Seregno

«Il dirigente aggredito? Esempio fenomenale, un eroe»

Un parterre di qualificati relatori, fra cui l’ex difensore del Milan Filippo Galli, all’evento promosso dalla Scuola genitori sportivi. Nel pubblico anche il 44enne ferito a giugno

«Il dirigente aggredito? Esempio fenomenale, un eroe»
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«Questo signore è un eroe, un esempio fenomenale». Così Aleksandar Avakumovic, presidente della commissione Cultura e sport del Coni Lombardia, ha definito il dirigente sportivo della Polis Seregno aggredito da un genitore nel tentativo di sedare una rissa fra gli spettatori di una partita di calcio under 9, nel giugno scorso sulle tribune dell’oratorio Sant’Ambrogio.

«Il dirigente aggredito? Esempio fenomenale, un eroe»

Il 44enne, che nella circostanza aveva rischiato di morire e ha perso un rene, era fra il pubblico dell’incontro «Genitori e sport», promosso dalla Scuola genitori sportivi per iniziativa di Alessandro Crisafulli, in collaborazione con il Comune di Seregno. Venerdì sera della scorsa settimana gremita la platea della biblioteca per affrontare con un parterre di qualificati relatori un tema quantomai complesso e delicato, nella speranza di «fare squadra per mettere in fuorigioco la violenza», come recitava il sottotitolo dell’iniziativa. Il primo step di un percorso di riflessione, confronto e formazione nel corso dell’anno sportivo affinché non abbiano più a ripetersi le esasperazioni nello sport giovanile, sempre più spesso ossessionato dai risultati a tutti i costi e dal cosiddetto «campionismo».

«La cultura inizia dove inizia il rispetto e quando finisce il rispetto inizia l’abuso», ha commentato Avakumovic ricordando che i genitori devono essere protagonisti e non clienti nell’ambiente sportivo.

Fra gli ospiti più attesi - dopo i saluti del presidente del Coni Lombardia, Marco Riva - l’ex difensore del Milan Filippo Galli, già responsabile del settore giovanile della società rossonera, che ha esordito ricordando una massima dell’allenatore Marcelo Bielsa: «Non si vive celebrando le vittorie, ma superando sconfitte».

"Ci vuole un lavoro culturale che arriva da lontano"

«Nel settore giovanile professionistico c’è grande attesa e aspettativa fra i genitori, perché la carriera del calciatore è un ascensore sociale. Ai tempi del Milan abbiamo provato a formare i genitori, cercando di sensibilizzare a un certo tipo di calcio, ma è impensabile dare un decalogo di comportamento. Ci vuole un lavoro culturale che arriva da lontano e un’alleanza fra società, allenatore e genitori. Ogni società dovrebbe presentare un Pof (Piano dell’offerta formativa, ndr.) in modo che i genitori possano scegliere».

Galli ha ricordato al pubblico, fra cui tanti ragazzi della Polis Seregno, che «la sconfitta ci porta a dare il meglio e a capire dove si sbaglia. Bisogna tornare a pensare alla bellezza corale del gioco: oggi nel calcio ci si deve sempre più appoggiare al compagno, invece lo si vive in maniera individuale».

Talvolta gli episodi di violenza attorno al campo sportivo sono prodotti «dall’affetto dei genitori che accieca e fa vedere le cose diverse da come sono», ha commentato don Samuele Marelli, responsabile della pastorale giovanile e per qualche anno consulente del Csi Milano.
«Non sono genitori cattivi, ma talvolta c’è un modo di voler bene che è malato». Nei confronti del figlio «l’atteggiamento dei genitori deve essere quello di fare un passo indietro e lasciarlo andare, non perché ormai è grande e va da solo, ma perché altri lo possano educare, in questo caso l’allenatore, il dirigente, la società sportiva e i compagni. Il buon genitore è consapevole di non poter sintetizzare e risolvere da solo tutta la cura educativa di cui il figlio ha bisogno. Oggi il segreto dell’educazione è questo: persone diverse in situazioni diverse che dicono la stessa cosa. Il divertimento e l’agonismo sono importanti, ma non bastano se non c’è l’aspetto educativo: noi vogliamo anzitutto creare degli uomini, possibilmente facendoli divertire e magari facendoli diventare campioni».

Gli episodi brutti «capitano ovunque, anche nel Csi, ma la maggior parte è positiva - l’intervento di Alessandro Izar, consigliere del Csi Milano - Le cose belle passano inosservate, ma ci sono», aggiungendo l’importanza dell’apporto dei genitori e del volontariato.

Un fenomeno non circoscritto ai genitori

Il fenomeno della violenza attorno allo sport giovanile «non è circoscritto ai genitori», ha puntualizzato Sergio Pedrazzini, presidente del Comitato regionale della Lega nazionale dilettanti Figc, aggiungendo che «il risultato sportivo è importante, ma non dobbiamo mai dimenticarci la responsabilità sociale» del movimento e per questo è stato istituito un apposito dipartimento nel Comitato della Lombardia, nell’anno scorso seconda regione italiana con il maggior numero di violenze nei confronti degli arbitri, il doppio della stagione precedente. «Come genitori tante volte ci facciamo trascinare, ma l’inclusività dei genitori nel sistema è una soluzione. Se il genitore capisce il problema ci aiuta ad affrontare il fenomeno».

