La situazione negli ospedali

Infermieri e medici più sicuri: quattro milioni dalla Regione per vigilantes e telecamere

Installazione di sistemi di videosorveglianza e attivazione di servizi di sicurezza all’interno delle strutture sanitarie: saranno finanziati dal Pirellone.

Infermieri e medici più sicuri: quattro milioni dalla Regione per vigilantes e telecamere
Pubblicato:

Quattro milioni di euro per rendere i Pronto soccorso degli ospedali pubblici lombardi più sicuri. Sono stati stanziati dalla Giunta Fontana con delibera approvata martedì scorso; serviranno per finanziare l’installazione di sistemi di videosorveglianza e l’attivazione di servizi di sicurezza all’interno delle strutture sanitarie.

Infermieri e medici più sicuri: quattro milioni dalla Regione per vigilantes e telecamere

Basterebbe un dato per comprendere la drammaticità della situazione in corsia: ogni anno in Italia si contano 2mila e 500 atti di aggressione ai danni dei lavoratori della sanità e nel 70 per cento dei casi le vittime sono donne. Succede anche in Brianza dove, secondo i dati elaborati dal sindacato medico Anaao-Assomed Lombardia, l’incremento degli atti di violenza è tra i motivi che hanno spinto decine di camici bianchi a lasciare il servizio sanitario regionale: solo negli ultimi 5 anni sono stati 120 in totale i medici che hanno abbandonato, divisi equamente tra l’Asst Vimercate (oggi Asst Brianza) e l’Asst Monza, rispettivamente con 54 e 66 cessazioni. Del resto numerosi studi hanno dimostrato che l’esposizione a eventi aggressivi da parte di pazienti e accompagnatori comporta effetti rilevanti sia per il benessere dei lavoratori (per esempio ansia, depressione, sintomi di stress post-traumatico, riduzioni dell’autostima), sia per la qualità del lavoro (aumento di assenteismo e turnover).
Nel luglio del 2020 la Regione aveva già promulgato una legge in materia - «Sicurezza del personale sanitario e sociosanitari» -, rimasta però ferma al palo secondo la denuncia dei consiglieri regionali dem Carmela Rozza e Fabio Pizzul che lo scorso aprile avevano ipotizzato «un aumento del 41 per cento dei numeri generali di aggressioni fisiche e verbali nei presidi ospedalieri nel 2022».

Telecamere e vigilantes

Martedì della scorsa settimana, il Pirellone ha dato il disco verde al nuovo provvedimento proposto della vicepresidente e assessore al Welfare Letizia Moratti di concerto con l’assessore alla Sicurezza, Immigrazione e Polizia locale Romano La Russa.
Quattro milioni, come detto, le risorse necessarie per porre in essere le attività, già ricompresi nel finanziamento di parte corrente del Fondo Sanitario Regionale per l’esercizio 2022.
Sono diverse le azioni contenute nel documento. A partire «dall’installazione di sistemi di videosorveglianza ad uso interno alla struttura sanitaria con adeguata cartellonistica e con sistemi di allerta rapida delle Forze dell’ordine». Inoltre, è indicata «l’attivazione di un servizio di sicurezza interno che garantisca adeguata presenza nelle aree individuate e considerate a maggior rischio, con una copertura che non potrà essere inferiore alle 12 ore». Si aggiungono la prosecuzione dell’attività di rilevazione e monitoraggio degli atti di violenza nei confronti degli operatori oltre che lo sviluppo e l’adozione di protocolli d’intesa «con gli uffici territoriali del Governo al fine di potenziare la collaborazione con le forze di Polizia».

Attenzione agli utenti

La delibera si concentra inoltre sugli utenti, prevedendo il periodico aggiornamento, nel rispetto della normativa vigente in materia di privacy, degli accompagnatori dei pazienti circa lo stato di avanzamento del percorso di diagnosi e cura dei congiunti e la creazione di ambienti accoglienti nelle sale di attesa. «Ciò anche attraverso la realizzazione di colonne di ricarica per tutte le principali marche di smartphone e tablet» e «l’installazione di schermi televisivi con collegamento ai principali canali nazionali e alla presenza di distributori automatici di bevande e snack».

