Il concertista caratese

Il «genio del piano» è il solista dell’anno

Filippo Gorini si afferma, a soli 26 anni, come uno dei più interessanti talenti della sua generazione.

Il «genio del piano» è il solista dell’anno
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Dalla Brianza al mondo intero, grazie a lui il nome di Carate Brianza è arrivato nel firmamento della musica. Filippo Gorini, pianista e concertista, si conferma tra i più interessanti talenti della sua generazione. Ad appena 26 anni può già vantare un lungo elenco di prestigiosi premi internazionali vinti e proprio pochi giorni fa ha conquistato come miglior solista 2022 anche il prestigioso «Premio Abbiati», giunto alla 41esima edizione.

Il «genio del piano» è il solista dell’anno

Incontriamo Filippo per una chiacchierata come tra amici, in uno dei brevi periodi in cui i suoi concerti lo trattengono a casa e questo tempo dedicato al nostro giornale ha il sapore di un regalo...

Innanzitutto complimenti, Filippo! Un altro importantissimo riconoscimento che si aggiunge alla vittoria del concorso Beethoven nel 2015, al Premio «Una vita nella musica» del Teatro la Fenice di Venezia nel 2018 e al primo premio al «Borletti Buitoni Trust Award» nel 2020, solo per citarne alcuni tra i più importanti. E’ insolito che il «Premio Abbiati», noto come il premio della Critica musicale, venga assegnato ad un giovane musicista. Te lo saresti aspettato?

Assolutamente non mi sarei aspettato di vincere. Mi sento grato e onorato per questo riconoscimento bellissimo che si propone lo scopo di premiare un solista che ha lasciato un segno particolare nel panorama della musica classica italiana. E sono ancor più sorpreso se penso che dal 1980 ad oggi questo premio è stato vinto da musicisti già affermati e importantissimi come per esempio Maurizio Pollini, Salvatore Accardo, Arturo Benedetti Michelangeli, e recentemente Martha Argerich nel 2020. Penso che la ragione di questo premio dato oggi a me sia legata al « Progetto Bach» a cui lavoro da più di due anni, un progetto che già mi ha fatto vincere il Borletti-Buitoni e ha riconosciuto nel mio modo di intendere l'essere musicista e concertista un'identità artistica, una figura e un pensiero diversi dal pianista classico tradizionale, se così si può dire...

Seguiamo da anni i tuoi passi, sempre umili nonostante i tuoi successi sempre più grandi. Abbiamo ascoltato con emozione il tuo primo disco «Variazioni Diabelli», di Beethoven, pagine complesse interpretate in modo così straordinario da farti meritare i più grandi consensi della critica musicale e della stampa internazionale, e addirittura il Diapason d'Or. Adesso un tuo nuovo disco, l'«Arte della fuga» di Bach, opera monumentale e incompiuta, un'avventura dello spirito e della mente per l'esecuzione e per l'ascolto. In che cosa consiste dunque il tuo «Progetto Bach», protagonista del tuo lavoro di questi ultimi due anni ?

Il disco recentemente uscito è solo una parte del Progetto Bach-l'Arte della fuga, così come lo sono i miei concerti in cui sto interpretando Bach in giro per il mondo. Volevo trasformare in materia viva un'opera musicale che spesso intimorisce il pubblico, risultando poco comprensibile, mentre è musica straordinaria che alimenta la creatività anche oggi. Ascoltare Bach, suonare la sua musica e farla ascoltare non è un'operazione da museo. Ho perciò scelto e invitato 14 grandi personalità del mondo della creatività artistica internazionale, che amassero Bach, per coinvolgerli in una serie di riflessioni e conversazioni insieme sull'Arte della Fuga, e non solo. Hanno accettato il mio invito architetti, come Frank Gehry, registi teatrali come Peter Sellars, coreografi come Sacha Walz, registi di cinema, come Sokurov, musicisti come Mitsuko Uchida, pianista giapponese tra le più importanti al mondo, 14 come sono 14 i contrappunti dell'Arte della fuga. Ho realizzato con loro una serie di interviste e conversazioni in cui raccontano come Bach e la sua musica siano stati generatori e ispiratori di parte della loro creatività, e dimostrano di non essere chiusi nelle proprie eccellenti competenze ma spalancati su orizzonti diversi e su una molteplicità di interessi e passioni. Proprio come era Bach, e molti altri grandi musicisti. Queste conversazioni stanno diventando dei video che verranno poi trasmessi su canali web, e nel frattempo ho anche avviato incontri con uno dei registi italiani che più stimo e sento vicino a me per sensibilità artistica, grazie al quale vorrei dare a questo progetto anche una risultante cinematografica...

