Dietro le sbarre

“E’ ora di abolire il carcere per salvare Caino, e anche Abele”

Il dibattito in Consiglio comunale dopo la visita alla casa circondariale di Monza. Il centrodestra non ci sta: "Trasformato in un incontro di parte".

“E’ ora di abolire il carcere per salvare Caino, e anche Abele”

“E’ ora di dire basta al carcere, luogo di umiliazione, privazione della dignità. Un luogo di sofferenza, violenza fisica e psicologica. Un luogo di malattia e assenza di speranza. E’ arrivato il momento di pensare seriamente a salvare Caino, per fare in modo che non ci siano più altri Abele…”

Visita al carcere di Monza e dibattito con i vertici di “Nessuno tocchi Caino”

Questo il grido, forte, che giunge da Agrate. Qui ieri sera, giovedì 30 ottobre, nell’aula del Consiglio comunale, si è tenuto un incontro pubblico che ha fatto seguito ad una visita alla casa circondariale di Monza che consiglieri comunali (hanno aderito solo gli esponenti della maggioranza di centrosinistra), assessori, dipendenti comunali hanno effettuato nella mattinata. Con loro anche il sindaco di Burago,  Luca Valaguzza,  e alcuni rappresentanti delle Amministrazioni comunali di Usmate Velate e Lissone.

A guidare la delegazione, i vertici nazionali di “Nessuno Tocchi Caino”, rappresentati dalla presidente Rita Bernardini, dal segretario Sergio D’Elia, e dalla tesoriera Elisabetta Zamparutti, intervenuti poi all’incontro tenutosi in serata. Con loro anche Roberto Rampi, ex parlamentare vimercatese e dal gennaio scorso Garante dei detenuti di Monza e Brianza.

A fare gli onori di casa il sindaco di Agrate, Simone Sironi, e la presidente del Consiglio comunale, Margherita Brambilla, che ha fortemente voluto la visita al carcere.

“Visita in carcere esperienza che ogni persona dovrebbe fare”

“La visita in un carcere è un’esperienza che ciascuno di noi dovrebbe fare – ha esordito Brambilla aprendo la serata – Un conto è passarci davanti e immaginarsi cosa ci sia all’interno. Un conto è varcare quella soglia, entrare in contatto con le persone, le loro storie. Toccare con mano le condizioni in cui vivono. Un’esperienza del genere spinge ad interrogarsi, tutti, ma soprattutto noi amministratori, per capire cosa poter fare, per garantire una rete che dia un futuro alle persone una volta uscite dal carcere”.

“Anche le carceri fanno parte della comunità – ha aggiunto il sindaco Sironi – Ciascuno di noi ha il compito di comprendere, conoscere, trovare soluzioni alternative”.

“Dare dignità a Caino per rispettare anche Abele, basta con i cimiteri dei vivi”

Duro e crudo l’intervento di Sergio d’Elia, segretario nazionale di “Nessuno Tocchi Caino”.

“Dare dignità a Caino è il modo migliore per rispettare Abele – ha tenuto a sottolineare – La giustizia dovrebbe innanzitutto ristorare. E il carcere è il luogo meno adatto per fare ciò, al netto del grande impegno, dell’umanità e della professionalità delle persone che ci lavorano, come abbiamo potuto toccare con mano anche in occasione della visita di stamattina. E’ giunto il momento della “fine della pena”, perché il carcere è un luogo che toglie la speranza, che aggiunge pena a pena. E’ giunto il momento di dire basta a questi cimiteri dei vivi”.

“Il carcere non può essere più la soluzione, bisogna abolirlo”

Alla presidente, Rita Bernardini, il compito di snocciolare i numeri:

“Il carcere di Monza è pensato per un massimo di 400 dipendenti, ma ad oggi ce ne sono più di 700, spesso tre in celle di 9 metri quadrati, a cui va tolto lo spazio occupati da letti e mobili), dove ci dovrebbe stare una persona, al massimo due. Ci sono circa 200 persone che necessitano di cure psichiatriche, 350 tossicodipendenti. La metà dei detenuti sono stranieri, molti dei quali irregolari, quindi senza documenti. In sostanza fantasmi, persone che no esistono. E che una volta fuori dal carcere non avranno diritto a nulla e quindi torneranno a delinquere. Serve un cambio di paradigma, un’opera collettiva che consenta di prendere coscienza che il carcere non può essere più la soluzione per ristorare Abele i i suoi cari e per dare un futuro a Caino”.

