Crolla l'occupazione femminile

Covid, il conto lo pagano le mamme

La sindacalista della Cgil lancia l’allarme: «Lavoro e figli: tutto ancora sulle spalle delle donne».

Covid, il conto lo pagano le mamme
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«La pandemia? Non è stata altro che la cartina di tornasole di un problema già esistente riguardante l’occupazione femminile. Ma ha esasperato le disuguaglianze di genere, portandole all’estremo. Tanto che i numeri parlano chiaro: chi ha perso terreno in campo lavorativo, sono state le donne, in particolare le mamme che tuttora, a due anni dallo scoppio dell’emergenza sanitaria, si stanno sobbarcando la maggior parte del lavoro domestico e della cura dei figli a scapito della propria professione».
A dirlo è Elena Farina, Segretaria della Fisac Cgil Monza e Brianza che, dati nazionali alla mano, ha sottolineato come il Covid abbia riportato indietro - e non poco - le lancette dell’orologio quanto a diritti delle donne.

Il conto lo pagano le mamme

«Praticamente siamo tornate al Medioevo - ha commentato amareggiata - E lo vedo io stessa coi miei occhi tutti i giorni. La maggior parte delle persone che si rivolge ai nostri sportelli per permessi e congedi parentali sono donne che si trovano a fare i salti mortali per cercare di seguire i figli che, ormai, tra tamponi e quarantene è più il tempo che passano a casa che quello che trascorrono a scuola, e contemporaneamente tentare di tenersi stretto il lavoro».

Un dato su tutti, ha osservato Farina, è emblematico del terreno perduto. «Nel 2021, e dunque l’anno successivo allo scoppio della pandemia, si è parlato di una ripresa dell’occupazione. Ebbene, a livello nazionale sui 271mila occupati in più rispetto al 2020, oltre i due terzi erano uomini. Se è vero che una ripresa economica c’è stata, questa ha sicuramente escluso le donne. Nel dicembre del 2020 su 101mila posti di lavoro persi, ben 99mila riguardavano donne». E non è solo una questione quantitativa, ma anche qualitativa. «Andando ad analizzare la tipologia del cosiddetto posto di lavoro trovato, vediamo che nella maggior parte dei casi la qualità è debole, precaria. I contratti a regime parziale, cioè quelli che producono meno reddito, sono prevalentemente riconducibili alle donne». Il paragone con gli altri paesi europei è impietoso: l’Italia è al 13esimo posto per occupazione femminile, «segno che non riusciamo a innescare comportamenti virtuosi che eliminino il problema».

Donne penalizzate, soprattutto se mamme

Donne penalizzate, dunque, soprattutto se mamme. Perché con la pandemia, «sono diventate a tutti gli effetti caregiver. Sono per la maggior parte le donne che si occupano dell’assistenza, vuoi dei genitori anziani (anche quelli del marito), vuoi dei figli - ha precisato la sindacalista - Il lockdown ha moltiplicato le funzioni di cura e di educazione che in tempi normali sono svolte in larga parte anche dalle istituzioni». Che il carico di responsabilità gravi in larga parte sulle donne è dimostrato dai dati legati alle richieste di permessi e congedi Covid. «Si tratta di strumenti che permettono a uno dei genitori di assentarsi, per esempio a causa delle quarantene. Si può stare a casa mantenendo il posto, ma con lo stipendio al 50 per cento. Di per sé rappresenta un aiuto alle famiglie, ma a farne richiesta, anche in questi casi, sono per la maggior parte le mamme: il 78,96 per cento contro il 21,04 dei padri».

Soprattutto con figli molto piccoli

Una forbice che si allarga ulteriormente nel caso in cui il figlio abbia meno di 4 anni. «In questo caso la differenza è ancora più accentuata: ne fa richiesta l’83,95 per cento delle madri a fronte del 16,15 per cento dei padri. E questa non è che la conferma del perpetrarsi di schemi tradizionali dai quali sembra non ci riesca a discostare». Nel caso in cui siano entrambi i coniugi a lavorare, la prima che rinuncia al lavoro è quasi sempre la donna, «visto che ancora troppo spesso ha uno stipendio inferiore al marito. Già ciò accadeva prima del Covid, adesso la tendenza è stata portata all’estremo. Ma il grande paradosso che abbiamo riscontrato è che anche qualora la donna abbia un impiego più redditizio è più facile che sia lei a rimanere a casa piuttosto che il partner. E questo è un fattore tutto culturale che non risparmia nemmeno la produttiva Brianza».

"Donne e uomini abbiano le stesse opportunità"

Indispensabile, ha concluso Elena Farina, è dunque intervenire con strumenti ad hoc per far sì che «donne e uomini abbiano le stesse opportunità a livello professionale e ciò può essere raggiunto unicamente attraverso una piena condivisione del lavoro di cura. Altrimenti tutti i bei discorsi sulla parità rischiano di rimanere solo tali».

(nella foto Elena Farina, Segretaria della Fisac Cgil Monza e Brianza)

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