti. La vicenda è stata scaricata su di me perché ero il chirurgo che impiantava più protesi perché avevo più pazienti, ma le protesi in questione erano le migliori e con la migliore tecnologia».
Confalonieri aggiunge che i compensi percepiti «erano rimborsi spese per la partecipazione a congressi e seminari, oppure per consulenze nelle aziende per formare i product specialist. Ero un libero professionista extramoenia, potevo farlo al di fuori degli orari di servizio in ospedale. Erano compensi legittimi e tutti fatturati. Non ho mai preso un euro perché mettessi le protesi».

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