Desio

Dieci anni fa in Burundi l’uccisione di suor Lucia Pulici, le Saveriane: «Non smetteremo di cercare la verità»

Depositato un documento per far luce sull’atroce omicidio alla Corte penale dell’Aja, l’appello della superiora generale

Dieci anni fa in Burundi l’uccisione di suor Lucia Pulici, le Saveriane: «Non smetteremo di cercare la verità»
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Le Missionarie Saveriane non si rassegnano e continuano a chiedere giustizia per le consorelle brutalmente uccise in Burundi dieci anni fa.

Dieci anni fa in Burundi l’uccisione di suor Lucia Pulici

Il 7 settembre del 2014 tre suore Missionarie Saveriane, suor Olga Raschietti (83 anni, di Montecchio Maggiore in provincia di Vincenza), suor Lucia Pulici (74 anni, di Desio) e suor Bernadetta Boggian (79 anni, di Ospedaletto Euganeo in provincia di Padova) venivano barbaramente ammazzate nella loro terra di missione, a Kamenge, nella periferia di Bujumbura. Poche ore dopo venne arrestato un uomo, un malato psichiatrico, che confessò l’omicidio. Sembrava una rapina finita nel sangue, ma con il tempo sta emergendo una verità diversa, e ancora oggi quel brutale massacro rimane un mistero, senza che il vero colpevole sia stato consegnato alla giustizia.

L'inchiesta

Recentemente è stata depositata alla Corte penale internazionale dell’Aja l’inchiesta di Giusy Baioni, giornalista desiana, che è stata anche diffusa attraverso il suo libro, «Nel cuore dei misteri», con la speranza che possa finalmente portare alla luce la verità e smuovere qualcosa in Burundi. La superiora generale delle Missionarie, Giordana Bertacchini, che abbiamo sentito, dalla sede di Parma, ha ricordato con profonda emozione le tre consorelle assassinate:

«Per noi è anzitutto un dovere ringraziare per il dono della loro vita, perché si rifletta sui loro scritti e i ricordi che ci hanno lasciato. Davvero le loro sono state vite di persone comuni, semplici, con i loro limiti e le loro ricchezze, spese fino alla fine per quello in cui credevano. Fedeltà a un dono ricevuto e a un impegno preso con Dio e con un popolo, non portato avanti solo per dovere. Hanno dato la vita per la missione, per amore di Gesù e della gente. Sono state un esempio che ha fatto breccia in tanti cuori».

Suor Olga Raschietti, suor Lucia Pulici e suor Bernadetta Boggian erano missionarie che hanno dedicato la loro vita al servizio degli ultimi. Olga era particolarmente votata alla catechesi, Lucia aveva esercitato la sua professione di ostetrica in Brasile e in Africa, e Bernadetta era una figura di comunione e speranza. «Nonostante le difficoltà, queste donne hanno portato avanti la loro missione con fede e dedizione, fino all’estremo sacrificio - prosegue la superiora - La speranza è che attraverso la deposizione di questo documento alla Corte penale dell’Aja si possa smuovere qualcosa in Burundi. Il libro dà voce poi ad altre persone e altri martìri sui quali non si è mai fatta verità».

Le Saveriane: «Non smetteremo di cercare la verità»

La congregazione delle religiose auspica quindi ancora oggi, dopo dieci anni, che venga fatta giustizia, che si arrivi a scoprire il vero motivo per cui le tre religiose sono state uccise. Gli autori e i mandanti, tra l’altro, non ci sono ancora.

«Dall’inchiesta si può capire che le suore sono state ammazzate con un rito satanico, per motivi politici, e che in carcere c’è un innocente. Noi vogliamo capire cosa c’è effettivamente dietro a questo omicidio, quali interessi si nascondono», conclude.

La cappella della Pace e Misericordia, costruita in ricordo delle suore uccise a Kamenge, è un luogo di silenzio e preghiera, dove la memoria di tre donne continua a vivere. Le tre missionarie ammazzate hanno dedicato la loro vita all’Africa, testimoniando una carità senza confini. La loro missione si è conclusa tragicamente in quella cappella, ma il loro esempio continua a ispirare molte giovani donne a intraprendere la vita consacrata nella congregazione delle Saveriane.

Suor Lucia, ostetrica di professione, che aveva fatto nascere tanti bimbi prima in Brasile e poi in Congo, nel dicembre 2010 ricordava come «il seme che cade per terra è destinato a dare vita» e incarnava pienamente questo spirito.

Don Silvio Cazzaniga, vicario parrocchiale a San Giorgio, parla della loro testimonianza:

«Oggi, la comunità parrocchiale e i familiari di Lucia continuano a ricordarla con affetto e gratitudine. La sua vita e quella delle sue consorelle non sono state vane: il loro sacrificio è un seme che continua a germogliare, ispirando nuove vocazioni e testimoniando la forza di una fede vissuta fino in fondo. Il loro esempio, semplice e straordinario al tempo stesso, rimane una luce guida per chiunque si senta chiamato a seguire la strada del servizio e dell’amore per il prossimo».

