Ha visto cimiteri pieni di lapidi di ragazzi, ha sentito i bombardamenti a pochi metri da lei, ha incontrato persone che le hanno detto «grazie di esserci». Volti e momenti che le resteranno dentro a lungo. «La paura è stata tanta ma il pensiero va a tutti gli ucraini che quotidianamente vivono sotto le bombe». La giovane consigliera comunale del Partito Democratico di Monza, Sarah Brizzolara, 30 anni, è stata tra i 110 attivisti italiani che, nella notte tra sabato e domenica, hanno vissuto l’esperienza drammatica di trovarsi sotto i bombardamenti russi mentre viaggiavano in treno da Kyiv verso il confine polacco in una missione di pace.
La missione di pace in Ucraina
«Un viaggio impegnativo, per le distanze e per la tensione e per la drammaticità di quel che abbiamo visto e ascoltato, ma anche importante per capire cosa significhi davvero la guerra, essere in una zona di guerra, e il valore della solidarietà tra le persone», ha raccontato la monzese.
In particolare proprio quando stavano tornando verso il confine polacco per rientrare a Monza domenica un pesante raid russo che ha colpito la parte occidentale dell’Ucraina ha sfiorato anche il convoglio sul quale viaggiano gli attivisti italiani. «Dicono fosse l’attacco più massiccio da quando è iniziato il conflitto», ha raccontato Brizzolara, una volta tornata a casa.
Dopo circa tre ore di viaggio da Kyiv, nell’area di Zhytomyr, sono iniziati i bombardamenti. Non solo. Nella zona di Leopoli, i partecipanti visto anche forti esplosioni non lontane dal treno e hanno sentiti colpi di artiglieria. Il treno è poi ripartito, ma il peso di quanto successo resta. «Stavo dormendo quando gli spari della contraerea mi hanno svegliato, è stato traumatico». In realtà era partita preparata. «Ci hanno fatto scaricare una App che ti localizza e ti manda allarmi sul telefono dicendoti che tipo di attacco sta per arrivare dove ti trovi. Quando eravamo a Kyiv abbiamo sentito più volte la sirena, ma è stato a Kharkiv vicino al confine russo che abbiamo dovuto entrare più di una volta a notte nel bunker sotto l’hotel per il pericolo di attacchi. Anche se vedere gli scoppi dal finestrino è stato il momento più drammatico», ha detto.
Tra bombardamenti e grazie
Brizzolara racconta anche i momenti vissuti durante la missione: «Ho visto alcuni edifici danneggiati dai bombardamenti a Kharkiv. Sono anche intervenuta alla riunione con i sindaci di quest’area. E’ stato tutto molto forte ed emozionante».
Alcuni momenti, poi, hanno colpito al cuore più intensamente. Come quando Brizzolara è stata in uno degli enormi cimiteri di Kharkiv, con tante vittime morte in questo conflitto che erano nate nei primi anni 2000. Giovani della sua stessa età di Sarah, ma con un destino decisamente diverso. «Anche visivamente è stato impattante: immaginate una lunga distesa dall’Esselunga di viale Libertà allo Stadio piena di lapidi, con foto e bandiere. Non solo maschi, ma anche tante ragazze che hanno perso la vita – ha detto Brizzolara – Ho pensato che la guerra ha cancellato una generazione, non solo per chi è morto, ma anche per chi resta, ma con la vita rovinata per sempre».
I momenti più intensi
Brizzolara, nonostante i momenti di paura, non ha dubbi: «Lo rifarei – ha spiegato – L’obiettivo è stato esserci, con il corpo e con il cuore: nutrire la speranza di pace e alimentarla con la nostra presenza e il nostro ascolto. La politica significa anche questo: non limitarsi a guardare da lontano, ma farsi carico della sofferenza e costruire ponti verso un futuro di pace».
Nel bagaglio di quello che resta per la giovane dem ci sono anche i grazie degli ucraini. «Una signora in chiesa mi ha sorriso e si è commossa perché non li avevamo dimenticati. E così anche gli studenti dell’università ci hanno spiegato quanto per loro sia importante tutto questa vicinanza».
Poi, ci sono stati i momenti in cui hanno visitato il sistema degli aiuti al fronte e incontrato gli amministratori locali.
Con un pensiero che è rimbombato in testa alla giovane democratica quando è tornata a Monza: «In questi quattro giorni abbiamo incontrato persone, ascoltato storie di vita e ci siamo confrontati con loro. Lasciandoli ho pensato che ognuno di loro è a rischio, anche solo nelle prossime ore. Abbiamo visto morte e distruzione, ma anche coraggio e speranza».