È in questo progetto così articolato, suggestivo e affascinante, che allora tu ritrovi parte delle motivazioni che ti hanno fatto vincere adesso il Premio Abbiati ?

Certamente questo «Progetto Bach» è stato un investimento importante per la mia immagine come solista all'attenzione della critica musicale. Ha permesso, nonostante il tempo fermo a cui ci ha costretto il Covid, di vedere che interpreto il mio lavoro come un contributo profondo al mondo della musica, con la volontà di lasciare un segno preciso, senza accettare di suonare qualunque cosa. L'Arte della fuga, fulcro di questo progetto è una scelta di repertorio molto personale e seria, che vorrei riuscire a diffondere e a rendere godibile e comprensibile a tutti. È per me uno strumento per esprimere come intendo il mio ruolo di pianista e interprete solista nella cultura di oggi. Non mi interessa fare più carriera possibile, guadagnare più soldi, fare più concerti... Per me suonare è sostenere l'interesse per la musica, farne comprendere la meraviglia anche nei dettagli è quasi una missione. Ho un'estrema fiducia nella capacità del pubblico di poter capire e apprezzare anche le opere più complesse, che siano quelle musicali come quelle letterarie, e credo nell'unicità della bellezza e della cultura.

Hai solo 26 anni, e già tanti splendidi risultati ottenuti con una grande disciplina, tanta passione e impegno, sostenuti da un particolare talento. In così poco tempo, da Carate sei arrivato a suonare nelle più famose sale da concerto del mondo e con le orchestre più prestigiose. Il tuo cammino professionale e artistico è in continua accelerazione e sei una presenza internazionale e un nome già molto importanti, a tal punto da essere considerato «uno dei 6 millenials di successo» più interessanti del momento. Dove senti che è la tua casa, oggi? E come vivi la tua giovinezza, che appare così diversa da quella dei ragazzi della tua età?

La mia casa è a Carate, anche se vivo con la valigia sempre pronta e con un aereo o un treno che mi aspettano. Anche se ormai sono a Carate pochi giorni in un mese, e anche se mi sento a casa ovunque nel mondo, perché ovunque ho amici che mi aspettano, questa resta la casa del cuore e delle atmosfere di formazione. È vero che ho una vita e una professione molto diverse da quelle di tanti miei coetanei, ma vivo anche tanti momenti di pura leggerezza e svago come un qualsiasi ventenne e non rimpiango nulla del tempo che ho invece dedicato a costruire seriamente la mia vita. Il legame con gli amici più cari dell'adolescenza e della scuola è vivo e li frequento ancora oggi appena posso; con la mia scuola di allora, il liceo Don Gnocchi, ho mantenuto rapporti di vicinanza e di collaborazione. Proprio mercoledí 18 Maggio, alle 18.15 allo spazio eventi di Theatro, a Verano, suonerò Bach, Schubert, Brahms e Janacek, accompagnato da Stefanie Zyzak, una bravissima violinista statunitense, per l'ultimo degli appuntamenti con la grande musica organizzati dal liceo Don Gnocchi e proposti gratuitamente a tutti gli appassionati. Vi aspetto lì!

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