“Solo entrando in un carcere si può capire – ha aggiunto la tesoriera Elisabetta Zamparutti – Solo guardando negli occhi le persone dietro le sbarre ci si può e ci si deve chiedere: “Perché tu e non io?”. Le carceri sono affollate anche soprattutto a causa del reati di droga e quindi al proibizionismo. Non è più tempo dell’attesa: l’obiettivo deve essere l’abolizione del carcere utilizzando tutte le forze per evitare che la gente delinqua e, soprattutto, che reiteri i reati”.

“Azione della politica e diritto alla conoscenza per cambiare le cose”

“Sono convinto che la stragrande maggioranza delle persone creda che il carcere e le sofferenze che infligge siano giuste – ha aggiunto il garante dei detenuti, Roberto Rampi – Basta entrare in un carcere per capire invece che non è così. Ecco perché un ruolo come il mio deve essere innanzitutto politico. Perché la politica ha il compito di fare delle scelte, anche impopolari; ha il compito di attivare le persone, anche e soprattutto attraverso la conoscenza. E proprio la visita compiuta stamattina è un’azione di diritto alla conoscenza”.

La chiave, secondo Rampi, resta sempre e comunque quella del lavoro, unico strumento in grado di dare dignità e un futuro a chi spesso no ha alternative.

“Lo Stato dovrebbe insegnare a chi è in carcere a non delinquere più – ha sottolineato ancora – Ed invece il carcere è il luogo in cui lo Stato viola tutte le regole, nonostante gli sforzi di chi ci lavora”.

“Mi sono vergognato”

Toccante anche la testimonianza del sindaco di Burago, Luca Valaguzza, avvocato.

“Esco della visita in carcere innanzitutto arrabbiato con me stesso. Un’esperienza che mi costringe anche a rimettere in discussione la mia professione. Oggi mi sono vergognato dalla nostra società. Ci vuole un moto di ribellione. la politica deve avere il compito di non assecondare la pancia ma di cambiare le cose”.

Al termine l’impegno di creare, proprio a partire dal Vimercatese, quella rete che consenta di dare un’alternativa al carcere, un futuro a chi ha sbagliato. A cominciare da un lavoro e da un rete sociale e sanitaria (perché spesso dal carcere si è esce malati) che lo sostenga.

Il centrodestra lascia l’aula per protesta

Molto critiche, sulla gestione della serata e sui contenuti, le forze di minoranza di centrodestra di Agrate che hanno deciso di abbandonare l’aula all’inizio della seduta di Consiglio comunale, previsto al termine del dibattito sulle carceri.

“Ritardo del Consiglio inaccettabile”

“Il ritardo di 45 minuti dell’inizio del Consiglio comunale è una mancanza di rispetto intollerabile, che ci offende e mortifica il nostro ruolo – ha commentato prendendo la parola in aula il capogruppo del centrodestra Massimo Bosisio – Per questo ce ne andiamo e non parteciperemo alla seduta”.

Le critiche nel merito: “Incontro trasformato dal centrosinistra in un comizio”

Bosisio ha però criticato duramente, con una nota diffusa nella mattinata di oggi, venerdì 31 ottobre, anche le modalità di gestione del dibattito sulle carceri e i contenuti.

“Un convegno nel quale gli esponenti, sicuramente politicizzati, hanno parlato di abolizione delle carceri e sottinteso la necessità di liberalizzare le droghe, quest’ultima soluzione prospettata per ridurre gli incarcerati per pene di spaccio – si legge nella nota del centrodestra agratese –  Argomenti che avrebbero richiesto un contraddittorio non di 10 minuti ma di intere ore; contraddittorio che è stato evitato dal centro-destra per il superiore rispetto dell’adempimento istituzionale. Noi consiglieri di centro-destra non condividiamo assolutamente queste opinioni. La sinistra agratese voleva diffondere il proprio pensiero a senso unico e della dialettica con il centro-destra non frega niente, salvo ridurre a mero adempimento formale il Consiglio comunale che sarebbe seguito. Hanno trasformato un evento apparentemente illustrativo di una tematica sociale in un comizio politico… Tra l’altro tra i relatori spiccava la mancanza di una utile presenza di rappresentanti delle Forze dell’ordine e della Magistratura per fornire una visione approfondita e autorevole sul funzionamento delle carceri e sulle questioni giuridiche correlate… In nostra assenza siamo stati accusati di non aver partecipato alla visita alle carceri avvenuta la stessa mattina, senza prima essersi accertati di quali fossero le motivazioni sottostanti alla mancata partecipazione. Bene, sappiano che eravamo tutti impegnati nel nostro lavoro, non sempre è possibile modificare le priorità legate ai propri impegni di lavoro la mattina del giovedì”.

La visita al carcere e il dibattito in aula