«Livello di protezione più alto»

«Con questa delibera aumentiamo il livello di protezione degli ambienti in modo che i lavoratori dei pronto soccorso possano operare in modo più sicuro e i pazienti ricevere le cure - ha commentato la vicepresidente della Regione Lombardia - Senza temere, gli uni e gli altri, violenze, aggressioni e comportamenti incivili che pregiudicano la fiducia e la collaborazione tra operatore sanitario e paziente».
«Circa un mese fa la Regione aveva stanziato 1,5 milioni di euro per l’acquisto e l’installazione di telecamere sui mezzi di soccorso sanitario e bodycam agli operatori in servizio - ha ricordato La Russa - È fondamentale consentire agli operatori di lavorare serenamente e migliorare le condizioni dei pazienti e dei parenti»

Si contano oltre 2.000 aggressioni all’anno. Più colpite le donne

Nel quinquennio 2016-2020 sono stati 12 mila i casi di infortunio sul lavoro per il personale sanitario legati a violenze, aggressioni e minacce, con una media di circa 2 mila e 500 l'anno. A rilevarlo è l’Inail, l’Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, che lo scorso marzo, in vista della prima Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari, ha diffuso i dati di un fenomeno sempre più preoccupante.
Il 46 per cento degli infortuni conseguenti ad atti di violenza è concentrato nel settore «assistenza sanitaria» che include ospedali, case di cura, istituti, cliniche e policlinici universitari; il 28 per cento è stato riscontrato nei «servizi di assistenza sociale residenziale» (case di riposo, strutture di assistenza infermieristica, centri di accoglienza), mentre il restante 26 per cento ricade nel comparto «assistenza sociale non residenziale».
I più colpiti sono infermieri ed educatori professionali - normalmente impegnati in servizi educativi e riabilitativi con minori, tossicodipendenti, alcolisti, carcerati, disabili, pazienti psichiatrici e anziani all'interno di strutture sanitarie o socio-educative - con più di un terzo del totale dei casi. La categoria dei medici rappresenta invece il 5 per cento sul totale dei casi ma il dato non include i sanitari generici di base e i liberi professionisti in quanto non inclusi nell’obbligo assicurativo Inail. Riguardo infine al genere, gli infortunati sono per quasi tre quarti donne.
I numeri, sottolinea l’Inail, sono comunque sottostimanti perché spesso le aggressioni «non vengono denunciate o le vittime tendono a soprassedere».

Le aggressioni, negli anni scorsi, a Desio e Monza

Insulti, minacce, ingiurie. Fino ad aggressioni vere e proprie in cui a farne le spese sono, il più delle volte, medici e infermieri che operano al pronto soccorso. Se ne contano diverse anche nel nostro territorio.
Nel luglio del 2018, ad esempio, un 21enne giussanese aveva dato in escandescenza all’interno del Pronto soccorso dell’ospedale di Desio. Bersagli della sua furia erano stati due infermiere e un altro addetto. Il paziente si era presentato in serata per un presunto abuso di sostanze alcoliche; verso l’1 di notte, la decisione di tenerlo monitorato e sedarlo per farlo riposare. Dopo una decina di minuti, però, il ragazzo si era scagliato contro il personale di turno. Inutile anche l’intervento della guardia giurata in servizio. Un’infermiera aveva rimediato un calcio al torace e un colpo alla spalla, l’altra un trauma alla mano mentre il terzo dipendente degli sputi al volto.

Sempre a Desio, a luglio dello scorso anno, un altro paziente aveva perso la calma fino a mandare in frantumi il vetro di protezione della postazione riservata all’operatore del triage, fortunatamente in quel momento non presente. Per riportare la calma c’era stato bisogno dell’intervento dei Carabinieri.

Nel maggio di quattro anni fa, due infermieri del San Gerardo, esasperati dalle troppe aggressioni sia verbali che fisiche subite, si erano affidati all’avvocato Francesco Mongiu e avevano presentato formale querela. La prima era nata a seguito del tentativo di un paziente psichiatrico di tirare un pugno a un medico, andato a vuoto solo grazie all’intervento di un infermiere. Paziente che nei giorni seguenti era tornato al pronto soccorso, prendendosela con un’infermiera. «Brutta tr..a, io ti scanno col mio coltello che ho qui in tasca e faccio fuori anche la tua famiglia», le aveva gridato mentre, afferrandole la mano e ruotandola, le provocava una distorsione al polso.

