Testimonianza

Da Vimercate all'India per fare pace con la natura grazie agli indigeni

Lo straordinario viaggio dell’ex vicesindaco di Vimercate ed ex parlamentare, Roberto Rampi, nell’ambito del progetto di "Smily Academy".

Da Vimercate all'India per fare pace con la natura grazie agli indigeni
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Il rapporto con la natura, la capacità di tornare a farne parte integrante per dare un futuro sostenibile al pianeta. Prendendo a modello realtà, dall’altra parte del mondo, per le quali questo rapporto e questo equilibrio tra uomo e natura non solo non si è mai incrinato o spezzato, ma si è addirittura rafforzato e rilanciato. Un modello che può essere replicato in altre parti e anche, perché no, nel cosiddetto mondo occidentale dove spesso la natura è diventata altro rispetto all’uomo; quasi un nemico che, però, presenta sempre il conto, spesso molto salato. In particolare negli ultimi anni.

Roberto Rampi in India con "Smily Academy"

Questo il senso e il motivo del viaggio che nelle scorse settimane ha portato Roberto Rampi, ex parlamentare vimercatese, in India, nell’ambito del progetto «Smily Academy». Idea nata grazie alla conoscenza con Claudia Laricchia, pugliese che si occupa di lotta alla fame nel mondo e che ha lavorato anche nella Federazione dei diritti umani.

"Con legami e ricadute imprescindibili anche sull’ambiente, sulle terre, sulle migrazioni climatiche - racconta Rampi rientrato a Vimercate al termine di un’esperienza che non si può dimenticare - L’idea era quella di scoprire e riscoprire le realtà indigene dell’India grazie ad alcune figure, come il presidente indiano del Forum indigeni, un personaggio conosciuto come "Forest man" e un gruppo di una trentina di giovani under 25, tra i quali anche 4 italiani. Abbiamo potuto toccare con mano e sperimentare sul campo il modello della “sapienza indigena”, che considera l’uomo parte integrante della natura proponendo modelli che non si limitano a porre freno ai danni fatti dall’uomo, ma addirittura traggono vantaggio da questo riequilibrio".

Due esempi su tutti, tipici di alcune delle zone dell’India visitate: il recupero delle foreste e la centralità, millenaria, delle erbe curative.
Parlando di foreste, straordinario è stato l’incontro con Jadav Payeng, colui che è stato ribattezzato "Forest man of India".

 

L'incontro con il "Forest man of India"

"Una vita la sua dedicata, sin da ragazzino, alla riforestazione - racconta ancora Rampi - Non fine a se stessa, e non per uno sterile ambientalismo, ma come unica strada per riportare l’equilibrio, con importanti ricadute anche economiche per le realtà locali che hanno potuto così riappropriarsi di quei terreni che il fiume (il Brahmaputra, ndr) si era portato via sfruttando proprio la mancanza di alberi. E, di conseguenza, il ritorno di animali (elefanti, tigri, rinoceronti) che hanno ritrovato il loro habitat perduto contribuendo a loro volta a mantenere quel delicato equilibrio".

E ancora, come detto, il mondo delle erbe curative. Nulla a che vedere con l’immaginario delle pozioni da stregoni.

"Approccio che si rifà ad antichissime basi scientifiche - racconta ancora l’ex parlamentare - Tanto che anche uno dei giovani italiani presenti nella delegazione lavorerà per sviluppare questo aspetto".

 

 

Il Gange e lo yoga

Un riequilibrio con la natura che, secondo la filosofia buddista, passa necessariamente anche da un riposizionamento dell’uomo attraverso il valore dato alla vita ma anche alla morte. Ed ecco quindi l’esperienza travolgente di Varanasi, delle 200mila persone che ogni giorno si recano al Gange per immergersi letteralmente nella natura; delle decine di pire su cui bruciano lentamente i corpi. Infine, la centralità dello yoga e della sua pratica, anche faticosa, che Rampi ha sperimentato anche grazie ad un’italiana che vive in India.

Un modello anche per la Brianza?

Un viaggio, come detto, non fine a se stesso e un’esperienza che nelle intenzione di Rampi verrà replicata anche da noi, probabilmente nel prossimo autunno, per raccontare a chi viene dall’altra parte del mondo la Brianza e il nostro rapporto tra uomo e natura, in parte compromesso, nella speranza di proporre un modello che per il nostro territorio sarebbe una sorta di ritorno alle origini.

"Mettendo al centro - conclude - Il Parco di Monza come luogo di produzione agricola ma anche di tutela dei boschi. Basti pensare che solo lo scorso anno nel parco, per gli eventi atmosferici estremi, sono andate perse 30mila piante. E, ancora, la storia dell’Adda, delle sue centrali e della produzione di energia elettrica grazie all’acqua; l’industria del legno con la sua filiera; la storia del disastro della diossina di Seveso, evento da cui è nata la coscienza ecologia del nostro territorio".

 

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