Il «burattinaio» alla Scala

Davide Mariani, vice capo reparto macchinisti: «Vi racconto il dietro le quinte»

Il «burattinaio» alla Scala

C’era anche lui, domenica 7, alla prima della Scala, e il suo ruolo è stato fondamentale anche se non in primo piano ma dietro le quinte. Letteralmente.
In scena è andata l’opera “Lady Macbeth del distretto di Mcensk” di Dmitrij Šostakovič, nel cinquantesimo anniversario della morte del compositore. Sul podio Riccardo Chailly, alla sua dodicesima inaugurazione scaligera, a dirigere l’Orchestra e il Coro del Teatro. Regista Vasily Barkhatov, scene di Zinovy Margolin, costumi di Olga Shaishmelashvili luci di Alexander Sivaev. Sul palcoscenico il soprano Sara Jakubiak, affiancata da Najmiddin Mavlyanov, Yevgeny Akimov e Alexander Roslavets.

Il «burattinaio» alla Scala

Dietro le quinte, appunto, a “far girare” il tutto, a controllare che tutto procedesse regolarmente, Davide Mariani, vice capo reparto dei macchinisti della Scala. Cinquantaquattro anni, di Lissone, da trent’anni lavora alla Scala:

 «Come vice capi reparto dei macchinisti siamo in quattro -racconta- e lavoriamo tutti su tutti gli spettacoli (opere, concerti, balletti) della stagione, con sopra di noi l’occhio del capo reparto. Per ogni spettacolo, però, uno di noi è preposto in particolare. Per la prima di Sant’Ambrogio di quest’anno il turno è capitato a me, come avviene ogni quattro anni».
I giorni precedenti il debutto del 7 sono di tensione: «C’è la prova generale, poi c’è l’anteprima, che faremo dopodomani (giovedì 4, ndr). Poi si è subito al 7 e tutto deve funzionare alla perfezione. E’ dal 12 novembre che stiamo lavorando a quest’opera sul palcoscenico».

Da bravo lissonese, Mariani ha iniziato a lavorare come legnamee:

«Lo era già mio padre. Io mi ero diplomato all’Ipsia Meroni e un mio ex professore mi disse che era in partenza un corso regionale di formazione per macchinisti, falegnami e attrezzisti per il mondo dello spettacolo. Se vuoi partecipare, mi disse, potresti entrare nel mondo del teatro. Era una sorta di svolta, perché fino ad allora i teatri usavano cercare il personale tecnico tra chi sapesse già di teatro. E anche oggi è così: la Scala ormai ha una sua accademia dove forma i tecnici di cui ha bisogno: attrezzisti, macchinisti, falegnami, fonici, pittori, elettricisti, designer…».

«Frequentai il corso di sei mesi, era il 1995, ma in graduatoria non ero fra i primi. Iniziai a lavorare quindi per qualche mese nel settore della moda, organizzando sfilate. Poi però la Scala mi chiamò e vi entrai con contratto a tempo determinato fino al 1998, per poi passare a tempo indeterminato». Mariani ha visto tutta l’evoluzione recente della Scala: il pre-ristrutturazione, il trasloco agli Arcimboldi, il rientro in sede nel 2002 con la tecnologia. E poi le tournee: Giappone, Australia, Oman, Hong Kong, Europa varia.

Il mestiere

Cosa fa il macchinista?

«Sostanzialmente si occupa del montaggio e dello smontaggio delle scenografie, con cambi di scena dietro le quinte o a scena aperta. Un tempo si lavorava molto con la manualità (cavi, funi argani, carrelli…), oggi la tecnologia aiuta molto e permette molte più rappresentazioni: nel 1994 la Scala ne metteva in scena 150-170 a stagione, oggi siamo a oltre 300. Si pensi che oggi siamo oltre cento macchinisti ed oltre trecento tecnici in totale».

La tecnologia a teatro oggi permette «di gestire meglio gli spazi, di poter usare molte più scenografie senza smontarle del tutto, di gestire meglio i cambi di scena, di ricoverare i materiali di uno spettacolo sotto i ponti e montarvi sopra i materiali di un altro spettacolo. Però la scelta della Scala è quella di non affidarsi in toto alla tecnologia: abbiamo sì i computer, i software, i macchinari più evoluti ma ancora una buona dose di manualità con argani, carrelli e funi. Questo ci permette di intervenire quando succede un errore: se la macchina ti dice no, è no; se hai la possibilità di intervenire manualmente, puoi porre rimedio».

Un lungo processo

Il lavoro durante una rappresentazione è solo l’ultima fase di un lungo processo:

«Prima si lavora molto all’Ansaldo, dove la Scala ha i suoi laboratori in cui si preparano gli spettacoli, dalle scenografie ai costumi e tutto il resto. E’ anche un lavoro di confronto tra le esigenze della regia e di tutte le altre componenti. Si valuta cosa va e cosa non va. Si preparano le scenografie che solo dopo vengono portate sul palco, dove poi si fanno le prove, che peraltro cominciano già all’Ansaldo».

Insomma, un gran lavoro di squadra «ed è il suo bello. Non si finisce mai di imparare. Ricordo uno spettacolo in cui erano previsti cambi di scena a sipario aperto, e il pubblico alla fine applaudì anche noi… Il vice capo reparto è colui che, mentre lo spettacolo va in scena, ha in mano tutta la baracca tecnica: devi dire tu cosa deve accadere, dal punto di vista tecnico, in quel dato momento musicale, ed essere pronto a intervenire in caso di emergenza, gestire il momento di crisi, se serve anche chiudendo e riaprendo il sipario. Un’emozione unica». Da vivere dietro le quinte.