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Il presidente del Consiglio Regionale Romani, in visita a Netweek

Romani: "E' stato un anno entusiasmante, voglio continuare ad aprire il più possibile il Palazzo ai cittadini"

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Uno sguardo a 360 gradi sui primi 18 mesi alla guida del Consiglio Regionale della Lombardia, è quello che ha dato il Presidente dell’istituzione lombarda Federico Romani, durante la sua visita giovedì 17 ottobre alla sede centrale del Gruppo Netweek, a Merate. Romani, ha riflettuto sulle difficoltà incontrate, sui traguardi raggiunti e sugli obiettivi futuri, raccontando di come ad un anno e mezzo dalla sua elezione, stia cercando di imprimere un cambio di passo al Consiglio, accelerando processi, innovando e ponendo al centro il dialogo con i cittadini e le imprese.

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A un anno e mezzo dall'inizio del suo incarico come Presidente del Consiglio Regionale, qual è il bilancio di questo periodo?

Mi aspettavo più velocità nelle dinamiche della Regione Lombardia. Vengo dal mondo del lavoro brianzolo, un ambiente molto concreto e veloce. Essendo anche relativamente giovane rispetto ai precedenti Presidenti del Consiglio, ho cercato di portare un approccio più rapido e innovativo. La Lombardia è un'eccellenza a livello regionale, ma c'è ancora spazio per migliorare e svecchiare certi meccanismi della politica. La sfida è rendere le istituzioni più efficienti e rispondenti alle esigenze dei cittadini. Come in tutte le amministrazioni pubbliche, ci si scontra spesso con la classica frase: "si è sempre fatto così". Questa è una mentalità che frena l'innovazione. A mio avviso, una regione come la Lombardia deve essere sempre al passo coi tempi, migliorandosi continuamente. Non si tratta di cambiare le persone, ma di valorizzarle, rendendole consapevoli dell'importanza del loro ruolo. Abbiamo molte competenze interne che meritano di essere messe in risalto.

È stato un anno faticoso o soddisfacente dal punto di vista personale?

È stato un anno e ormai “mezzo” entusiasmante. Non passo molto tempo dietro alla scrivania; preferisco essere in movimento, visitare luoghi e parlare con le persone. Una delle iniziative che più mi ha appassionato è “Consiglieri per un giorno”, dove coinvolgiamo gli studenti delle scuole dal primo anno di elementari fino alle superiori comprese, in una simulazione del lavoro del Consiglio Regionale. I ragazzi partecipano attivamente e spesso pongono domande sorprendenti. C’è un grande distacco tra giovani e politica, ma queste esperienze possono ridurre quella distanza, facendo capire loro l’importanza del confronto e del dialogo democratico. Nell’ultimo incontro un ragazzo mi ha chiesto, se fosse difficile mantenere un ruolo di “arbitro” essendo io presidente del Consiglio regionale, ma eletto comunque in un partito. Ed io gli ho fatto i complimenti. Perché non è una banalità per un ragazzo di 18 anni, riuscire a cogliere un aspetto così importante di questa professione. Una delle cose che ho imparato, ricoprendo questo ruolo, è infatti proprio l'importanza di ascoltare le minoranze. Spesso la maggioranza tende a procedere con decisioni unilaterali, ma avere momenti di confronto con chi non è al potere porta a soluzioni più equilibrate e condivise. E infatti sempre più frequentemente in Consiglio le leggi o le risoluzioni proposte vengono votate all’unanimità. Questo è il frutto di un lavoro trasversale, che mira a mettere al centro il bene dei cittadini lombardi, al di là degli schieramenti politici. Nell'idea di essere sempre più vicino ai territori, stiamo anche proseguendo con le sedute itineranti nelle provincie dell’Ufficio di Presidenza. Allo scopo di avvicinarci ancora di più a sindaci, amministratori locali e associazioni. Credo fermamente che la politica debba uscire dal Palazzo e stare tra la gente, capire le loro necessità. Spesso si ha l’idea che i politici siano chiusi nel loro mondo, ma la realtà è che le decisioni migliori vengono prese quando c’è un contatto diretto con chi vive quotidianamente i problemi del territorio.

Ha visitato anche numerose aziende lombarde,
quali sono le sensazioni che ha raccolto dal mondo imprenditoriale?

Il mondo imprenditoriale lombardo è ricco di eccellenze. Ho visitato Sapio, una realtà di livello internazionale che mantiene radici italiane, nonostante sia quotata in Borsa e partecipata da un fondo americano. La loro visione, che include l’investimento in energie pulite come l’idrogeno, dimostra che le nostre imprese non sono solo solide, ma anche all’avanguardia. Certo, ci sono realtà in difficoltà, soprattutto quelle che sono state acquisite da aziende straniere, ma vedo anche una forte volontà di crescita e di adattamento alle sfide globali.

I numeri parlano chiaro: l’occupazione è ai massimi storici. Ovviamente ci sono anche delle criticità, ma la situazione generale è positiva. Il problema più grande resta la dipendenza energetica dall’estero, un tema che stiamo affrontando con l'obiettivo di rendere la Lombardia, e più in generale l’Italia, più autonoma dal punto di vista energetico.

In futuro ho intenzione di continuare con un vero e proprio "tour delle aziende", visitando sempre più realtà produttive del nostro territorio. Inoltre, intendo lavorare con il Consiglio Regionale a leggi che valorizzino i mestieri tradizionali e le eccellenze locali, allo scopo di difendere e promuovere i territori e le loro peculiarità.

Al Congresso di ANCI Lombardia è tornato a parlare di autonomia regionale. A che punto siamo?

L’autonomia deve essere il nostro faro. Sono convinto che una maggiore autonomia, come previsto dalla riforma Calderoli, possa dare alla Lombardia quel quid in più per affrontare le crisi economiche e sociali. È una questione di responsabilità e trasparenza: ogni regione dovrebbe essere in grado di gestire le proprie risorse in modo autonomo, migliorando servizi essenziali come sanità, istruzione e trasporti. Ma sappiamo anche che per finanziare i Lep è necessario che lo Stato reperisca le risorse necessarie. Mi permetto a tal proposito una considerazione personale: Lep poco dettagliati potrebbero lasciare più margini di manovra a chi ha maggiori disponibilità di bilancio come la nostra regione, senza che questo possa in qualche modo minare la coesione e allargare i divari tra le regioni.

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