Si sono presentate in Comune a Lissone, in mano un mazzo di orchidee chiare e una lettera per il sindaco Laura Borella.
«Vogliamo esprimere il nostro ringraziamento per la decisione del Consiglio comunale di proibire l’uso del velo integrale islamico negli uffici pubblici. Tale decisione non è soltanto un atto amministrativo o di sicurezza, ma un riconoscimento simbolico del diritto fondamentale delle donne a mostrarsi, ad avere un volto, un’identità e uno spazio nella vita pubblica».
La mozione anti-burqa
Parole particolarmente significative quelle rivolte all’Esecutivo lissonese dalle rappresentati di «Maanà», associazione culturale nata in occasione della rivolta scoppiata in Iran dopo la morte di Mahsa Amini, arrestata dalla Polizia morale per non aver indossato correttamente l’hijab.
La scorsa settimana ha alzato un gran polverone la notizia della mozione della Lega, passata in Aula con i soli voti della maggioranza, mirata a imporre esplicito divieto di veli islamici integrali negli edifici pubblici comunali della città. Quindi il Municipio, la biblioteca e le scuole. Un provvedimento motivato da ragioni di sicurezza per il sindaco Laura Borella (impossibile identificare in modo certo chi ha il viso integralmente coperto dal velo); una battaglia di civiltà contro burqa e niqab per il consigliere comunale e segretario cittadino del Carroccio Matteo Lando. «Non sono simboli di libertà ma di sottomissione, segregazione e abuso», aveva detto.
“Un piccolo passo in un lungo cammino verso l’uguaglianza”
Parole sostanzialmente confermate dalle donne musulmane dell’associazione «Maanà».
«Nascondere il volto dietro tradizioni, pressioni sociali o impostazioni familiari non significa solo oscurare un’immagine, ma negare identità, relazione umana e partecipazione – hanno scritto nella missiva consegnata al primo cittadino – In molte società, la discriminazione diventa parte dell’inconscio femminile fin dall’infanzia, e anche in luoghi liberi possono persistere muri invisibili di paura e controllo». Perché, sottolineano, «la libertà geografica non coincide sempre con quella mentale».
«Per questo un movimento come “Donna, Vita, Libertà”, nato in Iran, assume un valore profondo: non è solo contro il velo obbligatorio, ma contro ideologie arretrate che negano dignità e scelta – si conclude la lettera – Apprezzare decisioni come la vostra significa dare a molte donne l’opportunità, anche solo per un istante, di affermare il proprio volto, la propria individualità e libertà di scelta. E’ un piccolo passo in un lungo cammino verso uguaglianza e vita autenticamente umana».