In dieci anni White Mathilda ha aiutato 1.300 donne
«Accompagniamo le donne a uscire dall’incubo ma la forza di ricominciare dipende da loro».
L’associazione White Mathilda è al fianco delle donne vittime di stalking e violenza. In dieci anni di attività si sono rivolte agli sportelli del sodalizio guidato dalla presidente Luisa Oliva, circa 1.300 donne (e anche qualche uomo), per chiedere aiuto, trovando supporto psicologico e assistenza legale. E’ stretta la collaborazione con Forze dell’Ordine, ospedali e realtà territoriali per garantire una presa in carico globale della donna e della sua sofferenza. Con questo sodalizio fortemente radicato sul territorio brianzolo, il Giornale di Seregno e il Giornale di Desio hanno deciso di avviare una collaborazione raccontando in questo spazio le storie di alcune donne che sono state aiutate dalle psicologhe e delle avvocate dello sportello ad uscire (o che stanno uscendo) dall’incubo della violenza. Ogni 15 giorni, con l’aiuto delle operatrici dell’associazione racconteremo sui settimanali in edicola un caso che ha seguito o che sta seguendo. L’intenzione è proporre non solo percorsi già conclusi ma anche vicende ancora in corso, in modo che attraverso gli aggiornamenti, queste storie possano diventare anche un po’ nostre.
In dieci anni White Mathilda ha aiutato 1.300 donne
White Mathilda opera a Limbiate da 10 anni con lo sportello Antiviolenza in Villa Mella, gestisce il Centro antiviolenza a Desio in via Garibaldi 46, lo sportello decentrato antiviolenza di Seregno in via Oliveti 17. E’ operativa a Monza, nella sede di via Enrico Tazzoli 6, gestita insieme a Telefono Donna in Ats e che racchiude gli sportelli di Lissone e Brugherio. Infine lo sportello antiviolenza di Paderno Dugnano che fa parte della Rete Rhodense ospedale di Rho. White Mathilda fa parte della rete Artemide della Provincia di Monza e Brianza con 55 Comuni che vede quale capofila Monza. Aderisce dalla sua nascita alla rete antiviolenza nazionale istituita dal Ministero attraverso il numero unico 1522 e coopera con altri Centri Antiviolenza in Italia. E’ operativa 24 ore su 24 con il pronto intervento al numero 3664150907. L’impegno dell’associazione si espande su più fronti come le campagne di sensibilizzazione nelle scuole sul tema della violenza di genere, bullismo, cyber-bullismo, omofobia.
Le parole della presidente
«Quando le donne chiedono aiuto è importante che vengano prese per mano e accompagnate passo dopo passo affinché possano difendersi ed uscire dall’incubo che stanno vivendo». Lo ricorda spesso Luisa Oliva, presidente di White Mathilda quando illustra l’operato dell’associazione. Gli sportelli o i centri antiviolenza sono il punto di partenza di un percorso difficile, ma possibile, come testimoniato da tante storie di rinascita. «Uscire dalla violenza si può, noi diamo un supporto ma sono le donne che devono trovare dentro di se la forza e la volontà di ricominciare una nuova vita» è la sua esortazione a tutte le donne che chiedono aiuto allo sportello, affinché ritrovino l’autonomia e lo stimolo a ricominciare a vivere la propria vita da protagoniste.
«Sono tante le donne che vivono relazioni tossiche con uomini che non le meritano, che le disprezzano e le maltrattano. Chiudere una relazione sentimentale non è mai semplice e con alcuni uomini, quelli che non accettano di essere lasciati, può diventare anche pericoloso, laddove la loro predisposizione alla violenza li porti a gesti aggressivi – hanno aggiunto le psicologhe dell’associazione - È importante chiedere aiuto, soprattutto quando si ha paura, perché non è “normale” avere paura del proprio partner».
Le domande più frequenti
Per introdurre questo spazio sul Giornale di Desio e il Giornale di Seregno, White Mathilda ha deciso di evidenziare alcune domande che le donne pongono più frequentemente quando si rivolgono all’associazione, di seguito le risposte della psicologa.
Se chiedo aiuto mi toglieranno i figli?
Il centro antiviolenza fa rete con altre realtà del territorio, i servizi sociali non sono necessariamente un canale che viene attivato ma quando ciò avviene è per il benessere dei minori e della mamma. L’idea è che più figure di riferimento si attivano e maggiore è il sostegno offerto, si mette in moto uno scambio continuo per assicurasi del benessere dei minori. La paura che possano essere allontanati i figli è dettata semplicemente dalla mancanza di conoscenza delle azioni sui minori, anche dal punto di vista legale.
Perché trovo sempre uomini che mi fanno del male?
