«Giardino sommerso dal fango»
A un mese dall’esondazione del Tarò i residenti in via Bergamo 21 sollecitano il Comune a intervenire
Uno strato di fango di circa venti centimetri che ricopre l’intera superficie del giardino, trasformandolo in una sorta di palude. «E nonostante le mail e le telefonate in Comune a Meda, ancora nessuno è intervenuto a rimuoverlo. Noi non lo vogliamo fare a spese nostre».
«Giardino sommerso dal fango»
A quasi un mese di distanza dall’esondazione del Tarò del 31 ottobre, permangono i disagi per le due famiglie residenti in via Bergamo 21, in una casa costruita a dieci metri dall’alveo del torrente, come stabilisce la normativa, ma la cui area esterna confina con il muretto di contenimento del corso d’acqua.
«Il nostro giardino è il primo che si allaga in caso di alluvione - ci hanno spiegato venerdì mattina della scorsa settimana Daniela Tosi e il cognato Flavio Santambrogio, sposati rispettivamente con Giovanni Pellegatta e Clelia Pellegatta - L’acqua ha invaso la cantina, sfondando anche una porta, e per poco non ci è entrata in casa».
Non è la prima volta
Non è la prima volta che si trovano a fare i conti con la furia del Tarò:
«Quando era straripato nel 2014 avevamo dovuto cambiare tre auto, completamente fuori uso. Adesso per fortuna siamo riusciti a tirarle fuori dal garage in tempo, ma a distanza di anni la situazione è sempre la stessa e i problemi non sono stati risolti».
Stavolta i danni peggiori hanno riguardato l’area esterna:
«Il cancello elettrico non funzionava più, abbiamo dovuto contattare l’elettricista. Ma il problema più grave riguarda il giardino, completamente ricoperto di palta. Subito dopo l’alluvione, il 31 ottobre e l’1 novembre, abbiamo rimosso una parte di detriti che ostacolavano il passaggio e l’accesso ai box, abbiamo liberato le cantine, ma non siamo riusciti a raccogliere il fango sul prato anche perché era ancora molle».
"E' un residuo dell'emergenza"
Il Comune ha ritirato le macerie messe in strada dalle famiglie, «ma sta temporeggiando sul fango in giardino. Abbiamo chiamato più volte, in un’occasione ci hanno risposto che avrebbero valutato la cosa, in un’altra che non possono intervenire su proprietà privata. Il problema è che il fango è considerato un rifiuto speciale e se dovessimo provvedere noi a rimuoverlo attraverso una ditta specializzata, dato che facendo i conti si tratta di circa 45 metri cubi, spenderemmo come minimo 5mila euro. Non ci sembra corretto, non lo abbiamo prodotto noi, è un residuo dell’emergenza», ci hanno spiegato Tosi e Santambrogio prima di mostrarci, infilando un bastoncino nel terreno, quanto è profondo lo strato di fanghiglia.
«E’ assurdo che in tutti questi anni il Comune non si sia dotato di un Piano di emergenza, nessuno ci ha avvisato dell’imminente esondazione, meno male che un privato, attraverso una webcam, monitora il livello dell’acqua. Noi e tutti coloro che abitano nei pressi del Tarò non possiamo tremare ogni volta che piove abbondantemente», concludono.
Il sindaco "Stiamo cercando di capire come procedere"
«Abbiamo constatato che ci sono sei proprietà sul territorio comunale alle prese con problemi di questo tipo - ha spiegato il sindaco Luca Santambrogio - Quattro in via Luigi Rho, una in via Como e una, appunto, in via Bergamo. Non stiamo trascurando il problema, proprio oggi (venerdì scorso, ndr), gli uffici si sono confrontati con il personale di una ditta specializzata per capire come poter smaltire il fango, fermo restando che non possiamo intervenire nella proprietà privata. Stiamo cercando di capire come procedere».
Proprio nella giornata di lunedì 27, una dipendente dell’Ufficio ecologia del Comune ha effettuato un sopralluogo in via Bergamo con il proprietario di un’azienda privata che si occupa di smaltimento rifiuti.
«Ci hanno promesso che a gennaio recupereranno la terra - spiega Daniela Tosi - Porteranno un cassone che noi dovremo riempire con una ruspa e poi posizionare all’esterno della casa, quindi il Comune provvederà a ritirarlo per lo smaltimento. Data la mole di fango, dovremo ripetere l’operazione almeno tre volte».