Dramma silenzioso

Emergenza bimbi annegati, prevenire si può

Le regole d'oro di Salvagente onlus da tenere sempre presente vicino all'acqua

Emergenza bimbi annegati, prevenire si può
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Un'emergenza silenziosa. Le cronache nazionali hanno raccontato almeno sette casi  di bambini morti annegati  nel giro di soli due mesi in Italia. Perché succede e come prevenire i rischi?  Ce lo hanno spiegato gli esperti di Salvagente onlus di Monza.

Bimbi annegati, la prevenzione

Il primo motivo per cui accadono queste tragedie, secondo la pediatra Valentina Decimi e il formatore Filippo Castelli di Salvagente onlus è che ancora in troppi hanno scarsa conoscenza di come annega un bambino, ossia rapidamente e silenziosamente.

I due professionisti fanno parte della onlus monzese Salvagente fondata e presieduta dal monzese Mirko Damasco che da anni si batte per la prevenzione degli incidenti che coinvolgono i più piccoli (ma non solo).
«In Italia c’è ancora poca percezione del rischio, insomma non abbiamo l’occhio allenato anche perché la stragrande maggioranza delle persone si immagina l’annegamento come il classico sbracciarsi, chiedere aiuto e urlare, ma questo lo fanno gli adulti, non i bambini», spiega Damasco.

Un piccolo invece ci impiega solo venti secondi ad andare sott’acqua, come spiega la dottoressa Decimi, e appena 3 minuti per morire annegato.

Come annega un bambino: in silenzio

«Non chiama, non tira fuori la testa, non chiede aiuto perché non ne ha l’energia come un adulto. Annega in silenzio, può avere un malessere o un problema, non toccare più coi piedi, spaventarsi, iniziare a bere e rapidamente andare sott’acqua - continuano i professionisti - Basta pochissimo perché sia tardi, girarsi per dare retta a un altro figlio, distogliere lo sguardo il tempo di inviare un messaggio e di lì a poco l’acqua copre le vie aeree del piccolo, scatta il laringospasmo che genera ipossia e poi arresto cardiaco».

E in pochi minuti è già troppo tardi.
Chi pensa che bastino ciambelle o braccioli e che un bimbo possa essere mandato in acqua in piscina da solo sbaglia. «Sono giocattoli non presidi di galleggiamento come lo è il giubbino di salvamento. Si possono sfilare e la sorveglianza attiva ci deve essere comunque», aggiunge Castelli.

La prevenzione - ovviamente - può fare tanto per evitare che questi episodi continuino ad aumentare, spezzando vite e distruggendo famiglie.

Alcuni capisaldi della prevenzione

«Intanto basterebbe capire che un bambino può annegare anche in una piscinetta gonfiabile o nella vasca da bagno, per questo deve fare attenzione chi le ha in giardino e comunque stagni, piscine e vasche d’acqua andrebbero recintate - spiega ancora Damasco - Spesso il rischio maggiore è proprio nelle piscine private. Quest’estate stiamo assistendo a una tragedia incredibile che ci lascia sgomenti». Senza colpevolizzare nessuno, la miglior prevenzione quindi è la sorveglianza. Mai distrarsi, mai sottovalutare il pericolo. Questo non significa però non fare avvicinare i bambini all’acqua.

«Tutt’altro - spiega Castelli - L’acqua è un elemento importante, i bambini devono andarci, ma in sicurezza e conoscendone le regole». In America ci sono addirittura corsi che insegnano a bambini piccolissimi a imparare a girarsi a pancia in su e andare in galleggiamento, con tecniche all’avanguardia che evitano proprio il fenomeno. «Siamo ancora lontani in Italia, questi corsi sono costosi e non alla portata di tutti, ma non sono l’unica strada», aggiunge Damasco che insiste molto anche sulla conoscenza del primo soccorso e su quello che lo Stato dovrebbe imporre come regola.

«Chiediamo che in luoghi pubblici siano obbligatori i sistemi di protezione, che venga garantito nelle piscine un numero elevato di assistenti bagnanti e che anche per gli educatori che seguono i bambini ci sia una formazione obbligatoria di primo soccorso pediatrico che li renda capaci di intervenire in caso di bisogno».

Il problema più grosso, poi, è quando la sorveglianza dei genitori non ci può essere perché i bambini sono affidati a centri estivi od oratori ed effettuano la classica gita in piscina o al parco acquatico e non può bastare - ovviamente - la sola presenza degli assistenti bagnanti della struttura. «Per legge ci dovrebbe essere l’obbligo di un rapporto di un educatore per cinque bambini in strutture dove è presente una piscina. E i genitori devono pretendere la sicurezza per i loro figli», ha chiosato Damasco.

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