Quando una donna si rivolge ai nostri sportelli cerchiamo sempre di capire le dinamiche che si innescano quando si ritrovano a subire la violenza del partner. Diciamo sempre loro che già il passo di chiedere aiuto indica la volontà di rompere il meccanismo in cui sono finite. Insieme cerchiamo di capire i comportamenti e le azioni che si sono susseguite nel corso del tempo, compreso il ruolo della donna nei confronti di questi uomini che le hanno “incastrate” in dinamiche che le ha portate, a volte, a “normalizzare” la violenza senza che se ne rendessero conto. Cerchiamo di capire anche se la donna ha sempre vissuto in un clima di violenza, in un contesto più allargato, come potrebbe essere la sua famiglia di origine, crescendo con questo modello.
Ce la farò mai ad uscirne?
Come già detto, solo il gesto di chiedere aiuto indica che ci si rende conto che qualcosa scricchiola. La maggior parte delle donne si convince a compiere questo passo quando le violenze del marito o del compagno si ripercuoto anche i figli. Non si esce da queste dinamiche da un giorno all’altro, serve tempo, bisogna imparare a conoscersi e a riconoscersi, nei propri limiti e nelle proprie possibilità.
Fuggita dal marito violento, ha ritrovato il sorriso dopo un anno
La storia di una donna seguita dallo sportello ricostruita insieme a una psicologa di White Mathilda
Quando il marito ha iniziato ad abusare di alcol e a picchiarla, anche davanti ai loro bambini, ha chiesto aiuto allo sportello di White Mathilda. Grazie al sostegno dell’associazione e una forte determinazione personale, è riuscita a rinascere.
Nadia (nome di fantasia) aveva 40 anni quando ha dovuto prendere la decisione più difficile della sua vita. Insieme ai suoi due figli che frequentavano le scuole elementari ha lasciato la sua casa all’improvviso, al culmine della sopportazione, dopo aver subito l’ennesima violenza.
Originaria dell’Asia meridionale, si era trasferita in Italia molti anni fa insieme al marito, un connazionale. Lei lavorava come addetta alle pulizie, lui con un’attività in proprio, i due figli che crescevano. L’equilibrio famigliare si è repentinamente incrinato quando lui ha iniziato a bere, lo faceva sempre più spesso e quando su ubriacava se la prendeva con la moglie, alzava la voce, a volte la picchiava. Una sera l’ennesima violenza, davanti ai bambini. Per Nadia era troppo, ha chiamato i Carabinieri che insieme a White Mathilda hanno attivato la rete di protezione in una struttura di Brugherio riservata alle donne vittime di violenza e ai loro figli. Nadia e i suoi bambini sono rimasti lì per più di un anno.
Il marito rappresentava per loro un pericolo, quindi dovevano rifugiarsi in un luogo segreto, almeno per un certo periodo. Nadia ha dovuto lasciare il lavoro, benché ben integrata in Italia, la sua famiglia di origine era lontana. I più prossimi erano i parenti del marito che però non l’avrebbero mai aiutata perché spingevano affinché la coppia si riconciliasse. Per questa mamma le prime settimane sono state di isolamento totale dal resto del mondo, a parte le operatrici della struttura e le altre ospiti non comunicava con l’esterno. Per proteggere lei e i suoi figli non poteva riferire a nessuno dove si trovavano. Era comprensibilmente disorientata e fragile: certi giorni voleva continuare il suo percorso, altri invece era tentata dall’idea di dare un’altra opportunità al marito.
Sono momenti in cui le emozioni si aggrovigliano in un vortice di sensi di colpa e paura, può capitare che le donne si rimettano in contatto con l’ex compagno. Nadia però ha resistito e superato il momento difficile, ha iniziato a ricostruire la sua vita. Nei mesi trascorsi nella struttura protetta, la psicologa di White Mathilda le ha fatto visita per continuare la terapia, intanto si consolidava la rete di aiuto intorno alla famiglia: i figli hanno proseguito la scuola ma si teneva monitorato insieme ai servizi sociali che all’ingresso e all’uscita non ci fosse il padre. Superata la fase di rischio, è stato garantito al papà il diritto di poter comunicare con i figli tramite le videochiamate. Per lei non è stato facile, ma alla fine è riuscita ad accettarlo.
La vita comunitaria nella struttura protetta non è semplice, le donne hanno storie complesse alle spalle ma tra loro si instaura un buon supporto reciproco. Nadia non solo ha fatto passi importanti per affrancarsi dall’incubo in cui era stata trascinata, ma è stata un prezioso sostegno per le nuove arrivate nella comunità, un modello di riferimento. Si è affidata alle educatrici della struttura, esprimendo le sue criticità e dimostrandosi collaborativa con i servizi sociali. Dopo più di un anno di percorso, Nadia era pronta per lasciare il rifugio protetto, ha riscoperto le sue risorse, ha trovato lavoro come insegnante (la professione che svolgeva nel suo paese) e grazie anche alla rete di amicizie che era riuscita a crearsi negli anni in Italia, ha ricominciato a vivere, libera dalla violenza, con i suoi figli. L’associazione White Mathilda l’ha aiutata a trovare un alloggio a canone calmierato, ora ha ritrovato il sorriso.