Ai ragazzi il consiglio di non lasciarsi limitare «da niente e nessuno - ha detto Francesco Tomasello, ex calciatore e international coach - Confidatevi con i genitori, gli allenatori e la squadra, parlare fa bene», mentre la pedagogista Silvia Piccione ha ricordato l’importanza dello sport come condivisione e rispetto, nel quale «mi metto in gioco insieme agli altri. La violenza parte da casa, per esempio diamo un messaggio non educativo quando guardiamo una partita in maniera giudicante. Ascoltiamo con tanta pazienza i nostri ragazzi. Ci insegnano molto di più di quello che noi riusciamo a insegnare a loro».

Il «bestiario» di mamme e papà in tribuna fra offese e minacce: «Spaccagli le gambe0

Emergono episodi desolanti e per certi versi inquietanti nelle risposte di 430 mamme e papà che hanno partecipato all’indagine condotta tra i genitori dei giovani atleti delle associazioni sportive seregnesi.
Alessandro Crisafulli, coordinatore della Scuola genitori sportivi e curatore del progetto in collaborazione con il Comune, ha riassunto i comportamenti e le frasi più brutti attorno ai campi da gioco, di cui i genitori sono stati artefici e testimoni.

Dalle «pesanti critiche ai figli, con la minaccia di farli smettere se non migliorano» agli «insulti al figlio che sbaglia o agli avversari, che invece vorrebbero soltanto giocare e divertirsi in un contesto sereno». Ci sono le incitazioni alla violenza («rissa», «spaccagli le gambe» o «fategli il c…», frase pronunciata da una mamma), le invettive («tira fuori i c…») e le offese: «Non hai dato da mangiare a tuo figlio stamattina, è troppo molle e non sta performando».

Fra gli episodi più nefasti citati nei questionari un genitore che incita il figlio a non passare la palla a un compagno perché «è scarso», l’invito agli atleti a non seguire le indicazioni dell’allenatore, gli insulti a sfondo razziale oppure incitare a fare fallo e prendere in giro l’arbitro, spesso un ragazzino come gli atleti in campo.

Troppa attenzione alla prestazione

Mamme e papà, spesso, sembra che puntino tutto sulla prestazione, ma «siamo solo bambini che vogliamo giocare», come ha detto un piccolo in lacrime mentre i genitori bestemmiavano in tribuna. «Non deve giocare se non è bravo» oppure «Tua figlia è malata, non può gareggiare», «Ma cosa lo metti dentro a fare!».

Terribili espressioni che si aggiungono alle aggressioni verbali: «Fate schifo», «Non sei capace, svegliati», oppure «Io un talento del genere non lo faccio rovinare da un allenatore da oratorio», come ha detto un papà in tribuna, mentre un altro si è rivolto così al figlio mentre giocava: «Chiedi il cambio e andiamo a casa, il tuo mister non capisce nulla».

E ancora le «polemiche inutili per qualsiasi cosa», le «minacce all’arbitro mentre la figlia si vergognava e piangeva» fino alle parole d’odio rivolte agli avversari: «Speriamo che si faccia male». Nelle risposte si citano «urla contro i dirigenti e la squadra», «genitori avversari che cercano di condizionare l’arbitro e la squadra in maniera grottesca» e l’arrivo di due pattuglie della Polizia per scortare l’arbitro a fine partita.
In fondo «i genitori non sono capaci di stare sugli spalti facendo solo i genitori» e «caricano sui figli le proprie aspettative».

Emblematica una risposta nell’indagine: «Sincro: questa è una società agonistica, chi non è portata dovrebbe cambiare sport o quantomeno società». La madre ha cambiato sport alla figlia.

Nelle vignette il mondo dei genitori (anti) sportivi

«Parlare è meraviglioso, bisognerebbe farlo di più, ma spesso un messaggio è più comprensibile con la narrativa delle immagini».
Matteo De Monte, 30enne di origini emiliane, ha realizzato la mostra dal titolo «La squadra degli undici genitori (anti)sportivi», allestita in biblioteca civica Pozzoli di Seregno. Undici vignette, proprio come i calciatori in campo, che raccontano il variegato universo dei genitori, «con caratteristiche un po’ stereotipate ma ricorrenti - spiega il disegnatore e illustratore - Dalla mamma ultras, che mette persino in soggezione il figlio nei confronti dell’allenatore, al genitore psicologo che punta sulla mentalità del ragazzo. Ci teniamo molto al messaggio della mostra che, attraverso le vignette, giunge alle famiglie e ai genitori in maniera più diretta, scherzosa e un po’ irriverente. Ma spesso con una risata si capisce di più».

Quella dei ragazzini che praticano lo sport «è una fascia d’età particolare in termini caratteriali e di apprendimento, nella quale devono capire come comportarsi dentro e fuori dal campo. Ritengo molto importante il ruolo dell’allenatore: quando ho giocato io, per tanti anni a calcio e basket, c’erano allenatori più diplomatici e carismatici, con più polso e capaci di insegnare valori che adesso forse non si insegnano più. I genitori devono ascoltarli e sostenere il loro lavoro. A me episodi spiacevoli sono capitati più nel calcio che nel basket, probabilmente per la tradizione del calcio nel nostro Paese. Ricordo un genitore che prometteva un premio al figlio che faceva gol, dimenticando che il calcio è un gioco di squadra nel quale conta l’impegno e la collaborazione di tutti».

La mostra ad ingresso libero si può visitare fino a sabato 11 novembre: da martedì a sabato dalle 9 alle 12 e dalle 14.30 alle 18.30.

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