Il San Gerardo è «sul pezzo»: guardie giurate già in servizio

La gran parte dei contenuti delle due delibere approvate martedì dalla Giunta Fontana non sono una novità per l’ospedale San Gerardo.
Rappresentano semmai una spinta a «standardizzare processi già attivati» e «ad introdurre elementi di miglioramento». Lo spiega Silvano Casazza, direttore generale di Asst Monza, che venerdì mattina della scorsa settimana ci ha accolti nel suo ufficio al terzo piano di Villa Serena. Ad un anno ed un giorno esatti dal suo arrivo alla guida dell’Azienda socio-sanitaria, datato 8 settembre 2021.

Si parte dal «bed manager», il «manager dei letti» che, in estrema sintesi, crea le condizioni per usare al meglio tutti i posti letto disponibili nel nosocomio. Una figura centrale che al San Gerardo è presente dal 2019. In tempo di «pace», quindi, divenuta provvidenziale in quello di «guerra» al Covid-19.
«In un unico professionista sono saldate due diverse aree di intervento», spiega Casazza. Dal governo dei posti letto alle dimissioni protette, queste ultime da definire già entro le 24/48 ore dall’ingresso del paziente in ospedale. Un aiuto fondamentale arriva dal software realizzato «in casa», al quale hanno accesso tutti i reparti nel nome di una corresponsabilità nella gestione. Stesso discorso per il «Nucleo aziendale per la gestione dei ricoveri di area medica» che già si riunisce da mesi e ora sarà formalizzato.
Dottor Casazza, la Regione vuole tagliare i tempi di attesa al Pronto soccorso, mettendo come limite massimo otto ore tra il triage e l’eventuale ricovero. Limite rispettato nei nosocomi lombardi solo in sei casi su dieci. Quali sono le percentuali del San Gerardo?

«Superano il 70 per cento. L’obiettivo resta quello di migliorarle. Tenuto conto del contesto in cui operiamo: il nostro ospedale è hub di riferimento per diverse patologie. Questo comporta un aggravio nell’affluenza al pronto soccorso: a quella diretta si sommano i trasferimenti esterni. Dobbiamo inoltre apportare continui aggiustamenti necessari per la convivenza con il cantiere aperto per la ristrutturazione e l’ammodernamento della struttura. Infine c’è una domanda che cambia e ci impone di essere flessibili: questa estate, ad esempio, abbiamo registrato un iperafflusso in pronto soccorso dovuto alle temperature elevate».
Passiamo alla sicurezza del personale sanitario, altro tema cardine dei provvedimenti del Pirellone: siete pronti su questo fronte?
«Sì, anche se l’obiettivo resta sempre quello di migliorare. Abbiamo guardie giurate in servizio 24 ore praticamente da sempre; a queste si aggiunge il presidio di Polizia interno, in accordo con la Questura. La videosorveglianza è presente, ma va implementata. Le delibera regionale richiede la creazione di ambienti accoglienti per utenti e accompagnatori: nelle sale di attesa disponiamo di distributori automatici di bevande e snack, provvederemo invece ad installare le colonne di ricarica per smartphone e tablet».
Avete segnalazioni di episodi di violenza?
«Principalmente verbale: sei o sette casi nei primi otto mesi dell’anno, sostanzialmente in media con il passato, concentrati principalmente al Pronto soccorso».
Restando sul personale, il Nursind (sindacato del personale infermieristico) ne denuncia la carenza in tutta le regione...
«Nel primo semestre dell’anno abbiamo assunto molto, riuscendo a coprire il turn over di medici ed infermieri. Con 3mila dipendenti è necessaria una programmazione costante che faccia i conti con pensionamenti, dimissioni dovute al desiderio di una posizione migliore e di mutate esigenze famigliari oltre che delle norme del settore pubblico. Il San Gerardo resta una struttura attrattiva, anche perché sede universitaria. In questo anno ho potuto notare il senso di appartenenza alla struttura di chi ci lavora; molti arrivano dal territorio e sono orgogliosi del loro ospedale».