«Vivere per-dono» in ricordo di un sacrificio

Dieci anni fa tre suore Missionarie Saveriane, tra cui la desiana suor Lucia Pulici, venivano barbaramente uccise in Burundi, la loro terra di missione. Per questo il 20 settembre alle 21 nella sala Stendhal di Villa Tittoni a Desio (ingresso libero con prenotazione) sarà proposto uno spettacolo - «Vivere per-dono» di Giuseppe Marchetti - che ricorda questo tragico fatto, realizzato da «Missione Oggi», dei Missionari Saveriani, già messo in scena in altre città. «Ci è sembrato doveroso proporlo anche a Desio, la città di suor Lucia Pulici, nel decimo anniversario della morte delle tre suore.

L’invito è rivolto a tutta la cittadinanza, perché vogliamo far conoscere la storia di suor Lucia e delle sue consorelle e non dimenticarla», hanno detto gli organizzatori dell’evento, cioè i volontari di Desio Città Aperta, col patrocinio e il contributo dell’Amministrazione comunale e la collaborazione di tante associazioni: missionari, missionarie e laici Saveriani, il Comitato di quartiere San Giorgio (dove viveva suor Lucia), la comunità pastorale, il Consorzio comunità Brianza, la Casa delle Donne, la Pro Loco Desio, l’Azione cattolica Desio e le Acli Desio.

«Una concittadina che ha donato tutta la sua vita agli altri ed è per questo che è doveroso ricordarla, così come le opere di bene che ha portato avanti - ha dichiarato l’assessore Samantha Baldo - Lo spettacolo cade anche in occasione del centenario della nostra città, che si è sempre mostrata solidale e prende anche suor Lucia ad esempio. Ringrazio di cuore le associazioni che si stanno spendendo per questo importante anniversario».

Alla fine dello spettacolo interverrà Giusy Baioni, che ha scritto il libro dal titolo «Nel cuore dei misteri», dedicato proprio alla storia e all’omicidio delle tre suore.

«Aveva un grande amore per l’Africa e voleva restare lì per sempre»

L’atroce omicidio di suor Lucia Pulici ha lasciato un vuoto incolmabile non solo nella comunità dei Saveriani, ma anche nelle famiglie delle suore uccise.

Monica Pulici, nipote di suor Lucia, ricorda con affetto la zia:

«Quando tornava da noi ci raccontava tutte le sue storie e i vissuti della sua esperienza di missione. Lei adorava la sua terra e voleva morire in Africa, non così sicuramente, ma amava il suo popolo. Quando tornava era felice di rivedere tutta la famiglia e i suoi cari». Monica descrive suor Lucia come una persona sempre felice. Nonostante le difficoltà, riusciva a portare avanti il suo lavoro con gioia e serenità. «Lavorava come ostetrica in una situazione molto precaria, ma ha fatto nascere tanti bambini e questo è molto bello. Si è poi dedicata alla preghiera», ha aggiunto.

Raffaella Dian, figlia di Giovanna Pulici, la sorella, aveva un grande affetto per la zia:

«Per noi non era una missionaria, ma la nostra zia. Quando veniva a casa, un periodo che per lei era una piccola vacanza, da come parlava si capiva che casa sua era l’Africa e gli africani la sua gente, il suo popolo. Diceva di voler essere seppellita in Africa e così è successo. Lei non voleva trascorrere gli anni della pensione in Italia, ma restare là fino alla fine». Raffaella ricorda la grande determinazione di suor Lucia, che decise di farsi suora solo dopo aver aiutato la madre ad allevare i suoi sette fratelli e sorelle: «Il lavoro che più ha amato è stato fare l’ostetrica in missione. Ci raccontava dei suoi “bambini”, che spesso teneva con sé e accudiva finché non trovavano una nuova casa». Ma Raffaella non nasconde la frustrazione per la mancanza di risposte dopo il brutale omicidio: «E’ inutile stare qui a crucciarsi, a volte non riusciamo a risolvere i crimini in Italia, l’Africa è un continente difficile, dove la corruzione è molto diffusa. Sono situazioni irrisolvibili».

Infine, Silvia Rebecca, un’altra nipote, parla della zia come di una donna molto religiosa:

«Ha vissuto la sua fede in modo semplice e profondo. Ho ricordi delle preghiere in swahili e ricordo i suoi racconti anche per stare insieme. Amava immensamente l’Africa e viveva la sua vocazione sempre, in ogni cosa che faceva o diceva». Silvia ha appreso la notizia della morte della zia dal televideo, un’esperienza traumatica che ancora oggi la segna: «E’ stato tragico e non meritava una fine così. Non so se sarà fatta giustizia perché da quel che è emerso ci sono intrighi troppo grandi dietro a quell’omicidio, purtroppo, ma ho il ricordo vivo della sua grande missionarietà».

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