Gira le periferie di Roma, e non solo, mettendo a rischio la propria incolumità, per combattere la criminalità e in particolare le mafie che si arricchiscono con la droga, sulla pelle dei giovani.
La testimonianza di don Coluccia a Vimercate
E lo fa usando come “armi” se stesso , il Vangelo e la Costituzione; ma anche un fischietto, un megafono e un pallone da calcio.
Straordinaria testimonianza nella mattinata di oggi, venerdì 14 novembre, nell’auditorium del centro scolastico Omnicomprensivo di Vimercate. Qui, il prete di periferia, don Antonio Coluccia, ha portato la sua testimonianza ai giovani studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado del territorio.
L’incontro con le scuole organizzato da “No Mafie – Agende rosse”
Un evento organizzato dall'”Associazione No Mafie – Agende Rosse Vimercate”, con la collaborazione degli istituti scolastici e il patrocinio della Provincia di Monza e Brianza e del Comune di Vimercate. Presente l’assessore comunale alle Politiche culturali, Elena Lah.
La battaglia contro il mercato della droga nelle periferie di Roma
Originario della Puglia, ex operaio e sindacalista, don Antonio ha incominciato la sua missione nelle periferie romane a contatto con gli ultimi e soprattutto con la criminalità organizzata che detiene il controllo del mercato della droga. E lo ha fatto scendendo in campo, affrontando i malavitosi in prima persona (il sacerdote vive da anni sotto scorta dopo aver ricevuto svariate minacce di morte) e cercando di dare ai giovani e alle tante persone per bene occasioni di riscatto.
Il Vangelo, la Costituzione, il fischietto, il megafono e il pallone
Di questo il sacerdote ha parlato durante il suo intervento in un auditorium gremito. E lo ha fatto impugnando idealmente, come detto, quelle che ritiene essere le armi più forti.
“Innanzitutto il Vangelo, per chi crede – ha spiegato alle studentesse e agli studenti presenti – E poi la Costituzione, che è il nostro Vangelo laico. Il fischietto che uso quando arrivo nei quartieri per attirare l’attenzione e disturbare gli spacciatori; il megafono per farmi sentire. E un pallone: perché il calcio, e lo sport in generale, parlano un linguaggio universale e semplice, per avvicinare i più giovani. E offrono occasioni di riscatto”.
Don Antonio ha anche raccontato di aver recentemente trasformato uno stabile abbandonato in mano agli spacciatori, in una palestra dove si insegna pugilato affidata a istruttori della Polizia di Stato.
“Lo Stato deve garantire a tutti le stesse occasioni di crescita”
Il sacerdote ha insistito molto anche sul ruolo che lo Stato deva avere per garantire a ciascuno le stesse occasioni di crescita, per consentire agli ultimi di riscattarsi, per togliere alla malavita organizzata quel materiale umano, fatto anche e soprattutto di giovani, che viene sfruttato.
“Siate alternativi, non fate massa”
E ha insistito, però, anche sul ruolo di autodeterminazione che i giovani devono avere invitandoli ad “evitare di fare massa, ad essere alternativi. A fuggire dal guadagno facile, dalla scappatoia delle droghe”.
“La lotta alla droga è una battaglia di cultura e conoscenza”
“La lotta alla droga deve essere innanzitutto una battaglia culturale – ha proseguito – Una battaglia del sapere, della conoscenza, che deve essere garantita a tutti. Perché è attraverso la conoscenza che passa la libertà e la possibilità di scegliere. In questo lo Stato deve fare di più. Ci sono intere zone d’Italia dove le persone vengono abbandonate, dove la malavita organizzata offre occasioni che lo Stato non dà”.
Il pallone lanciato alle studentesse agli studenti
Infine, quel pallone lanciato dal palco in platea. Una sorta di passaggio di consegne, come a dire:
“Ora tocca a voi, ragazzi. Fate la vostra parte”.
La mattinata in auditorium
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