Insoddisfatto il sindacato degli infermieri: «Non si è messo mano ai veri problemi»

Donato Cosi, coordinatore regionale e consigliere nazionale Nursind (il sindacato delle professioni infermieristiche), non è soddisfatto degli interventi approvati dal Pirellone. Partendo dal fatto che vigilantes e telecamere «sono, in gran parte, già presenti in molti Pronto soccorso della Lombardia», denuncia come la Giunta regionale non abbia messo mano «ai veri problemi che vivono medici e infermieri che lavorano nel Pronto soccorso e che spesso sono anche alla base delle lamentele dei pazienti e dei familiari che, in casi particolarmente esasperati, potrebbero sfociare anche in aggressioni fisiche». Era lì che secondo Cosi andava messa mano.
«In Pronto soccorso manca personale; nei reparti mancano posti letto e personale; sul territorio mancano strutture adeguate ad accogliere pazienti dimessi comunque dal Pronto soccorso, ma che a casa non hanno la possibilità di essere seguiti adeguatamente - sottolinea - La coperta è sempre corta e si continua a tirare senza però risolvere il problema alla base».
Negli uffici del sindacato «arrivano segnalazioni di colleghi che nei reparti subiscono le lamentele dei malati e dei loro familiari che, dimessi dal pronto soccorso, vengono ricoverati in ospedale ma attendono anche diverse ore prima di avere un posto letto che dovrebbe già essere assegnato. Una condizione diffusa anche in Brianza». È questo, prosegue il sindacalista, il problema: «Se si allungano i tempi di attesa, si esasperano gli animi. Ma sia in ospedale sia sul territorio non ci sono risposte adeguate. In Lombardia chi viene dimesso dal pronto soccorso ma necessita comunque di assistenza è circondato dal deserto dei tartari».
Cosi guarda invece con favore al finanziamento volto all’assunzione di guardie giurate nelle strutture ospedaliere
«E’ un provvedimento positivo - dice - Ma non basta il loro presidio 12 ore, il Pronto soccorso è aperto 24 ore e per tutto l’arco della giornata è necessaria una reale protezione di chi lavora».

Nuovi limiti: otto ore tra l’arrivo e il ricovero

Ottimizzazione ed efficientamento del flusso dei pazienti in pronto soccorso e riduzione dei tempi in attesa del ricovero. È quanto prevede la seconda delle due delibere dedicate alle strutture ospedaliere lombarde approvate martedì dalla Giunta regionale su proposta dalla vicepresidente e assessore al Welfare.
Nel dettaglio il documento impone agli ospedali di garantire un numero minimo giornaliero di posti letto, anche nel fine settimana e nei giorni festivi, per l’accettazione dei ricoveri dal pronto soccorso. Numero che sarà definito singolarmente per ogni azienda sanitaria. Due le misure previste per ridurre i tempi di attesa: l’identificazione di un «bed manager» e del «Nucleo aziendale per la gestione dei ricoveri di area medica» che definiranno le strategie per la gestione dei pazienti in caso di non immediata disponibilità dei posti letto da parte di una singola unità operativa. E’ previsto inoltre che tra l’arrivo al triage del paziente e il suo eventuale ricovero non dovranno trascorrere più di otto ore, come da indicazioni del Ministero della Salute; un limite che attualmente in Lombardia viene rispettato nel in sei casi su dieci.

Ogni azienda dovrà dotarsi di una «admission room», ossia aree dedicate ai pazienti che terminato il percorso di emergenza-urgenza al pronto soccorso e sono in attesa di essere inviati all’unità operativa .
Dovranno essere definite, in caso di sovraffollamento, le modalità gestionali alternative dei pazienti. Ed ancora, individuati i percorsi per la gestione delle «dimissioni difficili», in particolar modo verso ospedali di Comunità, strutture riabilitative e unità di offerta residenziale della rete territoriale.
Regione Lombardia, infine, istituirà un osservatorio dei ricoveri in area medica. Scopo quello di effettuare una costante attività di controllo del flusso nei pronto soccorso lombardi.

Seguici sui nostri canali
Necrologie